Ivan il non tanto Terribile
Alcune mostre in Russia stanno riadattando il racconto della storia nazionale, suggerendo analogie tra il passato e la politica attuale del presidente Putin
Lo scorso novembre al Salone centrale delle esibizioni del Maneggio, a Mosca, non lontano dal Cremlino, una mostra ha raccontato la storia della dinastia di Ivan il Terribile: i Rjurikidi, che governarono il territorio russo per circa 700 anni, a partire dall’anno 862. La mostra è stata organizzata dalla Società Storica della Russia Imperiale, un’istituzione rifondata nel 2012 da Vladimir Medinskij e alla cui inaugurazione era presente il presidente russo Vladimir Putin. Secondo Medinskij, che è ministro della Cultura, la diffusa denominazione dello zar di Russia Ivan IV come “il Terribile” fu una mossa della propaganda dei paesi occidentali. La traduzione di Ivan Groznyj, dice, è pretestuosa: “groznyj” deriva da “groza” che ha il doppio significato di “tempesta” e “minaccia”: una traduzione più corretta quindi sarebbe “Ivan il Minaccioso”, oppure “Ivan il Rigoroso”. Per Medinskij «è la stessa differenza che c’è tra un ratto e un criceto».
Ivan IV nacque a Mosca nel 1530, da Basilio III e Elena Glinskaja. Entrambi i genitori morirono quando era ancora molto piccolo. La sua infanzia trascorse tra le lotte per il potere che si fecero i membri dell’alta aristocrazia russa, i boiardi. A quattordici anni eliminò il capo della famiglia Šujskij che governava il Granducato di Russia in quel momento. A sedici anni venne incoronato Zar di Russia. Ivan IV fu il primo ad usare il titolo di Zar, vale a dire “Cesare”, sostenendo di avere discendenza romana e definendo Mosca una Terza Roma. Morì nel 1584.
Uno dei curatori della mostra, Alexander Myasnikov – che non è un vero e proprio storico ma si definisce un «divulgatore di storia» – condivide le opinioni di Medinskij sul fatto che Ivan IV fosse molto meno sanguinario di come ci sia stato tramandato. Non ha mai ucciso suo figlio e non uccideva i suoi nemici bollendoli nel vino, come si racconta: sarebbe stato «troppo costoso», ha detto Myasnikov. Secondo gli organizzatori della mostra, le potenze occidentali erano spaventate dalla possibilità che lo zar Ivan IV potesse espandere il suo regno a Ovest, e incominciarono quindi una precoce «campagna di disinformazione». Secondo la mostra di Mosca Ivan IV fu anche il primo leader russo ad essere colpito da sanzioni occidentali: un embargo sul metallo che avviò una grande produzione interna di cannoni.
Gli storici interpellati per due articoli del New York Times e del Wall Street Journal sostengono che le somiglianze fra le vicende politiche contemporanee di Vladimir Putin e la raffigurazione di Ivan il Terribile fatta dalla mostra siano evidenti, in particolare per l’uso di alcuni termini moderni, come quelli sulla disinformazione. Andrei Pavlov, professore di Storia all’Università Statale di San Pietroburgo, ha detto che «da una parte è una cosa buona mostrare alla gente un periodo storico di cui non sa molto, dall’altra però si vuole accentuare un’educazione patriottica». Per un altro storico russo, Nikita P. Sokolov, «la storia viene usata come uno strumento ideologico» e l’immagine data dalla mostra è «una Russia che è una fortezza assediata, che ha bisogno di un forte comandante, e chiunque cerchi di renderla più democratica e cerchi di minare il potere del comandante sta cercando di indebolire la nazione».
Questo tentativo di riscrivere la storia russa non è un’iniziativa isolata degli organizzatori della mostra. All’inaugurazione della Società Storica della Russia Imperiale il presidente Putin aveva esortato l’organizzazione a difendere i valori «del patriottismo e il sacro dovere di proteggere la nostra terra, la nostra dignità e la lealtà alle nostre radici». Dopo avere visitato la mostra, lo scorso novembre, Putin ha ribadito: «Dobbiamo conquistare le menti della gente: quando avremo convinto una larga maggioranza delle persone che le nostre posizioni sono corrette, giuste e oggettive, e avremo mostrato che da queste posizioni beneficeranno la nostra società, il nostro paese e la nostra gente, allora avremo guadagnato milioni di sostenitori». Un’altra esposizione – “Remember”, che si è tenuta a Mosca vicino al Parlamento – si concentrava sulla nascita del nazismo specialmente in Ucraina e nei paesi baltici. Nella mostra c’erano anche foto moderne dei gruppi ucraini di estrema destra: e la principale argomentazione con cui la Russia giustifica l’annessione della Crimea è quello di una instabilità politica dovuta ad un ritorno del nazismo.
Il Museo di Storia Contemporanea, uno dei più grandi musei russi, sta ospitando una mostra sulla battaglia per l’Ucraina del 1943 dove, racconta il New York Times, le guide parlano apertamente della crisi Ucraina mostrando come «la fiamma del fascismo sia tornata a bruciare» qualche tempo fa. Ovviamente la Russia è ricca anche di mostre prive di un’impostazione ideologica, ma la preoccupazione di molti storici, russi e occidentali, che stia avvenendo una riscrittura storica dedicata a giustificare l’attuale politica estera di Putin, è fondata. Alcuni musei che si sono occupati di aspetti controversi della Storia russa hanno subito delle pressioni o sono stati chiusi: il Perm-36, un museo costituito all’interno di un vecchio gulag, che si occupava principalmente della repressione politica che aveva ospitato, è stato chiuso all’inizio di marzo del 2015. E le commemorazioni della Seconda guerra mondiale stanno spostando l’attenzione dal sacrificio e dalle vittime a un culto per la vittoria e per il ruolo russo nella sconfitta del nazismo.
Ritratto di Ivan IV di Viktor Vasnetsov, 1897 (Tretyakov Gallery, Mosca)