Obama ha un problema coi droni
L'uccisione dei due ostaggi di al Qaida in Pakistan pone di nuovo la questione dei "signature strikes" con gli aerei senza pilota
Giovedì 23 aprile l’amministrazione di Barack Obama ha annunciato che due ostaggi prigionieri del gruppo islamista al Qaida – l’italiano Giovanni Lo Porto e lo statunitense Warren Weinstein – erano stati uccisi “per errore” da un drone statunitense in Pakistan lo scorso 15 gennaio. Un incidente del genere non era mai successo prima, o almeno l’amministrazione americana non ne aveva mai dato conto. Ma già da diversi anni l’uso estensivo di attacchi coi droni (aerei a guida remota, senza piloti) adottato da Obama per combattere al Qaida e i suoi affiliati è molto criticato. Il punto è che in alcune zone del mondo, tra cui il Pakistan, la Casa Bianca permette alla CIA di compiere attacchi coi droni senza necessariamente conoscere l’identità degli obiettivi da colpire, ma solo sulla base di “comportamenti sospetti” e ripetuti indicati dalla CIA (li chiamano “signature strikes”). Gli Stati Uniti compiono questi attacchi al di fuori del mandato delle Nazioni Unite e con la collaborazione dei governi locali. L’attacco del 15 gennaio, scrive il New York Times, è stato uno di questi.
Cos’è il programma americano dei droni in Pakistan
Il complesso dove erano tenuti in ostaggio Weinstein e Lo Porto si trova nella valle Shawal, nel Waziristan del Nord, una regione montagnosa del Pakistan al confine con l’Afghanistan nota per ospitare molti membri di al Qaida. Gli attacchi coi droni compiuti dagli americani sui qaidisti sono cominciati nel giugno del 2004 e si sono concentrati proprio nel Waziristan del Nord. I droni sono controllati dalla CIA: partono da una base nell’Afganistan orientale – con l’autorizzazione e sotto il controllo del governo afghano – e volano sopra quelli che si ritengono essere i complessi in cui si rifugiano i qaidisti. Raccolgono informazioni anche per diverse settimane, e vengono guidati verso un attacco dopo assicurazioni ritenute sufficienti che non siano presenti civili nell’area. Nell’attacco del 15 gennaio, ha detto l’amministrazione americana, la CIA aveva raccolto informazioni per sostenere che il complesso nella valle Shawal appartenesse ad al Qaida: i dati raccolti durante settimane di sorveglianza, inoltre, non avevano mostrato segni della presenza di ostaggi. Gli americani hanno scoperto di avere ucciso i due ostaggi solo quando hanno visto dalle immagini riprese ancora da droni che c’erano due corpi in più oltre ai quattro obiettivi individuati inizialmente.
I cittadini statunitensi uccisi coi droni
Il Guardian ha spiegato che è molto inusuale che la Casa Bianca diffonda dettagli riguardo un’operazione segreta di questo tipo. Nonostante il comunicato del governo, e poi la conferenza stampa di Obama, ci sono diverse cose che ancora non si sanno dell’attacco in cui sono rimasti uccisi i due ostaggi. Per esempio non è chiaro dove esattamente sia avvenuto l’attacco né sono state date informazioni su quanti uomini di al al Qaida o altri civili siano rimasti uccisi nell’azione, oltre quelli immediatamente attorno al complesso.
In due diversi attacchi coi droni compiuti a gennaio sono rimasti uccisi anche altri due cittadini statunitensi – Ahmed Farouq e Adam Gadahn, – entrambi considerati membri di al Qaida. La CIA, ha detto il governo americano, non era a conoscenza della loro presenza prima di compiere gli attacchi. La loro uccisione, scrive il Washington Post, è da considerarsi illegale secondo la legge americana anche nel contesto di un’operazione di guerra di questo genere: per uccidere dei cittadini americani all’estero – anche se sono considerati terroristi – il governo ha infatti bisogno di un’autorizzazione del dipartimento della Giustizia.
Le critiche per gli “effetti collaterali”
I signature strikes sono stati molto criticati in passato anche a causa dei cosiddetti “effetti collaterali”, ovvero dell’uccisione “per errore” di civili pakistani: secondo il governo americano, in Pakistan sono stati uccisi negli ultimi dieci anni un centinaio di civili, mentre altre stime fatte soprattutto da organizzazioni non governative e per la difesa dei diritti umani indicano numeri molto più alti, che superano anche il migliaio. In un discorso del 2013, Obama aveva detto che la CIA non avrebbe più compiuto questo tipo di attacchi a partire dal 2014, cioè la data inizialmente fissata per la fine delle operazioni americane di combattimento in Afghanistan: l’amministrazione non ha però rispettato la scadenza che si era imposta e gli attacchi sono proseguiti.
Negli ultimi mesi gli attacchi coi droni in Pakistan sono aumentati, anche perché alla fine del 2014 erano stati praticamente sospesi. Sembra che la sospensione fosse stata richiesta dal governo pakistano per portare avanti dei colloqui esplorativi con i talebani pakistani: le operazioni coi droni della CIA dipendono dall’approvazione del governo del Pakistan, che in passato ha mostrato di avere un atteggiamento non del tutto trasparente e coerente nel trattare i terroristi (in particolare alcuni settori dei servizi segreti pakistani sono stati accusati di collaborare con le attività di al Qaida, o almeno di coprirle). Formalmente gli Stati Uniti hanno un mandato delle Nazioni Unite per combattere al Qaida in Afghanistan, ma non in Pakistan.
Perché Obama continua a tenere in piedi il programma dei droni?
Diversi analisti hanno scritto che gli attacchi coi droni autorizzati dall’amministrazione americana sono ritenuti necessari da Obama per continuare a combattere al Qaida, senza impiegare significative forze di terra nei territori dove si crede siano nascosti i qaidisti. Nel corso dei suoi due mandati da presidente, Obama ha cominciato un progressivo disimpegno delle forze militari impiegate in diverse zone del mondo, a partire dall’Iraq e dall’Afghanistan. Oltre a sostenere questo disimpegno, gli attacchi coi droni garantiscono anche un’altra cosa: la segretezza. Per ragioni di sicurezza ed efficacia, il programma portato avanti dalla CIA è segreto, e di conseguenza rimangono poco conosciute anche le uccisioni di civili durante i bombardamenti. Come hanno notato diversi analisti in passato, la guerra coi droni è più sostenibile e giustificabile da parte di un governo americano piuttosto che l’impiego di forze di terra o con aerei non comandati a distanza.