I numeri del vino italiano
Nel 2013 l'Italia è stato il primo produttore di vino mondiale, ma nel 2014 sarà probabilmente superata dalla Francia: un po' di dati sull'industria vinicola italiana
Secondo i dati dell’OIV (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) nel 2013 l’Italia è stata il primo produttore di vino al mondo (42 milioni di ettolitri), con una quota del 18,2 per cento su un totale di 287,6 milioni di ettolitri. La produzione mondiale di vino nel 2013 è cresciuta del 12,2 per cento rispetto ai 256,2 milioni di ettolitri del 2012, mentre la previsione per il 2014 è di 271 milioni di ettolitri, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-5,8 per cento).
Come si legge nella tabella qui sopra, nel 2009 e 2010 la classifica delle nazioni che producono più vino aveva l’Italia al primo posto, con Francia e Spagna rispettivamente in seconda e terza posizione. Nel 2011 la Francia ha avuto un incremento di produzione del 14,4 per cento che l’ha portata al primo posto, ma già nel 2012 l’Italia aveva recuperato il primato. Nel 2013 – grazie a una crescita rispetto all’anno precedente del 47 per cento – la Spagna ha superato la Francia al secondo posto, mentre per il 2014 le stime prevedono che la Francia sarà in prima posizione con 46,2 milioni di ettolitri, l’Italia in seconda con 44,4 e la Spagna in terza con 37.
I dati della produzione vinicola italiana
Le stime dell’ISTAT per il 2013 indicano che il 38,5 per cento della produzione italiana è stato di vini DOC e DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Denominazione di Origine Controllata e garantita, espressioni che sono anche raggruppate sotto l’acronimo europeo DOP, Denominazione di Origine Protetta), in crescita dell’8,2 per cento sul 2012, mentre i vini IGP (Indicazione Geografica Protetta) hanno rappresentato il 35 per cento della produzione, con un incremento del 25,8 per cento rispetto al 2012; i vini senza denominazione, chiamati anche “vini comuni”, hanno contato per il restante 26,5 per cento del totale.
Un’indagine dell’Ufficio Studi di Mediobanca stima che il valore della produzione italiana di vino nel 2013 sia stato di circa 11,9 miliardi di euro, di cui circa 5 miliardi di euro d’esportazioni. I dati provvisori dell’ISTAT per il 2014 indicano che le esportazioni sono cresciute rispetto all’anno precedente sia in quantità (+1,1 per cento) che in valore (+1,4 per cento): il prezzo medio del vino esportato, infatti, è aumentato dello 0,3 per cento a 2,49 euro al litro.
Lo studio di Mediobanca analizza l’andamento delle principali 122 società vinicole italiane con fatturato 2013 superiore ai 25 milioni di euro; di queste 41 sono società cooperative, 75 sono spa o srl a controllo italiano e 6 sono spa o srl a controllo estero. Le 122 società considerate nel 2013 hanno realizzato complessivamente un fatturato di 6,1 miliardi di euro, pari al 51 per cento della produzione nazionale, e hanno rappresentato il 60,4 per cento delle esportazioni.
Nel 2013 il fatturato complessivo delle principali 122 società vinicole italiane è cresciuto del 5,9 per cento, un incremento che è la media di quello estero (+9,1 per cento) e di quello nazionale (+2,9 per cento). I dati non ancora definitivi per il 2014, invece, segnalano un forte rallentamento della crescita: le vendite totali sono cresciute dell’1,4 per cento, restando invariate in Italia e aumentando del 2,8 per cento all’estero. Se queste stime fossero confermate – dice lo studio di Mediobanca – il 2014 sarebbe l’anno meno brillante dal 2010.
Nonostante questo rallentamento, però, dal 2009 all’anno scorso il fatturato dell’industria vinicola italiana è aumentato del 33,3 per cento, molto più della media della manifattura nazionale; in particolare l’estero con un +52,6 per cento è cresciuto tre volte più in fretta del mercato interno (+17,8 per cento).
L’Unione Europea è l’area mondiale che nel 2014 ha assorbito la maggior parte delle esportazioni del vino italiano con il 50,4 per cento del totale, al secondo posto c’è invece l’America settentrionale con il 32,3 per cento. Africa e Medio Oriente hanno contato per l’11,1 per cento delle esportazioni, mentre i mercati asiatici e dell’Estremo Oriente, pur essendo cresciuti nell’ultimo anno del 16,9 per cento, restano piuttosto marginali con un 5 per cento. Il restante 1,3 per cento delle esportazioni va in Sud America.
I maggiori produttori di vino italiani
Le prime dieci aziende vinicole italiane per fatturato nel 2014 sono state:
1. Cooperativa Gruppo Cantine Riunite-GIV di Campegine, provincia di Reggio Emilia (536 milioni di euro, +0,3 per cento sul 2013)
2. Cooperativa Caviro di Faenza, provincia di Ravenna (314 milioni di euro, -2 per cento)
3. Divisione vini del Gruppo Campari di Milano (209 milioni di euro, -8,3 per cento)
4. Palazzo Antinori di Firenze (180 milioni di euro, +4,8)
5. Cooperativa Mezzacorona di Mezzocorona, in provincia di Trento (171 milioni di euro, +5 per cento)
6-7. Appaiate con 160 milioni di euro di fatturato la Fratelli Martini Secondo Luigi di Cossano Belbo, in provincia di Cuneo (+1,8 per cento) e la Casa Vinicola Zonin di Gambellara, Vicenza (+4 per cento)
8. Cooperativa Cavit Cantina Viticoltori di Ravina, provincia di Trento (158 milioni, +3,7 per cento)
9. Enoitalia di Calmasino di Bardolino, in provincia di Verona (128 milioni, +0,1 per cento)
10. Gruppo Santa Margherita di Fossalta di Portogruaro, Venezia (110 milioni, +7,8 per cento).
I margini (rapporto tra MON, margine operativo netto, e valore aggiunto) e i dati sulla redditività, che misurano quanto un’azienda produca profitto, indicano che nel 2013 le aziende più profittevoli sono state la Botter e la Cantine Turrini, mentre la Giordano Vini e la cooperativa La Vis hanno avuto una redditività netta negativa, cioè hanno generato perdite invece che guadagni.
