Il ritorno del brontosauro
Per oltre un secolo non è rientrato nella classificazione ufficiale dei generi di dinosauri, ma ora un gruppo di paleontologi dice che merita di essere considerato a parte
Dopo essere stato scartato per quasi un secolo, il brontosauro potrebbe tornare a essere considerato un genere a sé come lo aveva immaginato il suo scopritore nella seconda metà dell’Ottocento. Anche se il nome è comunemente utilizzato per indicare un tipo di dinosauri erbivori di grandi dimensioni, riconoscibili per il loro lunghissimo collo, il brontosauro in realtà non rientra nella classificazione ufficiale dei dinosauri: la maggior parte degli studiosi ha ritenuto fino a oggi che il suo specifico genere in realtà non sia mai esistito e che gli esemplari scoperti appartenessero a un altro genere, quello dell’Apatosaurus. Le cose potrebbe cambiare in seguito a una nuova ricerca condotta nel Regno Unito e nel Portogallo, secondo cui il genere Brontosaurus dovrebbe essere ritenuto corretto.
Da dove viene il brontosauro
Nel 1879 il paleontologo statunitense Othniel Charles Marsh pubblicò uno studio in cui annunciava di avere scoperto un nuovo genere di dinosauro, basandosi sull’osservazione di un grande fossile ritrovato in uno scavo nel Wyoming: scrisse che aveva caratteristiche tali da potere essere considerato appartenente a un genere diverso da quello dell’Apatosaurus scoperto sempre da lui un paio di anni prima. Marsh concluse quindi che il nuovo fossile appartenesse a un nuovo genere e lo chiamò Brontosaurus excelsus (nella tassonomia utilizzata per le scienze naturali, il genere mette insieme diverse specie che hanno caratteristiche simili tra loro; di solito è indicato con la maiuscola quindi in questo caso Brontosaurus, seguito da una parola minuscola che indica la specie).
Il nome brontosauro risultò meno ostico rispetto ad altri usati in passato ed ebbe una certa presa negli Stati Uniti, anche grazie ad alcune illustrazioni che mostravano – con un po’ di fantasia – la ricostruzione del suo enorme scheletro. Ne furono scoperti altri esemplari a cavallo tra Ottocento e Novecento e alcuni musei di storia naturale iniziarono a esporli al pubblico. Nel 1903, però, furono sollevati i primi dubbi sul fatto che il brontosauro costituisse in effetti un genere a sé: le caratteristiche del Brontosaurus excelsus erano molto simili a quelle dell’altro genere scoperto da Marsh, con differenze giustificate probabilmente dal fatto che i due esemplari fossero cresciuti in modi diversi. Molti paleontologi arrivarono alla stessa conclusione e alla fine si decise di mantenere il genere Apatosaurus che era stato scelto come nome prima del brontosauro, che cambiò quindi nome passando da Brontosaurus excelsus a Apatosaurus excelsus. Il cambiamento non fu immediato e condiviso da tutti ma verso i primi anni Settanta quasi tutti cambiarono la nomenclatura, musei compresi.
Il ritorno del brontosauro
Insieme ad alcuni colleghi, Emmanuel Tshcopp (Universidade Nova de Lisboa) lavora da tempo alla realizzazione di un nuovo albero della famiglia dei diplodocidi, che comprende buona parte dei dinosauri più riconoscibili: quelli con un corpo di grandi dimensioni, la testa piccola e collo e coda molto lunghi. Il ricercatore ha concentrato la sua attenzione sui generi Diplodocus e Apatosaurus per capire quante specie comprendessero effettivamente grazie ad alcuni modelli al computer, che si basano sulle differenze riscontrate nell’ossatura dei singoli esemplari per stabilire la loro appartenenza a una specie. In questo modo Tschopp ha notato che il fossile scoperto da Marsh e chiamato brontosauro aveva caratteristiche diverse da quelle del genere Apatosaurus.
La scoperta è stata pubblicata sulla rivista scientifica PeerJ e i suoi autori spiegano che tra le differenze notate c’è il collo, che è molto più largo nell’Apatosaurus rispetto al brontosauro. Per arrivare a questa conclusione sono stati analizzati diversi fossili di Apatosaurus excelsus, ma saranno necessarie ulteriori verifiche basate sul nuovo albero di famiglia dei diplodocidi realizzato al computer per avere qualche certezza in più.
Il nuovo studio sta facendo molto discutere i paleontologi perché tocca un problema molto diffuso nella classificazione degli animali preistorici, difficili da catalogare con certezza e da raggruppare in famiglie e generi. Secondo alcuni la ricerca di Tschopp dimostra che nei primi del Novecento si arrivò a conclusioni troppo affrettate sul brontosauro, mentre per altri sarebbe controproducente reintrodurre il genere Brontosaurus, considerato che dalle sue caratteristiche risulta essere un parente strettissimo degli esemplari appartenenti al genere Apatosaurus.