La vita cambiata di Zerocalcare
«Cosa dovrei fare? Ai miei amici, alle persone che conosco da anni e che mi chiedono un disegno per un concerto dovrei dire: "parla con il mio agente"?»
In un’intervista al quotidiano Repubblica per promuovere una storia che sarà pubblicata sul giornale domenica, il disegnatore e fumettista Zerocalcare ha parlato di molte cose tra le quali le contraddizioni della sua recente straordinaria fama e successo editoriale.
Come è cambiata la tua vita dopo questo successo incredibile?
“Solo da pochissimo tempo ho fatto pace con me stesso e ho capito che fare fumetti può essere il mio lavoro: ho smesso di dare ripetizioni agli studenti, ho smesso di cercare altri lavori e l’ho riconosciuta come la mia fonte di reddito. Questo mi ha dato una maggiore serenità”.
In che senso?
“Vivevo un eterno senso di colpa perché non riuscivo ad ammettere che una passione potesse essere considerata un lavoro. E vivevo e continuo a vivere con senso di colpa il non poter riuscire a star dietro a tutte le richieste che vengono dalle persone a cui mi sento affine, dai miei amici più veri”.
Tu continui a fare manifesti e locandine per i centri sociali e lo fai gratis, giusto?
“Io all’inizio facevo solo queste cose e fare fumetti per altri committenti mi sembrava un’estensione di quell’attività. Invece adesso ho realizzato che è proprio un lavoro”.
Però continui a gestirti da solo, come fai?
“Cosa dovrei fare? Ai miei amici, alle persone che conosco da anni e che mi chiedono un disegno per un concerto dovrei dire: “parla con il mio agente”? Certo, il non riuscire a fare fronte alle richieste mi sta mandando al manicomio: ma se non riesco a trovare una chiave per smarcarmi piuttosto smonto tutto”.