L’ISIS avanza in Iraq e in Siria
Ha preso il controllo degli edifici governativi dell'importante città irachena di Ramadi e potrebbe presto entrare nel sito archeologico siriano di Palmira, Patrimonio dell'umanità
Lo Stato Islamico (o ISIS) ha preso il controllo della principale sede del governo locale a Ramadi, la capitale della provincia occidentale irachena di Anbar, e ha issato la sua bandiera nera sull’edificio prima di dare fuoco al complesso. Si tratta di un successo militare notevole, anche se diversi analisti sostengono che sia troppo presto per parlare di una vittoria completa dell’ISIS a Ramadi. Il New York Times ha scritto che «rappresenta un significativo cambiamento negli equilibri della battaglia per il controllo di Ramadi, che va avanti da circa un anno e mezzo». Ramadi è considerata di grande importanza strategica sia dall’ISIS che dal governo iracheno: sia perché lì si trovano tutti gli edifici di governo più importanti della provincia di Anbar, che è l’area dell’Iraq che l’ISIS controlla di più; sia per la sua posizione geografica, visto che si trova sulle sponde del fiume Eufrate e sulla strada da Baghdad alla Siria orientale, altro territorio controllato in gran parte dall’ISIS.
Da giovedì, inoltre, i miliziani dell’ISIS si trovano a meno di due chilometri dalla città di Palmira, nella Siria centrale, sulla strada che porta dalla città orientale di Deir ez-Zur verso due grandi centri urbani del paese, Damasco e Homs. Palmira è molto nota per essere uno dei siti archeologici più belli al mondo e nel 1980 è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Da giorni c’era grande preoccupazione sulle sorti di Palmira, espressa anche dal direttore generale dell’UNESCO Irina Bokova: già in passato l’ISIS ha distrutto e saccheggiato alcuni importanti siti archeologici iracheni, diffondendo poi dei video per mostrare i risultati delle violenze. Era successo per esempio a Nimrud, la città che fu capitale dell’Impero assiro, e ad Hatra, città fondata dalla dinastia seleucide nel Terzo secolo a.C.. Nel febbraio di quest’anno l’ISIS ha anche diffuso un video che mostra la distruzione di alcuni reperti archeologici a Mosul, la più importante città irachena sotto il controllo dello Stato Islamico.
L’antica città di Palmira risale al Primo secolo a.C. e si è sviluppata come risultato dell’incontro tra le culture greca, romana, persiana e islamica. Oggi è un complesso di colonne, tombe e templi: dal 1980 è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, che la descrive sul suo sito come “uno dei più importanti centri culturali del mondo antico”. L’economia della città che è stata costruita nei pressi del sito archeologico si basa molto sul turismo, anche se dal 2011 le cose sono cambiate. Con l’inizio della guerra in Siria il flusso dei visitatori al sito di Palmira si è praticamente bloccato, creando diverse difficoltà all’economia locale.
In passato, scrive il New York Times, l’ISIS ha mostrato di avere un approccio a metà tra l’ideologico e il pragmatico riguardo i reperti e i siti archeologici dei territori che controlla: ha distrutto per esempio moschee e tombe che considerava forme di idolatria, ma allo stesso tempo ha venduto molti reperti storici per assicurarsi delle entrate rilevanti nelle casse del Califfato islamico. La questione del finanziamento dello Stato Islamico è un tema di cui si sono occupati in passato diversi analisti: l’ISIS è considerato il gruppo terroristico più ricco di sempre, anche se – a differenza per esempio di al Qaida – non sembra abbia mai ricevuto finanziamenti o appoggi esterni dagli stati della regione mediorientale, o altri. Tra le sue forme di finanziamento sono state citate la vendita di petrolio, il pagamento dei riscatti, alcune forme a metà tra tassazione ed estorsione e la vendita di reperti archeologici.
Di recente l’ISIS ha subìto alcune sconfitte militari rilevanti – tra le più citate ci sono Kobane, la città curda in Siria al confine con la Turchia, e Tikrit, città a nord di Baghdad riconquistata dall’esercito iracheno grazie soprattutto al coinvolgimento di milizie sciite sostenute dall’Iran. Diversi analisti hanno anche parlato di difficoltà sempre maggiori ad amministrare l’ampio territorio del Califfato, e di qualche scontro in atto nelle ultime settimane per stabilire il successore di Abu Bakr al Baghdadi, leader dell’ISIS che diverse fonti dicono che sia rimasto gravemente ferito alla spina dorsale in un bombardamento statunitense (alla fine di marzo il settimanale britannico Economist aveva dedicato una sua copertina all’ISIS sostenendo – forse un po’ avventatamente – che il gruppo stava perdendo). Nel complesso, tuttavia, l’ISIS non sembra avere subìto delle sconfitte così decisive da far parlare di crisi vera e propria e allo stesso tempo sembra ancora in grado di ottenere delle importanti vittorie, come quella di Ramadi.