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  • Domenica 3 maggio 2015

Il nuovo “The Onion”

Il più famoso sito satirico al mondo si è rinnovato molto e ha sviluppato un suo modello di business che sembra funzionare bene: ma con molti rischi, scrive l'Atlantic

Un «illimitato numero di click» e la «totale assenza di placche tettoniche» sono alcune delle novità introdotte nel sito internet di The Onion, rinnovato venerdì scorso. The Onion è il più famoso sito satirico al mondo, che nel tempo è diventato evidenziatore di molte depravazioni dell’informazione contemporanea, a cominciare dalle notizie false. Chris Heller ha raccontato sull’Atlantic i molti cambiamenti che sono stati fatti a The Onion in questi anni: e di come gli stessi cambiamenti spieghino moltissimo della strada che ha preso e che prenderà in futuro l’informazione online, quella vera.

Che cos’è The Onion
The Onion è una rivista satirica fondata nel 1988 da Tim Keck e Christopher Johnson, due studenti della University of Wisconsin-Madison, in Wisconsin, Stati Uniti. Dal 1996 è anche un sito internet, mentre nel 2013 sono cessate le pubblicazioni della versione cartacea. The Onion è famosa per le sue storie inventate e per i suoi titoli buffi che spesso fanno la parodia ai media mainstream. In questi giorni, ad esempio, uno degli articoli più letti parla delle proteste a Baltimora, iniziate dopo l’uccisione di un ragazzo nero da parte della polizia. Il titolo dice: «La polizia raccomanda agli abitanti di Baltimora di rimanere in casa mentre il progresso sociale seguirà il suo corso naturale nell’arco del prossimo secolo», riferendosi a un tempo ipotetico necessario per superare il problema delle discriminazioni razziali.

Cosa è cambiato
The Onion non veniva aggiornato da anni e aveva smesso di somigliare ai siti che voleva prendere in giro. Con l’ultimo rinnovamento, The Onion è diventato apparentemente uguale a un sito di news mainstream, con titoli più grandi e molti più spazi bianchi: ha un design responsive adatto a desktop, tablet e cellulari e il nuovo formato si adatta molto meglio ai tipi di contenuti che il sito pubblica da qualche anno, tra cui gallerie fotografiche e video. Fino al 2013, quando esisteva la versione cartacea, The Onion lavorava ancora con i vecchi ritmi del giornalismo prima di internet, producendo articoli piuttosto lunghi e parodie elaborate.

Quello che rende The Onion un caso molto interessante, scrive Heller, è che negli ultimi anni con la crisi del giornalismo il sito ha dovuto affrontare gli stessi problemi dei grandi media: la necessità di produrre più contenuti, più in fretta e con meno personale. Nel 2011 la redazione di The Onion è stata sostanzialmente dimezzata e ha cominciato a produrre contenuti molto più brevi: articoli di un paio di paragrafi, molte gallerie fotografiche e video. Il cambiamento si è manifestato soprattutto con l’apertura nel 2014 di ClickHole, un sito che fa parte di The Onion e che è una parodia di BuzzFeed, famoso per produrre contenuti dal dubbio valore giornalistico ma che hanno un grandissimo successo sui social network. L’idea iniziale di ClickHole era quella di inventarsi storie che potevano avere successo sui social media: ha funzionato così bene che gli articoli di ClickHole hanno cominciato ad avere una estesa diffusione online. Secondo The Onion Inc., la società proprietaria di The Onion e ClickHole, i due siti ottengono circa 30 milioni di visitatori unici al mese.

Come si fanno i soldi
Con numeri del genere è possibile guadagnare anche su internet, dove in genere i ricavi pubblicitari sono molto bassi. Heller scrive che The Onion ha messo in piedi un sistema piuttosto originale, basato su The Onion Labs, un’agenzia pubblicitaria interna a The Onion Inc fondata nel 2012. Per The Onion Labs lavorano circa una decina di persone che a seconda del compito da svolgere vengono affiancati dai giornalisti di The Onion.

Il sistema funziona così: gli sponsor scelgono un tema e danno un indirizzo generale su come vogliono che sia portata avanti la campagna pubblicitaria. Con l’aiuto della redazione, The Onion Labs produce un contenuto nello stile delle parodie di The Onion che viene “brandizzato” con il marchio dello sponsor. I contenuti prodotti possono essere molto semplici, come un articolo accompagnato da una scritta che segnala la sponsorizzazione e qualche banner della società. Ma possono essere anche cose più complesse. The Onion Labs ha realizzato video, illustrazioni, articoli, interi siti internet, finte serie televisive e spot satirici. Sul canale YouTube di The Onion Labs si possono trovare decine di questi video sponsorizzati.

Non si tratta di un modello di pubblicità nuovo: in Italia una cosa simile l’ha fatta il sito Ultimo Uomo, con due articoli sponsorizzati da Adidas. È diversa però la scala con cui The Onion ha applicato questo nuovo modello. Anche se The Onion Inc non diffonde pubblicamente i suoi bilanci, sembra che l’operazione stia funzionando molto bene. I dirigenti della società dicono che i profitti sono in crescita da cinque anni e che l’81 per cento dei guadagni deriva dal lavoro di The Onion Labs. Heller scrive che ottenere più di due terzi delle proprie entrate tramite i contenuti sponsorizzati è probabilmente un caso unico nel mondo dell’informazione digitale.

I problemi
Il problema principale dell’inserire contenuti sponsorizzati nel giornalismo è identificare il confine tra la pubblicità e l’informazione. In altre parole, individuare quando un articolo sponsorizzato diventa una vera e propria pubblicità e quando invece rimane entro i confini qualitativi del giornalismo. Si tratta di un problema, spiega Heller, che si vede chiaramente in The Onion, un sito dove fino a poco tempo si faceva la parodia proprio dei contenuti sponsorizzati. Come molti giornali online, gli autori di The Onion sono stati costretti ad aumentare il ritmo delle pubblicazioni e a essere meno severi sulla qualità dei loro prodotti. Non tutti gli articoli sponsorizzati sono davvero divertenti e nemmeno tutti i video che il sito ha prodotto.

The Onion esagera e amplifica i difetti della stampa non solo direttamente, parodiando i suoi articoli, ma anche attraverso le sue scelte di business. Per il momento, scrive Heller, il modello che ha adottato piace molto agli sponsor, ma non è assicurato che continuerà a piacere ai suoi lettori. Heller si domanda: «Un articolo intitolato “Gatti di mezza età non riescono a competere su internet con gli adorabili gattini” farà comunque ridere anche se sapete che è stato sponsorizzato da una società che produce lettiere? Non lo so. Forse sì se i gattini vi piacciono davvero molto».