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  • Venerdì 8 maggio 2015

«Ma è già finito tutto?»

Il giorno dopo a Londra, tra quelli che non pensavano di vincere così tanto e quelli che speravano di non perdere così presto

di Arianna Cavallo – @ariannacavallo

People react as a result is announced at a screening at a pub in North London on May 8, 2015. Prime Minister David Cameron's Conservatives are on course to be the biggest party in the next British parliament, according to an exit poll from the general election on Thursday showing them winning far more seats than had been expected. The projected result of 316 seats would beat centre-left Labour on 239 seats, upsetting analyst predictions of a neck-and-neck contest between Cameron and Labour challenger Ed Miliband. AFP PHOTO / JACK TAYLOR (Photo credit should read JACK TAYLOR/AFP/Getty Images)
People react as a result is announced at a screening at a pub in North London on May 8, 2015. Prime Minister David Cameron's Conservatives are on course to be the biggest party in the next British parliament, according to an exit poll from the general election on Thursday showing them winning far more seats than had been expected. The projected result of 316 seats would beat centre-left Labour on 239 seats, upsetting analyst predictions of a neck-and-neck contest between Cameron and Labour challenger Ed Miliband. AFP PHOTO / JACK TAYLOR (Photo credit should read JACK TAYLOR/AFP/Getty Images)

«I’m not happy», mi dice un volontario del Labour non appena mi presento come giornalista. Non siamo lontani da Westminster e sono appena usciti i primi exit poll che danno Cameron in largo vantaggio, più di quanto chiunque si sarebbe aspettato. Mi guarda sorridendo e scuotendo la testa, come se si trattasse di uno scherzo, mentre un altro volontario lo trascina via rassicurandolo e rassicurandosi: «Sono solo exit poll, hanno sbagliato altre volte». Finisce che andiamo nella stessa direzione e facciamo un po’ di strada insieme: il primo è sempre più avvilito e incredulo, con la coccarda rossa del partito che gli penzola triste dalla giacca. Che è successo? «Le persone hanno paura», dice il secondo volontario accendendosi una sigaretta. «Per colpa di Cameron?», gli chiedo, dato che il primo ministro ha passato gli ultimi mesi a dipingere Miliband come una pericolosa minaccia. «No. È che la gente non si fida più dei laburisti, dopo Tony Blair».

La sede del Labour è chiusa alla stampa e nessuno, tra volontari e responsabili dell’organizzazione, ha voglia di fare commenti: d’altra parte il grosso dei dirigenti politici si trova in giro per il paese, nei collegi in cui ha cercato la rielezione e sta seguendo lo spoglio, e soltanto a notte inoltrata ritorneranno a Londra. Il bar vicino è completamente riservato al partito e da lì sale qualche gruppetto di funzionari dall’aria decisa, stanca o spaesata, con sacchetti di cibo e bicchieroni di carta. Qualcuno chiacchiera ma praticamente non c’è nessun altro a parte loro, nei paraggi; e se ti avvicini ti guardano con aria diffidente e un po’ scontrosa. Quelli che parlano con i giornalisti dicono che non credono che l’exit poll sia verosimile e che a loro risultano dati diversi. L’atmosfera è completamente diversa davanti alla sede dei Conservatori. Ci sono fotografi e troupe televisive, gente che chiacchiera: persino gli uomini del servizio d’ordine gongolano un po’ quando spediscono via i giornalisti che cercano di intrufolarsi.

In generale, però, c’è un’aria da seratona mancata. I giornalisti hanno sbaraccato presto dal parchetto di Abingdon Street con i maxischermi allestito a centro stampa. Lo scrutinio dei primi seggi ha confermato l’affidabilità degli exit poll: niente hung parliament, niente giornate di incertezza sul futuro del paese, niente lotta tra Cameron e Miliband per la residenza di Downing Street. La mattina dopo è davvero tutto finito: tanto che nel giro di un’ora si dimette Nick Clegg da capo dei Liberaldemocratici, poi Nigel Farage da capo dell’UKIP – che non è riuscito nemmeno a farsi eleggere nel suo collegio – e poi Ed Miliband da capo del partito laburista. Rispetto al giorno del voto, in metropolitana e nei bar non si sente molto parlare di elezioni e risultati: business as usual.

Attorno a Westminster l’atmosfera cambia un po’, così anche il panorama: telecamere, giornalisti, furgoni delle tv con le grosse antenne. Molte strade sono transennate, in particolare Whitehall, che sarà percorsa in auto da David Cameron per arrivare a Downing Street, andare a Buckingham Palace per incontrare la Regina e poi tornare di nuovo a Downing Street. Fuori lo aspettano gruppetti di ammiratori e manifestanti. C’è un vecchietto vestito da giullare che agita un cartello con scritto “i politici sono cattivi, lo dice la Bibbia” o qualcosa del genere; c’è un gruppo di ragazzi vestiti di giallo che chiede un dodging bill, una legge che impedisca alle multinazionali di Internet di pagare le tasse all’estero: una causa per cui è raro vedere gente addirittura scendere in piazza.

Ci sono naturalmente anche molti sostenitori di Cameron, con le facce contente, le coccarde azzurre e i cellulari in mano, per scattare una foto all’arrivo della carovana del primo ministro o per farsi un selfie. Nell’attesa prendono in giro Ed Miliband e soprattutto Nick Clegg, con l’aria di chi si è tolto un peso ma ieri non ci avrebbe scherzato su volentieri. Una coppia di turisti si avvicina e chiede cosa sta succedendo; gli spiegano che ci sono state le elezioni. «Ah, ma è già finito tutto?» «Sì, direi proprio di sì», risponde un ragazzo vicino a me. È lì con un amico, mi raccontano che studiano a Edimburgo e si dicono assolutamente certi che la paura dell’SNP – gli indipendentisti scozzesi – abbia spinto molti inglesi a votare Cameron. Inizia a suonare una specie di banda, quattro motociclette della polizia escono da Downing Street, tutti prendono in mano i cellulari. Arriva la macchina di Cameron, molti applaudono, «Lo hai visto in faccia?», «Hai fatto una foto?»; poi l’auto si infila nella stradina e sparisce dietro poliziotti e telecamere.

foto: la reazione dei clienti di un pub a Londra dopo l’annuncio dei primi exit poll. (JACK TAYLOR/AFP/Getty Images)