La campagna in Cina contro il fumo
Da lunedì a Pechino entrano in vigore nuovi divieti – e sanzioni anche piuttosto originali – per limitare quello che è diventato un grande problema nazionale di salute pubblica
Da domani, primo di giugno, a Pechino non si potrà più fumare in alcun edificio pubblico, locale o mezzo di trasporto. È stato deciso anche l’aumento delle multe per chi fuma vicino agli ospedali e in un raggio di 100 metri dalle scuole, oltre che una serie di punizioni più originali. La decisione delle autorità fa parte di una campagna contro il fumo che il governo cinese ha iniziato diversi mesi fa. La Cina è insieme il più grande produttore e consumatore mondiale di tabacco, con una popolazione di 300 milioni di fumatori: più o meno quanto tutti gli abitanti di Italia, Francia, Spagna, Regno Unito e Germania messi insieme.
Per chi viola le nuove regole è prevista una multa di circa 30 euro, mentre i gestori di locali che non faranno rispettare il divieto rischiano circa 1.500 euro di multa. Alcune punizioni sono piuttosto originali: ad esempio il nuovo regolamento prevede che chi viene sorpreso a non rispettare il divieto per più di tre volte sarà inserito in un sito governativo per un mese. Quella di esporre le persone alla riprovazione pubblica è una punizione usata piuttosto spesso in Cina. Il governo ha anche annunciato l’apertura di una linea telefonica dove sarà possibile compiere denunce anonime nei confronti di persone, locali e società che non rispettano il divieto.
L’apparato punitivo è reso necessario dal fatto che gli attuali regolamenti anti-fumo non vengono quasi mai rispettati (in diverse città del paese è già vietato fumare nei luoghi pubblici e nei locali). Spesso sono gli stessi gestori dei locali che, temendo di perdere clienti, chiudono un occhio sulle violazioni della legge. Secondo un sondaggio condotto dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua, soltanto il 17 per cento degli intervistati crede che il divieto funzionerà davvero. I problemi della nuova legge, sempre secondo gli intervistati, sono le multe troppo basse, la complicità dei gestori dei locali e gli scarsi controlli delle autorità. Il 64 per cento ha detto che non ha mai ricevuto e di non conoscere nessuno che ha mai ricevuto richieste di smettere di fumare mentre si trovava in un luogo dove era vietato farlo. Sembra che questa volta il governo cinese intenda fare le cose in maniera più determinata del solito, almeno secondo alcuni attivisti anti-tabacco intervistati dal Guardian.
Di recente sono stati vietati tutti gli spot dei prodotti legati al tabacco e messaggi contro il fumo sono comparsi in tutta Pechino su cartelloni rosso brillante del tipo che vengono comunemente associati agli slogan ufficiali di partito. Il governo ha alzato le tasse sulla produzione del tabacco, una mossa che dovrebbe portare all’aumento del prezzo delle sigarette (che attualmente costano dai 2 ai 7 euro). Per la Cina, quello del fumo è oramai un problema di salute pubblica: si calcola che più di un milione di persone muoiano ogni anno di malattie legate al tabacco.