La Corte Suprema e i matrimoni gay
Sono cominciate le udienze per una decisione che potrebbe essere storica, e sono osservatissimi i due giudici che faranno la differenza, da una parte o dall'altra
di Ludovico Manzoni
Martedì 28 aprile la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha cominciato le audizioni su alcuni casi provenienti da quattro stati in cui il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato vietato con leggi apposite: Tennessee, Kentucky, Michigan e Ohio. La decisione della Corte Suprema, prevista per fine giugno, potrebbe decidere che simili divieti sono incostituzionali imponendo quindi a tutti gli stati di concedere le licenze di matrimonio alle coppie omosessuali, in base al quattordicesimo emendamento della costituzione, che garantisce la parità dei cittadini davanti alla legge: e quindi di fatto legalizzare i matrimoni gay dappertutto in una volta sola. Finora, infatti, il matrimonio tra persone dello stesso sesso è riconosciuto “solo” a livello federale e in autonomia dai singoli stati: e gli stati possono rifiutarsi anche di riconoscere giuridicamente un matrimonio tra omosessuali contratto altrove.
A oggi, 36 stati americani (più il District of Columbia, la circoscrizione della capitale Washington) permettono a una coppia gay di sposarsi. Il sostegno pubblico ai matrimoni gay, negli Stati Uniti, è in costante crescita, e ha raggiunto il suo massimo storico con una grande accelerazione negli ultimi anni, superando il 59 per cento: fino al 2013 erano permessi solo in 13 stati. L’amministrazione Obama ha già espresso il suo sostegno in varie occasioni, e ha ufficialmente dichiarato di augurarsi che la corte decida in favore dei matrimoni gay: lo stesso ha fatto Hillary Clinton, la candidata democratica alla presidenza degli Stati Uniti oggi considerata favorita.
La Corte Suprema è composta da nove giudici: quattro (Kagan, Ginsburg, Breyer e Sotomayor) di orientamento progressista hanno già espresso il loro sostegno ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Specularmente, altri tre (Alito, Scalia e Thomas) sono di tendenza fortemente conservatrice e voteranno sicuramente contro. Il voto decisivo dovrebbe essere quello di Anthony Kennedy, generalmente conservatore, ma che spesso si è disposto con la parte progressista della corte soprattutto nei casi riguardanti i diritti civili. Ma un altro voto ancora illeggibile è quello del Presidente della Corte Suprema (Chief Justice) John G. Roberts, anche lui conservatore, ma che secondo molti potrebbe votare a favore dell’abolizione dei divieti soprattutto per non consegnarsi alla storia dalla parte contraria rispetto a una decisione epocale.
Le ipotesi in ballo sono essenzialmente tre. La Corte Suprema potrebbe dichiarare che i divieti nei confronti dei matrimoni tra persone dello stesso sesso emessi dagli stati siano incostituzionali, e quindi decidere di fatto per una equiparazione fra matrimonio omosessuale ed eterosessuale. Oppure potrebbe prendere la decisione opposta: e quindi riconoscere che ciascuno stato possa scegliere in autonomia di non celebrare matrimoni gay e riconoscere un matrimonio contratto in un altro stato: in questo caso, anche alcuni stati in cui il divieto era stato annullato da un tribunale, potrebbero avere spazio per reintrodurlo. E non è chiaro cosa succederebbe ai matrimoni celebrati nel frattempo. Infine, la Corte potrebbe lasciare agli stati la possibilità di scegliere se emettere o meno licenze matrimoniali, ma obbligarli a riconoscere quelle emesse in altri stati. Anche questa sarebbe considerata una vittoria dagli attivisti LGBT: una coppia potrebbe sposarsi in uno stato che permette il matrimonio e ottenere in uno stato che lo vieta tutti i diritti sia federali sia statali di una coppia sposata.
I giornalisti hanno assistito alla prima udienza prestando grande attenzione alle domande e alle considerazioni dei giudici, in particolare di Kennedy e Roberts: soprattutto per capire in che modo argomentassero e quali aspetti trattassero sapendo che non spetta loro decidere se il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia “giusto” o no, ma solo se sia in qualche modo implicato dalla Costituzione. Il giudice Kennedy, considerato indeciso, ha mandato segnali “contraddittori”, alternando passaggi molto cauti e scettici – ha detto, a un certo punto: «Stiamo parlando di una definizione di matrimonio adottata letteralmente da millenni. È complicato per un qualsiasi tribunale dire: ah, sì, ma noi ne sappiamo di più» – con altri più insistenti riguardo all’estensione dei diritti civili.
Il giudice Scalia, conservatore, ha chiesto retoricamente: «Conoscete un’altra società al mondo, prima dei Paesi Bassi nel 2001, che abbia dato giuridicamente il permesso di sposarsi alle coppie gay?». Gli è stato risposto di no e Scalia ha proseguito suggerendo che introdurre giuridicamente i matrimoni tra persone dello stesso sesso sarebbe quindi una scelta «radicale» che cambierebbe l’istituto del matrimonio, invece che allargarlo, e per giunta sulla base di un consenso sociale molto recente. Scalia ha concluso che secondo lui, peraltro, questa decisione dovrebbe spettare ai parlamenti locali e non ai tribunali e alle corti. I giudici favorevoli hanno risposto a Scalia che l’argomento “nessuno-lo-ha-fatto-prima” si sarebbe potuto applicare anche alla liberazione dei neri durante la segregazione razziale.
Il giudice Alito, conservatore anche lui, ha chiesto se la Corte debba allora legalizzare i matrimoni tra quattro adulti. «Mettiamo che siano tutti e quattro consenzienti e ben istruiti. Anzi, mettiamo che siano quattro avvocati», ha aggiunto ridendo. I giudici favorevoli hanno risposto che l’istituto del matrimonio ha sempre riguardato solo due persone e il loro impegno reciproco. Donald B. Verrilli Jr., avvocato dello stato che rappresenta la posizione dell’amministrazione Obama, ha detto: «Le persone gay e lesbiche sono uguali alle altre: meritano pari protezione dalla legge e la meritano adesso». I giudici progressisti hanno risposto ad altre due obiezioni dei giudici conservatori: Sonia Sotomayor ha chiesto retoricamente «in che modo impedire alle coppie gay di sposarsi aumenta il valore del matrimonio per gli eterosessuali», mentre Ruth Ginsburg ha chiesto «perché permetteremmo ai settantenni di sposarsi, se il matrimonio fosse davvero legato alla riproduzione?».
Le valutazioni più seguite sono state quelle di Roberts, che ha introdotto una lettura – che ha già avuto molti precedenti nei dibattiti processuali sul tema – per cui la discriminazione non riguarderebbe le persone con orientamenti sessuali diversi, ma direttamente quelle di sesso diverso: “Non sono sicuro sia necessario addentrarsi negli orientamenti sessuali per affrontare questo caso. Voglio dire, se Sue ama Joe e anche Tom ama Joe, Sue può sposarlo e Tom no. E la differenza è basata sul fatto che sono di sesso differente. Non è quindi una questione di semplice discriminazione sessuale?”. Secondo alcuni osservatori a questo approccio Roberts potrebbe essere interessato per votare eventualmente l’abolizione dei divieti sulla base di una questione di diritti che non lo costringe ad affrontare direttamente i temi dell’omosessualità.
(Shelly Bailes, 74 anni, e sua moglie Ellen Pontac, 73, di Davis, California, di fronte alla Corte Suprema a Washington durante la prima udienza di martedì. AP Photo/Cliff Owen)