Il “mistrial” nei processi americani e il caso Etan Patz
Il dubbio di un solo giurato contro undici è bastato ad annullare il processo contro l'uomo che aveva confessato di aver ucciso un bambino, in un caso celebre e terribile
Venerdì 8 maggio un giudice di New York ha dichiarato “mistrial”, cioè ha annullato, il processo contro Pedro Hernandez, 54 anni, accusato dell’omicidio di Etan Patz, un bambino di 6 anni scomparso il 25 maggio del 1979, trentasei anni fa, mentre andava a scuola. Il giudice ha annullato il processo perché dopo dieci settimane la giuria non è riuscita a raggiungere un verdetto unanime: uno degli undici giurati si è infatti rifiutato di votare per la colpevolezza di Hernandez. L’accusa ha già chiesto l’inizio di un secondo processo.
Il caso Etan Patz è probabilmente il più celebre di rapimento di bambini della storia recente degli Stati Uniti e molti giornali lo indicano come un caso che ha cambiato la gestione dei rapimenti di minori da parte delle forze di polizia, ma anche la percezione della sicurezza dei propri figli da parte delle famiglie americane (il bambino scomparve il primo giorno che la madre gli aveva consentito di andare a scuola da solo). Patz fu una delle prime persone scomparse ad avere la sua fotografia stampata sui cartoni del latte, quella che oggi è divenuta una prassi frequente in occasioni di sparizioni. Il giorno del suo rapimento è diventato il “Giorno nazionale del bambini scomparsi”, proclamato per la prima volta nel 1983 dal presidente Ronald Reagan.
Hernandez venne arrestato solo nel maggio del 2012, dopo aver confessato l’omicidio al suo gruppo di preghiera. Dopo sei ore di interrogatorio confessò l’omicidio a tre detective della polizia di New York, dicendo di aver strangolato il bambino nel retro del negozio dove lavorava e dove Patz era entrato a comprare una bibita. Ma il corpo non venne mai trovato, nè niente che confermasse la versione, e il video della sua confessione è l’unica prova dell’omicidio. La difesa sostiene che Hernandez non sia in grado di intendere e di volere – una mente “debole e disturbata” – e che la confessione gli sia stata estorta dalla polizia. Hernandez non è mai stato chiamato a deporre. Nel corso del processo sono stati ascoltati più di cinquanta testimoni, tra cui persone a cui Hernandez aveva raccontato di aver ucciso un bambino e diversi medici che hanno testimoniato come Hernandez soffra effettivamente di problemi mentali.
Il filmato della confessione e le testimonianze dei conoscenti non sono state sufficienti a convincere Adam C. Sirois, l’unico degli undici giurati, che si è rifiutato di votare per la colpevolezza di Hernandez. Il giudice ha dichiarato il “mistrial” dopo che per la terza volta i giurati gli hanno comunicato di non essere riusciti a raggiungere un verdetto unanime in diciotto giorni di riunione. «Alla fine non ho trovato prove sufficienti che non fossero circostanziali: non ho potuto», ha spiegato Sirois: «resta un ragionevole dubbio». Sirois ha raccontato alla stampa che sul suo giudizio ha pesato la salute mentale di Hernandez e l’ipotesi da parte della difesa su un altro possibile responsabile della sparizione di Patz. Il “mistrial”, che letteralmente significa “processo sbagliato”, è un istituto del diritto americano che può essere utilizzato da un giudice quando un processo viene compromesso da un qualche tipo di errore o, come nel caso di Hernandez, quando la giuria non riesce a raggiungere un verdetto unanime.
Negli Stati Uniti, i processi nei quali l’accusato rischia più di sei mesi di carcere devono essere svolti con la presenza di una giura. Nei processi penali la giuria deve esprimersi all’unanimità. Quando un processo viene annullato in questo modo l’accusa può scegliere di iniziarne un nuovo. Nel caso di Hernandez, ha scritto il New York Times, quella di fare un altro processo è una scelta potenzialmente rischiosa per l’accusa, visto che non ci sono nuove prove e quelle prodotte fino ad ora già una volta non sono riuscite a convincere la giuria. Sempre il New York Times racconta che la scelta del giurato Sirois è stata trattata con molto rispetto dagli altri giurati, e la discussione nei diciotto giorni si è tenuta in un clima di grande collaborazione e complicità. Nelle successive votazioni, prima di comunicare al giudice che la discussione era bloccata, i giurati si erano dapprima divisi a metà, poi avevano votato 9 contro 3 per la colpevolezza, e ancora 10 contro 2, prima che cambiasse idea anche il penultimo di loro.