Giovanni Lo Porto è stato ucciso da un drone degli Stati Uniti
È successo a gennaio in Pakistan, la Casa Bianca lo ha annunciato oggi: insieme all'ostaggio italiano ne è stato ucciso uno statunitense
Il governo degli Stati Uniti ha annunciato di avere ucciso per sbaglio Giovanni Lo Porto durante un attacco con un drone lo scorso gennaio in Pakistan. Nell’attacco è morto anche un ostaggio statunitense, Warren Weinstein. Lo Porto era scomparso nel gennaio del 2012 mentre si trovava in un’area tribale al confine tra Pakistan e Afghanistan. Da tre anni non si sapeva che fine avesse fatto e se ne parlava molto poco, anche in seguito alla richiesta del governo italiano di non diffondere troppe informazioni per non complicare le indagini.
L’attacco di gennaio
Il drone, un aeroplano da guerra pilotato a distanza, stava conducendo lo scorso gennaio un’operazione contro una postazione di al Qaida in Pakistan da settimane tenuta sotto sorveglianza dalla CIA, che aveva raccolto centinaia di ore di video della zona. Nei giorni prima dell’attacco, la CIA aveva intensificato ulteriormente i controlli, ottenendo punti di osservazione ravvicinati per controllare meglio il complesso. In quel periodo, stando alle ricostruzioni della Casa Bianca, non è stata mai rilevata la presenza dei due ostaggi stranieri né di altri civili. Secondo le autorità statunitensi, i membri di al Qaida avrebbero intenzionalmente tenuto fuori dalla vista di chiunque gli ostaggi.
Oltre a Lo Porto e a Weinstein, nell’attacco con il drone è rimasto ucciso Ahmed Farouq, un membro di al Qaida e con cittadinanza statunitense. In un attacco successivo sarebbe stato ucciso un altro membro di al Qaida, sempre di origini statunitensi: Adam Gadahn. Di solito sono necessari permessi particolari per autorizzare l’uccisione diretta di cittadini statunitensi sospettati di organizzare attentati contro gli Stati Uniti, ma in questo caso non è stato necessario perché Gadahn e Farouq non erano gli obiettivi principali dell’operazione.
Solitamente le attività con i droni e il loro esito sono tenute segrete dal governo degli Stati Uniti per motivi di sicurezza. In questo caso il presidente Barack Obama ha ritenuto di togliere il segreto per assumersi la responsabilità della morte di Lo Porto e di Weinstein. Non sono comunque noti il luogo preciso dove è avvenuto l’attacco di gennaio, né il giorno.
La CIA impiega spesso settimane prima di scoprire l’esito di un proprio attacco con i droni. In questo caso l’intelligence ha iniziato a raccogliere i primi indizi sulla morte dei due ostaggi a febbraio. Inizialmente si pensò che potessero essere stati uccisi nel corso di un’operazione militare condotta dall’esercito statunitense. Solo nelle ultime settimane l’intelligente ha raccolto altre informazioni arrivando alla conclusione che i due ostaggi fossero morti nell’attacco con il drone statunitense di gennaio. LA CIA ha scoperto Weinstein e Lo Porto si trovavano nello stesso luogo solo alla fine dell’operazione.
Nel corso di una conferenza stampa a Washington, DC, Obama ha offerto le sue condoglianze alle famiglie di Weinstein e di Lo Porto, aggiungendo che “come presidente e comandante in capo mi assumo pienamente la responsabilità per le nostre operazioni di antiterrorismo”.
Chi era Giovanni Lo Porto
Giovanni Lo Porto aveva 40 anni, era nato a Palermo ed era un esperto di collaborazione internazionale. Aveva conseguito una laurea in materia a Londra, nel Regno Unito, e successivamente si era specializzato in Giappone. Aveva lavorato all’organizzazione e alla gestione di iniziative umanitarie nella Repubblica Centrafricana e ad Haiti. Nelle prime settimane del 2012 Lo Porto aveva raggiunto il Pakistan, dove avrebbe dovuto iniziare a lavorare per conto dell’organizzazione non governativa (ONG) tedesca Welt Hunger Life, nell’ambito di un progetto per portare aiuto alle popolazioni ancora in difficoltà in seguito alla grande alluvione del 2010. Stando alle ricostruzioni, molto parziali e difficili da verificare, pochi giorni dopo il suo arrivo un gruppo di quattro persone avrebbe assaltato la sede dell’ONG rapendo Lo Porto insieme al collega tedesco Bernd Muehlenbeck. Per mesi dal giorno del rapimento non si è saputo praticamente nulla sui due ostaggi: solo qualche sporadica notizia con informazioni talvolta in contraddizione tra loro.
Nel dicembre del 2012, però, fu diffuso un video nel quale era visibile solo Muehlenbeck con alcune informazioni dirette sul rapimento: «Ora siamo in difficoltà. Per favore accogliete le richieste dei mujaheddin. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o tra tre giorni». Il fatto che parlasse al plurale fu considerato importante per ipotizzare che insieme a lui ci fosse ancora Lo Porto.
Muehlenbeck fu liberato in Afghanistan a ottobre del 2014, con un’operazione organizzata dalle forze speciali tedesche. I sequestratori lo consegnarono in una moschea alla periferia di Kabul, dopo che per giorni agenti in borghese avevano seguito alcune persone sospette nella capitale dell’Afghanistan. I rapitori avevano chiesto un riscatto, ma il governo tedesco non diede informazioni in merito dopo la liberazione. Non furono inoltre diffuse pubblicamente informazioni sulle condizioni di Lo Porto.
Durante la sua informativa in Parlamento a inizio gennaio, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni aveva confermato che il governo era impegnato a lavorare per riportare in Italia Lo Porto, ricordando che si trattava di una vicenda su cui lavorare “con discrezione giorno per giorno”. Gentiloni non aveva dato nessun altro tipo di informazioni né sul punto cui fossero eventuali trattative con i sequestratori, ammesso ci fossero canali di comunicazione aperti, né sulle condizioni dell’ostaggio.