Quale sarà la cosa difficile per Hillary Clinton
Dovrà riuscire a differenziarsi da Obama senza perdersi per strada nessuno dei suoi elettori, spiega il Washington Post, ed evitare i rischi di chi corre senza avversari
di Washington Post
Hillary Rodham Clinton ha annunciato domenica la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, entrando nella partita col suo nome conosciuto in tutto il mondo, con la sua indubbia intelligenza e col suo passato fatto di competenza e duro lavoro. Nonostante questo lei stessa sa, come chiunque, che la strada per la Casa Bianca non sarà facile.
Nel 2016 i Democratici verranno da otto anni di presidenza, e molti elettori potranno pensare che sarà il momento di cambiare. Se Hillary Clinton dovesse vincere le primarie, come tutto lascia al momento pensare, dovrà promettere un grande cambiamento, differenziandosi da Obama nonostante abbia lavorato con lui durante la sua amministrazione, e dovrà farlo allo stesso tempo senza perdere per strada nessun suo sostenitore. Al Gore nel 2000 ha dato una chiara dimostrazione di come si possa fallire in questo complicato equilibrismo, nonostante il presidente uscente Bill Clinton fosse allora abbastanza popolare.
Per riuscirci Hillary Clinton dovrà elaborare un programma che mostri non solo che lei sarà una capace e appassionata amministratrice, ma anche una leader con una chiara filosofia di governo, al passo coi tempi. Nel video pubblicato domenica Hillary Clinton ha promesso, se dovesse essere eletta, un programma che guardi al futuro, dicendo che sarà la paladina delle famiglie che lottano per arrivare alla fine del mese. Non ha però dato indicazioni su come intenderà cambiare un’economia che come lei stessa ha definito, ripetendo le parole della senatrice Elizabeth Warren, sembra giocare contro l’americano medio.
Aggiungere sostanza ai suoi slogan sarà difficile, per diverse ragioni. I Democratici hanno realizzato la maggior parte del loro programma durante l’amministrazione Obama – soprattutto per quanto riguarda la sanità, la regolamentazione finanziaria, i diritti dei gay e il cambiamento climatico – lasciando così abbastanza vuoto il campo da cui pescare. Consolidare e difendere queste conquiste dai tentativi di annacquarli dei Repubblicani sarà una parte consistente della presidenza di Hillary Clinton, se dovesse essere eletta: ma nessuno vince le elezioni promettendo di giocare in difesa.
E poi c’è il pericoloso divario all’interno dei Democratici. Sulle disuguaglianze economiche e su altre questioni ci sono i pragmatici – moderati, centristi – che spingono per un progresso incrementale e gli ideologici – i liberal, quelli più di sinistra – che chiedono un più ampio ruolo del governo. Ci sono poi Democratici che enfatizzano la crescita economica e altri che invece danno più importanza alla redistribuzione della ricchezza. E non ci sono facili risposte nemmeno per i problemi causati dalla globalizzazione e dai cambiamenti tecnologici. Sulla politica estera Hillary Clinton ha invece fatto intendere che preferirà una leadership in qualche modo più risoluta di quella di Obama, ma correnti molto forti all’interno del suo partito si oppongono alle spese militari e a ogni sentore d’interventismo.
Molti elettori non vorranno lasciarsi scappare la possibilità di eleggere la prima presidente donna degli Stati Uniti, superando una barriera che altre nazioni hanno già oltrepassato da molto tempo. Molti sono attirati da quello che ritengono essere lo spirito indomito di Hillary Clinton. Ma altri elettori – o , in certi casi, quegli stessi elettori – potrebbero sentirsi stanchi della cerchia dei Clinton. E l’imperdonabile mancanza di responsabilità sulla questione delle email mandate durante il suo incarico di segretario di Stato ha rinforzato questi sentimenti negativi.
Hillary Clinton è probabilmente il candidato più preparato tra quelli di entrambi i partiti. È un’icona, l’unica star a disposizione dei Democratici, e finora sembra che alle primarie dovrà vedersela con avversari poco ostici. Questo crea però un rischio politico: potrebbe essere costretta a fare una campagna difensiva e parlare con i media il meno possibile, finendo così per non riuscire a dare agli elettori una definizione di sé completa e attraente. Ma questa condizione è anche un’opportunità: può usare tutto il tempo che ha, da qui alle elezioni, per spiegare perché vuole diventare presidente.
@Washington Post 2015
foto: Hillary Clinton. (JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)