“Roar”, il film più pericoloso della storia
Questa settimana sarà proiettato di nuovo in America, fu girato nel 1981 con 140 animali selvatici non addestrati (e Melanie Griffith): furono feriti 70 membri del cast e della produzione
Venerdì 17 aprile sarà proiettato in alcuni cinema degli Stati Uniti Roar, un film del 1981 diretto dal produttore Noel Marshall e recitato fra gli altri dalle attrici Tippi Hedren (che all’epoca era sua moglie) e Melanie Griffith. Il film – che in Italia è uscito nel 1982 col titolo di Il grande ruggito – racconta la storia di una famiglia il cui padre vive in una riserva africana assieme a più di cento animali selvatici, principalmente leoni, elefanti, tigri e leopardi: la trama iniziale del film prevede che il resto della famiglia vada a trovarlo dopo un anno di separazione. All’epoca il film ottenne scarso successo e fu giudicato piuttosto scadente – i ruoli principali erano interpretati dagli stessi membri della famiglia di Marshall – ma negli anni si è guadagnato una specie di culto perché gli animali utilizzati durante le riprese non erano addestrati: la stessa promozione del film fece circolare la voce che più di 70 membri del cast e della produzione fossero stati feriti durante le riprese.
Nessuno della produzione è comunque morto durante le riprese, anche se al direttore della fotografia è stato fatto lo scalpo da un leone – cosa che ha richiesto 220 punti di sutura – e Tippi Hedren è stata calpestata da un elefante. Roar è stato in seguito soprannominato «il film più pericoloso mai realizzato». Oggi si trova anche su Amazon, in Blu-ray. Flavorwire, in occasione della sua nuova diffusione nei cinema, ne ha scritto una recensione per la sua rubrica «così brutto da essere bello».
Di cosa parla
Secondo Flavorwire il film «può essere descritto come un misto fra un documentario sulla natura, un filmino familiare, un film snuff (in cui cioè vengono volontariamente e crudelmente torturate delle persone) e una prova chiave in una valutazione sulla sanità mentale di una data persona». Ancora Flavorwire descrive così la trama:
Noel Marshall interpreta Hank, un ricercatore che sta portando avanti uno studio sul comportamento dei felini africani nel loro habitat naturale. Hedren, come nella vita reale, recita la parte di sua moglie. Melanie Griffith, la figlia di Hedren, recita la parte della figlia: anche i due veri figli della coppia recitano nel film. La trama, piuttosto scarna, racconta l’arrivo in Africa della famiglia di Hank, il quale però a causa di un disguido non riesce a farsi trovare al momento del loro arrivo, lasciandoli in balia dei suoi “amici”.
C’è anche una trama secondaria nella quale la commissione che finanzia il lavoro di Hank valuta se tagliargli o meno i fondi: e nella logica perversa di questi film, il fatto è che nessuno può biasimarli dato che Hank è CHIARAMENTE UN MATTO. Nel film il ricercatore è sempre intento a fare la lotta con una comica quantità di felini, che sembrano avventarsi aggressivamente l’uno sull’altro – e su Hank stesso – ogni pochi secondi. Gran parte del film è composta essenzialmente da scene in cui tigri e leoni si avventano l’uno verso l’altro, oppure verso Marshall e ogni altro essere umano che abbia la sfortuna di trovarsi nei paraggi.
Ma come gli è venuto in mente?
Nel 1969 Tippi Hedren – che all’epoca aveva 39 anni e aveva già recitato in noti film come Gli uccelli di Alfred Hitchcock e La contessa di Hong Kong di Charles Chaplin – si appassionò di animali africani dopo aver girato in Africa alcune scene di Satan’s Harvest del regista americano George Montgomery. Cominciò allora a comprarne alcuni da far girare nel giardino della propria casa di Los Angeles, salvo poi trasferire la famiglia in un terreno più grande a Soledad Canyon, in periferia di Los Angeles. Negli anni Hedren e Marshall acquistarono nuovi animati a gruppi di otto o dieci per volta, finché arrivarono a possederne circa 140. Venne loro l’idea di realizzare un film incentrato sugli animali adattando la sceneggiatura a quello che sarebbe capitato durante le riprese a causa dell’interazione fra attori e leoni, tigri ed elefanti. Non andò benissimo.
La stessa Hedrin ha raccontato in seguito che esperti dell’impiego di animali nei film avevano considerato il film impossibile da realizzare, e che per questo lei e Marshall – che prima di allora aveva lavorato “solamente” come produttore per L’esorcista – ne fecero a meno. Il risultato fu che il film fu completato solamente undici anni dopo l’inizio della produzione, avvenuta nel 1970 (le riprese iniziarono effettivamente nel 1974), e che la produzione fu notevolmente rallentata dalle difficoltà di lavorare con animali selvatici che avevano l’abitudine di attaccare gli attori del cast. Durante il primo giorno di riprese, per esempio, Noel Marshall venne ripreso mentre si azzuffava con due leoni, uno dei quali gli morse la mano che cominciò a perdere sangue lungo tutto il braccio.
John Marshall, figlio di Hedren e Marshall sia nel film sia nella vita reale, ha raccontato che in certi giorni la produzione riusciva a girare solamente una scena, e che veniva costantemente messa a rischio dalle scelte di Marshall. Per quanto riguarda le ferite capitate a chi ha lavorato al film Tim Legue, il CEO di Drafthouse – la società che ha curato la nuova proiezione nei cinema – ha detto:
Il cast e la crew furono feriti innumerevoli volte: sono stati documentati più di 70 attacchi. Sebbene nessuno rimase ucciso, qualche volta ci andammo vicini. Al direttore della fotografia Jan de Bont [che in seguito avrebbe diretto Speed] fu fatto lo scalpo da un leone, e dovette essere curato con 220 punti. Melanie Griffith venne fatta a pezzi da un leone e dovette essere curata con un intervento di chirurgia ricostruttiva e 100 punti. Mantenere uno staff di persone che si occupassero delle riprese divenne impossibile: le ferite e i rischi trattennero alcuni dal tornare sul set.
La stessa Hedren ha ricordato che «fu incredibile che nessuno rimase ucciso». In una intervista al Daily Beast, John Marshall – il figlio di Noel Marshall e Hedren – ha raccontato ridendo che «la regola, al tempo, era che se non avevi bisogno di andare in ospedale quella non contava come una vera ferita: io, per esempio, mi sono rotto un dito in una scena in motocicletta e credo di essermi rotto il piede due-tre volte. Mi feci spesso male alle costole, ma a quello non ci pensi».
Quando uscì nel 1981 Roar ottenne circa due milioni di dollari d’incasso. Fu un notevole insuccesso, dato che il film era costato 17 milioni di dollari dei quali molti investiti da Hedren e Marshall. Secondo John Marshall la coppia fu costretta a vendere diverse case e terreni per coprire i costi del film, notevolmente aumentati negli anni a causa degli enormi costi causati da mantenere più di cento animali e di rimediare ad alcune inondazioni e incendi che distrussero il set. L’anno dopo l’uscita del film, nel 1982, Hedren e Marshall divorziarono. Marshall in seguito abbandonò il proprio lavoro nel cinema e si occupò di marketing per un’azienda della Florida. È morto di cancro nel 2010. Hedren e Griffith proseguirono invece la loro carriera da attrici. Non è chiaro che fine abbiano fatto gli animali ripresi nel film.
foto: Tippi Hedren e Melanie Griffith durante una foto promozionale per “Roar” allo Zoo di Londra, marzo 1982 (Press/Hulton Archive/Getty Images)