«Ma è già finito tutto?»
Il giorno dopo a Londra, tra quelli che non pensavano di vincere così tanto e quelli che speravano di non perdere così presto
di Arianna Cavallo – @ariannacavallo
«I’m not happy», mi dice un volontario del Labour non appena mi presento come giornalista. Non siamo lontani da Westminster e sono appena usciti i primi exit poll che danno Cameron in largo vantaggio, più di quanto chiunque si sarebbe aspettato. Mi guarda sorridendo e scuotendo la testa, come se si trattasse di uno scherzo, mentre un altro volontario lo trascina via rassicurandolo e rassicurandosi: «Sono solo exit poll, hanno sbagliato altre volte». Finisce che andiamo nella stessa direzione e facciamo un po’ di strada insieme: il primo è sempre più avvilito e incredulo, con la coccarda rossa del partito che gli penzola triste dalla giacca. Che è successo? «Le persone hanno paura», dice il secondo volontario accendendosi una sigaretta. «Per colpa di Cameron?», gli chiedo, dato che il primo ministro ha passato gli ultimi mesi a dipingere Miliband come una pericolosa minaccia. «No. È che la gente non si fida più dei laburisti, dopo Tony Blair».
La sede del Labour è chiusa alla stampa e nessuno, tra volontari e responsabili dell’organizzazione, ha voglia di fare commenti: d’altra parte il grosso dei dirigenti politici si trova in giro per il paese, nei collegi in cui ha cercato la rielezione e sta seguendo lo spoglio, e soltanto a notte inoltrata ritorneranno a Londra. Il bar vicino è completamente riservato al partito e da lì sale qualche gruppetto di funzionari dall’aria decisa, stanca o spaesata, con sacchetti di cibo e bicchieroni di carta. Qualcuno chiacchiera ma praticamente non c’è nessun altro a parte loro, nei paraggi; e se ti avvicini ti guardano con aria diffidente e un po’ scontrosa. Quelli che parlano con i giornalisti dicono che non credono che l’exit poll sia verosimile e che a loro risultano dati diversi. L’atmosfera è completamente diversa davanti alla sede dei Conservatori. Ci sono fotografi e troupe televisive, gente che chiacchiera: persino gli uomini del servizio d’ordine gongolano un po’ quando spediscono via i giornalisti che cercano di intrufolarsi.
In generale, però, c’è un’aria da seratona mancata. I giornalisti hanno sbaraccato presto dal parchetto di Abingdon Street con i maxischermi allestito a centro stampa. Lo scrutinio dei primi seggi ha confermato l’affidabilità degli exit poll: niente hung parliament, niente giornate di incertezza sul futuro del paese, niente lotta tra Cameron e Miliband per la residenza di Downing Street. La mattina dopo è davvero tutto finito: tanto che nel giro di un’ora si dimette Nick Clegg da capo dei Liberaldemocratici, poi Nigel Farage da capo dell’UKIP – che non è riuscito nemmeno a farsi eleggere nel suo collegio – e poi Ed Miliband da capo del partito laburista. Rispetto al giorno del voto, in metropolitana e nei bar non si sente molto parlare di elezioni e risultati: business as usual.
Attorno a Westminster l’atmosfera cambia un po’, così anche il panorama: telecamere, giornalisti, furgoni delle tv con le grosse antenne. Molte strade sono transennate, in particolare Whitehall, che sarà percorsa in auto da David Cameron per arrivare a Downing Street, andare a Buckingham Palace per incontrare la Regina e poi tornare di nuovo a Downing Street. Fuori lo aspettano gruppetti di ammiratori e manifestanti. C’è un vecchietto vestito da giullare che agita un cartello con scritto “i politici sono cattivi, lo dice la Bibbia” o qualcosa del genere; c’è un gruppo di ragazzi vestiti di giallo che chiede un dodging bill, una legge che impedisca alle multinazionali di Internet di pagare le tasse all’estero: una causa per cui è raro vedere gente addirittura scendere in piazza.
Ci sono naturalmente anche molti sostenitori di Cameron, con le facce contente, le coccarde azzurre e i cellulari in mano, per scattare una foto all’arrivo della carovana del primo ministro o per farsi un selfie. Nell’attesa prendono in giro Ed Miliband e soprattutto Nick Clegg, con l’aria di chi si è tolto un peso ma ieri non ci avrebbe scherzato su volentieri. Una coppia di turisti si avvicina e chiede cosa sta succedendo; gli spiegano che ci sono state le elezioni. «Ah, ma è già finito tutto?» «Sì, direi proprio di sì», risponde un ragazzo vicino a me. È lì con un amico, mi raccontano che studiano a Edimburgo e si dicono assolutamente certi che la paura dell’SNP – gli indipendentisti scozzesi – abbia spinto molti inglesi a votare Cameron. Inizia a suonare una specie di banda, quattro motociclette della polizia escono da Downing Street, tutti prendono in mano i cellulari. Arriva la macchina di Cameron, molti applaudono, «Lo hai visto in faccia?», «Hai fatto una foto?»; poi l’auto si infila nella stradina e sparisce dietro poliziotti e telecamere.
foto: la reazione dei clienti di un pub a Londra dopo l’annuncio dei primi exit poll. (JACK TAYLOR/AFP/Getty Images)