I finti tutorial che spiegano come abortire, in Cile
Un'organizzazione per i diritti delle donne ha pubblicato dei video che stanno facendo molto discutere, in un paese in cui l'interruzione di gravidanza è completamente vietata
In Cile l’aborto è completamente vietato, in qualsiasi caso. L’organizzazione non governativa “Miles” che combatte per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, ha pubblicato una serie di video con dei finti tutorial per spiegare alle donne come interrompere una gravidanza. I video fanno parte della campagna #LEYabortoTERAPEUTICO per sostenere la proposta di legge della presidente Michelle Bachelet per consentire l’interruzione di gravidanza almeno in alcuni casi: quando è a rischio la salute della donna, quando la gravidanza è la conseguenza di uno stupro o in caso di malformazioni del feto.
Ce n’è uno che dice per esempio: «Salite le scale come fate di solito. Arrivate in cima. Non vi girate a guardare, perché potreste pentirvi. Chiudete gli occhi, fate un respiro e lasciatevi cadere all’indietro». A quel punto lo schermo diventa nero: «Quando si raggiunge il fondo tutto andrà bene». In un altro ancora una donna spiega che basta danneggiare con un coltello i tacchi delle proprie scarpe, indossarle, uscire per una passeggiata e quando si arriva vicino a un idrante, concentrare il peso del corpo sulla scarpa in modo che il tacco si rompa: «E cadi sull’idrante, colpendolo forte con la pancia». In un altro si spiega: «Quando siete a un incrocio, state attente al semaforo giallo: le macchine aumentano la loro velocità per non fermarsi quando scatta il rosso. Quando la luce passa dal verde al giallo, buttatevi».
I video vogliono mostrare il paradosso di un paese – a larghissima maggioranza cattolica – in cui l’aborto è vietato ma viene comunque praticato in modo illegale o, come ha detto qualche mese fa la ministra della Salute Helia Molina, che poi si è dovuta dimettere, nelle cliniche in cui «le persone ricche non hanno bisogno delle leggi per far abortire le figlie perché possono pagare». Si stima che in Cile vengano eseguiti 120 mila aborti clandestini ogni anno: la maggior parte dei quali con il misoprostolo, farmaco che viene acquistato sul mercato nero. Quelli che possono permettersi di viaggiare vanno ad abortire nella vicina Argentina o oltre. La campagna chiede insomma per le donne il diritto a un aborto sicuro.
Il Cile è uno dei paesi più conservatori dell’America Latina in tema di diritti civili: il divorzio è stato riconosciuto solo nel 2004 e all’inizio di quest’anno il congresso ha votato a favore delle unioni civili per le coppie omosessuali. Di recente è partito a Santiago anche un programma pilota per l’uso della marijuana a scopi terapeutici. In materia di aborto, però, non c’è stato alcun progresso. Il Cile è infatti uno dei quattro paesi del Sudamerica che proibisce l’aborto in qualsiasi caso; ce ne sono poi altri in cui la legislazione è talmente restrittiva che di fatto si può parlare di divieto.
Il Cile aveva legalizzato l’aborto per motivi medici nel 1931, 18 anni prima che venisse permesso alle donne di votare. Ma durante la dittatura del generale Augusto Pinochet l’interruzione di gravidanza è stata vietata in tutte le circostanze. Attualmente le donne “colpevoli” di aver abortito possono essere punite con il carcere fino a cinque anni. Il progetto di legge della presidente Bachelet sulla legalizzazione dell’aborto in alcuni casi dovrebbe essere discusso nei prossimi mesi al congresso, ma il percorso sarà molto complicato soprattutto a causa delle posizioni della Chiesa cattolica, che ha nel paese un grande potere di influenza. Il 71 per cento dei cileni e delle cilene, secondo un sondaggio pubblicato nel 2014, ha invece detto di essere favorevole all’aborto in caso di stupro, di rischio per il feto o per la salute della donna. La ricerca è stata condotta dal Centro de Estudios Públicos in base alle risposte di 1.442 persone raccolte tra luglio e agosto e ha un margine di errore di tre punti percentuali.