Tutti i conti del Gruppo Espresso
Il sito "DataMediaHub" ha messo insieme un po' di numeri sulla società editrice di Repubblica: i ricavi sono scesi parecchio negli ultimi anni
DataMediaHub, un sito italiano che si occupa di giornalismo e media, ha pubblicato un’analisi dei conti del gruppo editoriale Espresso, la società editrice che tra le altre cose controlla il quotidiano Repubblica, il settimanale l’Espresso e Radio Deejay. L’analisi prende in considerazione diversi aspetti dell’andamento e della gestione del gruppo: dai ricavi degli ultimi anni al numero dei dipendenti e dei giornalisti, all’importanza e al peso del digitale sui bilanci della società. Dall’analisi dei dati (dal 1997 ad oggi) emerge una parabola discendente: a partire dal 2006 i ricavi del gruppo hanno iniziato a scendere fino al 2014, anno in cui è stato raggiunto il livello più basso. La causa principale della flessione dei ricavi è la crisi degli investimenti pubblicitari che, rappresentando più del 60 per cento del ricavato del gruppo, ha portato a una serie di tagli del personale. L’analisi, ben fatta e ricca di infografiche piuttosto chiare, è la seconda di una serie che DataMediaHub pubblicherà sullo stato dei grandi editori giornalistici italiani. La prima riguardava RCS.
Se per Rcs abbiamo scritto che il “colpevole” principale della flessione dei ricavi è il declino dei diffusionali per il gruppo Espresso invece è la crisi degli investimenti pubblicitari [che rappresentano per il gruppo circa il 60% dei ricavi totali] a incidere maggiormente sulla diminuzione dei fatturati. Se infatti analiziamo le ultime tre annualità il differenziale tra 2012 e 2014 registrato dai ricavi pubblicitari è pari a –107 milioni contro il –169 milioni segnato dal fatturato totale. Fatta 100 la flessione ricavi del gruppo quindi la crisi della pubblicità incide per il 65% mentre i diffusionali incidono – nel medesimo periodo – solo per il 17%. Poco cambia se si analizzano le ultime cinque annualità con una responsabilità sulla flessione del fatturato pari al 67% per la pubblicità e del 14% per i diffusionali. C’è da dire che anche la flessione dei “ricavi diversi”, che comprendono i collaterali [in netto declino dal 2010 al 2014 sono dimezzati: da 66 a 33 milioni] pesa per un 18% sia considerando le ultime cinque annualità sia considerando le ultime tre. Probabilemte in questa voce dovrebbero essere inserite con più decisione, ma questo vale per tutti i gruppi italiani, attività come quelle di content marketing e servizi ad aziende e sponsor come stanno facendo, con profitto, molte altre grandi testate straniere come New York Times e Guardian con l’attivazione di dipartimenti appositamente dedicati.
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