Siamo nell’epoca delle più grandi migrazioni della storia?
Sì, almeno guardando i numeri assoluti: nel 2013 ci sono stati 232 milioni di emigranti nel mondo (e dove sono andate? Seguendo quali rotte?)
Nel 2014 si è parlato molto di immigrazione. 170mila migranti hanno raggiunto l’Italia via mare a bordo di barconi di fortuna, mentre altre decine di migliaia di persone sono arrivate in Europa passando per la Grecia e la Spagna. Le molte crisi e guerre del 2014 – Siria, Libia, Ucraina, Nigeria e Somalia, tra le altre – hanno anche costretto milioni di persone ad abbandonare le loro case e a intraprendere viaggi molto lunghi, a volte di migliaia di chilometri, per trovare sistemazioni più sicure. BBC ha pubblicato un articolo che prova a dare una dimensione al fenomeno attuale dell’immigrazione, comparandolo con il passato e chiedendosi se quella che viviamo oggi non sia l’epoca delle più grandi migrazioni della storia.
I numeri
In senso assoluto, cioè in termini di quantità nuda e cruda di persone che si sono spostate da un paese all’altro, il 2013 – l’ultimo anno per cui ci sono dati completi – è stato quello in cui si è registrato il maggior numero di migranti da quando vengono realizzati conteggi di questo genere e da quando la storiografia ci permette di ricostruire gli spostamenti dei popoli. In tutto il 2013, 232 milioni di persone vivevano in un paese diverso da quello di origine, come se metà degli abitanti dell’Europa avessero abbandonato il loro paese. Nel 2000 erano state 175 milioni, nel 1990 154 milioni. Tutti i dati fanno supporre che la cifra nel 2014 sarà un nuovo record.
Conteggiare l’emigrazione in senso assoluto, però, presenta dei problemi. Mentre il numero dei migranti aumentava, quasi di pari passo cresceva anche la popolazione mondiale. Nel 1990 nel mondo vivevano circa cinque miliardi di persone, venticinque anni dopo sono diventate più di sette miliardi. Secondo l’ONU negli ultimi decenni la percentuale di migranti rispetto alla popolazione mondiale è rimasta più o meno costante ogni anno: circa il 3 per cento della popolazione mondiale ha vissuto per un periodo più lungo di un anno in un paese che non era quello di nascita. Questa percentuale è fluttuata seguendo all’incirca l’andamento dell’economia globale. Tra il 2008 e il 2012, quando l’economia dei paesi sviluppati si è contratta, il numero di migranti si è ridotto in quasi tutto il mondo. Anche in Italia, secondo gli ultimi dati ISTAT che si riferiscono al 2013, il numero di immigrati era diminuito. L’emigrazione è poi tornata a crescere con i primi segnali di ripresa economica e ci si aspetta che nel 2014 i numeri crescano ancora.
Da dove arrivano i migranti?
Il flusso delle migrazioni è abbastanza intuitivo: procede dai paesi poveri a quelli più ricchi, dai paesi in guerra a quelli più stabili. Una delle principali rotte è quella che parte dai paesi del Medio Oriente, dell’Africa subsahariana e che attraverso il Nord Africa porta in Europa. La storia recente ha mostrato che si tratta di una rotta il cui utilizzo cambia molto a seconda delle contingenze storiche. Nel 2010, ad esempio, l’Italia firmò degli accordi per bloccare l’immigrazione con il dittatore libico Muhammar Gheddafi: il flusso dei migranti si ridusse fino quasi ad arrestarsi. La caduta del dittatore e il caos che si è creato dopo, insieme al peggiorare della crisi in Siria, ha fatto sì che le rotte del Mediterraneo tornassero a essere molto usate dai migranti per arrivare in Europa. In particolare oggi la più usata è quella libica, mentre nel periodo successivo all’accordo con Gheddafi le più usate erano quelle che andavano verso Grecia e Spagna.
Il Mediterraneo non è l’unico mare attraversato da decine di migliaia di persone in cerca di una vita migliore. Nell’aprile e nel maggio di quest’anno, migliaia di migranti bengalesi e di rohingya – una minoranza di religione musulmana che vive in Myanmar – sono rimasti intrappolati per settimane a bordo di imbarcazioni di fortuna dopo essere stati respinti da Indonesia, Malesia e Thailandia. Altre migliaia di persone tentano ogni anno di compiere lo stesso viaggio via terra, partendo dal Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo, e dal Myanmar, diretti verso la Thailandia o l’Indonesia. Su questa rotta sono state trovate decine di fosse comuni nelle quali i trafficanti hanno sepolto centinaia e forse migliaia di migranti che non sono sopravvissuti al viaggio o alle violenze dei trafficanti di esseri umani. La rotta più frequentata al mondo, tuttavia, resta quella che attraverso il confine con il Messico porta agli Stati Uniti. È una strada percorsa dagli abitanti del Centro e del Sud America e, soprattutto, dagli stessi messicani.
Dove vanno i migranti
Gli Stati Uniti sono uno dei paesi con la più alta popolazione di immigrati al mondo: circa 46 milioni, cioè quasi un americano su sei. In Italia gli immigrati sono quasi sei milioni, circa l’8 per cento del totale, un numero molto più basso degli altri grandi paesi europei come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Come è ovvio aspettarsi, sono i paesi occidentali e ricchi quelli che ospitano il numero più alto di migranti. Il record assoluto però appartiene a due paesi mediorientali: Emirati Arabi Uniti e Qatar, dove rispettivamente oltre l’80 e il 70 per cento della popolazione sono immigrati: si tratta soprattutto di lavoratori provenienti da altri paesi del Medio Oriente e dall’Asia Meridionale che spesso vivono in condizioni di semi-schiavismo, come hanno dimostrato le indagini sui lavori per i Campionati di calcio del Qatar previsti per il 2022.