In Iran stanno processando un giornalista del Washington Post
Il Washington Post dice che è accusato di spionaggio per la sua attività giornalistica, le udienze si tengono a porte chiuse
di Carol Morello – Washington Post
Secondo l’agenzia di stampa nazionale iraniana è iniziato oggi il processo a Jason Rezaian, un giornalista del Washington Post accusato di spionaggio, e l’udienza si terrà a porte chiuse. L’agenzia ha aggiunto che anche gli altri due sospettati dello stesso capo di accusa si sono dovuti presentare in tribunale al suo fianco: si tratta della moglie e di una collega fotoreporter di cui non è mai stata rivelata l’identità.
Rezaian è il principale inviato a Teheran del Washington Post, è nato e cresciuto in California e ha la doppia cittadinanza. Questo processo è l’apice di una storia iniziata 10 mesi fa, il 22 luglio, quando Rezaian è stato arrestato; sua moglie Yeganeh Salehi, di nazionalità iraniana, è stata arrestata insieme a lui ma è stata rilasciata su cauzione qualche giorno più tardi.
Durante le negoziazioni tra Iran e Stati Uniti per il nucleare, il Dipartimento di Stato ha più volte citato il caso di Rezaian e di altri due americani condannati in Iran: l’ex marine Amir Hekmati e il pastore Saeed Abedini. Il caso di Rezaian ha fatto il giro del mondo – suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica – soprattutto grazie alle organizzazioni giornalistiche che si stanno battendo per lui.
«L’Iran deve porre fine a questa ingiustizia subito», ha detto Sherif Mansour, coordinatore del Comitato protezione giornalisti. «Dopo una detenzione ingiustificata di 300 giorni, il minimo che l’Iran possa fare è rilasciare Rezaian su cauzione e garantirgli l’accesso al suo paese e a un iter legale corretto».
È difficile capire su che elementi si basi l’accusa nei confronti di Rezaian, perché i documenti che lo riguardano sono secretati. Conosciamo solo quello che è stato detto dai media iraniani e dal fratello di Rezaian, Ali. Il suo caso è stato affidato a un giudice famoso per aver emesso sentenze di condanna molto dure, inclusa una condanna a morte ai manifestanti antigovernativi. La famiglia di Rezaian ha dovuto faticare molto prima di riuscire a trovare un avvocato che fosse disposto a seguire il caso e al tempo stesso che venisse accettato dalla corte. Gli è stato permesso di incontrarlo per discutere il caso solo una volta, e l’incontro è durato circa 90 minuti. L’avvocato ha detto ai media che su Rezain pendono quattro capi di accusa gravi – principalmente legati alla sua attività giornalistica – tra cui anche quello di spionaggio.
Martin Baron, il direttore del Washington Post, ha definito il trattamento di Rezaian da parte delle autorità giudiziarie iraniane «vergognoso» e «illegale». Baron ha inoltre raccontato di aver provato a ottenere il visto per mandare uno dei suoi giornalisti in Iran durante il processo, ma nessuno gli ha mai risposto. Rezaian è stato detenuto nella prigione di Evin, nota per essere il posto in cui vengono detenuti e interrogati i prigionieri politici o i giornalisti. I primi mesi li ha trascorsi in isolamento e ha dovuto affrontare diversi problemi di salute, finché non gli è stata finalmente concessa una visita medica. «Non sono stati in grado di produrre prove a sostegno delle loro assurde accuse», ha detto Baron lunedì, e ha aggiunto: «la data del processo era stata comunicata solo all’avvocato la settimana scorsa, e ora si scopre che, come prevedibile, sarà un processo a porte chiuse».
La madre di Rezaian, Mary Rezaian, è stata a Teheran per due settimane, nella speranza di poter assistere al processo del figlio. Il Dipartimento di Stato e il Comitato per la protezione dei giornalisti hanno lottato per cercare di rendere pubblico il processo ma non sono riusciti a ottenere risultati. Il portavoce ufficiale del tribunale iraniano ha detto ai giornalisti che solo il giudice può decidere se rendere o meno pubblico un processo.
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