Come ingannare la macchina della verità
È piuttosto semplice, basta manipolare il proprio cervello provocando reazioni intense o di calma a seconda delle domande a cui bisogna rispondere
Ingannare una macchina della verità è piuttosto semplice: bastano un paio di trucchi che si possono imparare in due minuti. Ne ha raccontati alcuni Malia Wollan che sul poligrafo – il nome tecnico della macchina della verità – ha scritto un articolo per il New York Times. Quella alla base del poligrafo è considerato da molti esperti una pseudoscienza e anche le ricerche più generose dicono che la macchina della verità ha soltanto una probabilità di poco superiore alla pura casualità di individuare una bugia.
Un po’ di storia
Fino a un’epoca piuttosto recente – e in alcuni casi anche ai nostri giorni – il metodo principale usato dagli essere umani per individuare i bugiardi, soprattutto in ambito giudiziario, era la tortura. Verso la fine del Settecento una serie di filosofi e pensatori cominciarono a mettere in dubbio la legittimità, e anche l’utilità, di cercare di scoprire la verità utilizzando ferri roventi e tenaglie. Sparita la tortura delle aule di tribunali, almeno ufficialmente, gli scienziati cercarono di inventare nuovi metodi per distinguere i bugiardi. Nel corso dell’Ottocento, grazie ai progressi della medicina, si scoprì che mentire spesso provoca uno stress che è in qualche misura misurabile da appositi strumenti. Alcuni scienziati cominciarono a creare strumenti in grado di misurare il battito cardiaco o la pressione sanguigna durante un interrogatorio.
I moderni poligrafi sono l’evoluzione di questi primi congegni, ma restano tuttora macchine piuttosto semplici. Sono in pratica delle scatole con fili ed elettrodi che vanno allacciati o attaccati al soggetto. I poligrafi registrano una serie di dati come pulsazioni cardiache, pressione sanguigna, respirazione e tensioni muscolare. I dati vengono esaminati da un tecnico competente, che si occupa anche di fare delle domande al soggetto. Il principio alla base del poligrafo è registrare le reazioni del soggetto quando gli vengono rivolte le domande: se i valori misurati mostrano una differenza notevole tra la reazione del soggetto alle domande rilevanti (“Hai ucciso tu Mario Rossi?”) rispetto alla reazione alle domande “diagnostiche” (“Hai mai mentito a qualcuno che si fidava di te?”), significa che sta mentendo.
Ma funziona?
Non molto. La maggior parte delle ricerche mostrano che il poligrafo è appena più affidabile del lancio di una monetina (cioè del caso) nell’individuare i bugiardi: nessun paese al mondo considera i suoi risultati una prova che si può utilizzare in tribunale. I test della verità sono comunque utilizzati spesso dalla polizia negli interrogatori, o come sistema per esaminare i dipendenti pubblici che hanno a che fare con materiale sensibile. Ad esempio, i dipendenti della CIA che hanno accesso a materiale classificato vengono spesso sottoposti al poligrafo.
Il problema della macchina della verità è che durante un interrogatorio ci sono moltissime cose che possono andare storte e alterare il risultato. Un soggetto innocente, ma molto impressionabile, può rispondere con più agitazione quando capisce che gli sta venendo posta la domanda rilevante, quella a cui deve rispondere correttamente (“No, non ho ucciso io Mario Rossi”). Oppure un soggetto colpevole, ma di carattere molto freddo, potrebbe non mostrare particolare agitazione nel rispondere alle domande rilevanti. In altre parole: gli indicatori di “agitazione” di cui il poligrafo tiene conto (battito cardiaco, respirazione) sono un po’ troppo grezzi per rispondere con precisione alla domanda: la persona interrogata si sta agitando perché mente?
I trucchi
Per aggirare il poligrafo bisogna ingannare il proprio cervello. Wollan ha intervistato Doug Williams, un ex poliziotto e per 36 anni operatore di poligrafo nell’Oregon. Williams ha spiegato un paio di trucchi molto semplici: pensare alla cosa che ci spaventa di più mentre dobbiamo rispondere alla domanda di controllo (fino a qualche tempo Williams consigliava anche di «stringere le chiappe»). In questo modo si induce il cervello ad aumentare respirazione e battito cardiaco, facendo rilevare allo strumento una risposta forte. Quando invece arriva la domanda vera e propria, Williams consiglia di aspettare qualche secondo e di calmarsi immaginando una spiaggia tranquilla bagnata dalle onde di un mare calmo. I risultati del poligrafo, seguendo le indicazioni di WIlliams, saranno sballati.
Un altro trucco è quello di sfruttare l’altra debolezza del poligrafo, cioè la componente umana. I dati sono letti e interpretati da un operatore che è anche quello che fa le domande. Esattamente come il soggetto che è sotto interrogatorio, anche l’operatore è influenzabile. Aldrich Ames, una delle più famose spie russe negli Stati Uniti (si trova in prigione dal 1994), ha raccontato come ha fatto a ingannare il poligrafo a cui è stato sottoposto mentre lavorava alla CIA. Il trucco, ha raccontato, era fare una bella dormita il giorno prima, restare rilassati e cercare di stabilire un rapporto amichevole con l’esaminatore. Creando un clima tranquillo e influenzando l’operatore, Ames è riuscito a mantenere i valori di agitazione registrati dal poligrafo nella norma, senza destare alcun allarme.