Secondo lo studio di Mediobanca, i produttori le cui vendite sono cresciute di più nel periodo 2009-2013 sono:
1. Cantine Turrini Valdo & Figlio di Riolo Terme, Ravenna (+110,2 per cento)
2. Cooperativa Gruppo Cevico di Lugo, Ravenna (+84,6 per cento)
3. Casa Vinicola Botter Carlo & C. di Fossalta di Piave, Venezia (+84,2 per cento).
Tra le prime 25 aziende vinicole italiane, nel periodo 2009-2013 solo la cooperativa La Vis di Lavis, Trento e la Giordano Vini di Diano d’Alba, Cuneo hanno subito una riduzione del giro d’affari.
Tra le prime 25 aziende vinicole italiane, alcune società realizzano all’estero quasi il totale del proprio fatturato – sono la Ruffino di Pontassieve, Firenze, al 92,9 per cento, la Masi Agricola di S. Ambrogio di Valpolicella, Verona, al 90,5 per cento e la Fratelli Martini Secondo Luigi di Cossano Belbo, Cuneo, all’89,5 per cento – mentre solo sei gruppi hanno una quota di esportazioni inferiore al 50 per cento.
I dati 2014 dello studio Mediobanca sui singoli comparti mostrano che il fatturato delle spa e srl (società per azioni e società a responsabilità limitata) è cresciuto del 2,9 per cento (del 4,2 per cento quello estero), mentre le società cooperative hanno avuto risultati meno brillanti, con un fatturato complessivo stabile rispetto al 2013, in leggero aumento all’estero. I vini spumanti sono quelli che hanno contribuito di più ad aumentare il fatturato, mentre i vini fermi sono rimasti sostanzialmente stabili. La maggiore crescita dei vini spumanti è confermata anche dalle attese per il 2015: alle domande degli analisti di Mediobanca, i produttori di spumanti si sono dimostrati più “ottimisti” rispetto a quelli di vini fermi per quanto riguarda l’andamento di fatturato ed esportazioni.
Nel 2014 il settore vinicolo italiano è anche migliorato in termini d’investimenti: rispetto al 2013 questi sono cresciuti del 10 per cento, mentre nell’economia italiana complessiva sono diminuiti dello 0,4 per cento. Per quanto riguarda l’occupazione, invece, nel 2014 l’aumento degli addetti del settore vinicolo rispetto al 2013 è stato dell’1,7 per cento, poco superiore al risultato medio dell’industria italiana pari all’1,4 per cento.
Il rendimento del capitale investito (return on investment, ROI) per le aziende vinicole italiane è cresciuto dal 2009 fino al 6 per cento nel 2013, il dato però resta inferiore a quello medio dell’industria manifatturiera italiana (6,9 per cento), del settore alimentare (8,8 per cento) e delle bevande (9,9 per cento). La difficoltà nel produrre alti rendimenti delle nostre aziende vinicole si vede anche nel grafico qui sotto: rispetto alle aziende estere, le società italiane non cooperative hanno un rapporto tra profitto e fatturato molto più basso.
Le differenze tra i prodotti e tra le regioni italiane
L’analisi dell’Ufficio Studi di Mediobanca mostra che tra i 31 produttori di vini spumanti (la definizione comprende tutte le provenienze e i metodi di lavorazione: Asti, Prosecco, Franciacorta, metodo Charmat di Prosecco e Asti, metodo classico per “Trentodoc” e Franciacorta, eccetera) e le restanti 91 aziende vinicole italiane ci sono alcune differenze: nel quinquennio 2009-2013 il rendimento del capitale investito (return on investment, ROI) dai produttori di spumanti è sempre stato inferiore rispetto a quello degli altri produttori, 5,4 per cento contro 6,2 per cento nel 2013, così come la redditività netta (return on common equity, ROE) che misura quanto profitto è in grado di generare il capitale proprio dell’azienda.
Le società che producono vini spumanti, inoltre, esportano meno degli altri produttori: il 39,3 per cento contro il 52,4 per cento del totale. Negli ultimi cinque anni, però, le esportazioni di spumanti italiani sono cresciute tre volte più velocemente rispetto a quelle dei vini fermi: rispettivamente 30,9 per cento contro 10,5 per cento. I dati per il 2014 confermano questa tendenza: l’aumento di vendite dichiarato dai produttori di spumanti (totale +4,1 per cento, esportazioni +6,2 per cento) è nettamente superiore a quello dei produttori di altri vini (totale +0,8 per cento, esportazioni +2,3 per cento).
Se si dividono le società per regione d’appartenenza, le migliori sono quelle venete e quelle toscane. I produttori vinicoli del Veneto sono nelle prime posizioni per quanto riguarda il rendimento d’investimenti e capitale (ROI al 9,3 per cento, contro il 6 per cento della media nazionale; ROE al 9,8 per cento, contro il 2,9 per cento nazionale), mentre quelli della Toscana (ROI al 7,9 per cento e ROE al 5,3 per cento) si distinguono per la solidità patrimoniale (i debiti finanziari sono al 37 per cento dei propri mezzi contro la media nazionale del 76,7 per cento) e le esportazioni superiori alla media, al 68 per cento contro il 50,2 per cento nazionale.
Foto di GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images