Storia ed etica del Guinness dei primati
Se lo inventò il capo della Guinness – la birra – e poi ha fatto successo con i libri: ora che il mercato è in crisi, sta trovando una nuova controversa strada online
La storia del “Guinness dei primati”, il libro soggetto a copyright più venduto al mondo (i libri più venduti in assoluto sono la Bibbia e il Corano), iniziò secondo la leggenda in Irlanda nel 1951, da un colpo di fucile che durante una battuta di caccia non centrò il bersaglio. Il bersaglio era un piviere dorato, un piccolo e veloce uccello; il cacciatore autore del colpo andato a vuoto era Hugh Beaver, all’epoca amministratore delegato delle birrerie Guinness, con sede a Dublino. Beaver giustificò il suo errore con la velocità del piviere dorato, che secondo lui era il più veloce tra gli uccelli da selvaggina: non trovò però la conferma definitiva di quella tesi in nessun almanacco, manuale o enciclopedia, e quindi decise di fare da sé e creare quello che diventò il Guinness dei primati, un libro pubblicato per la prima volta nel 1955.
II Guinness dei primati da allora è stato pubblicato ogni anno in una nuova versione ed è stato tradotto in 20 diverse lingue, vendendo oltre 130 milioni di copie in più di 100 paesi. La casa editrice è stata legata all’azienda della birra fino al 2001: da quell’anno le due società, nonostante mantengano lo stesso nome, non hanno invece più niente a che fare l’una con l’altra (a parte la pubblicità reciproca che si fanno). I principali ricavi della società che vende il Guinness dei primati arrivano dal mercato editoriale, che però è in questi ultimi anni in crisi permanente: e le fonti online sono diventate una concorrenza molto forte nel campo delle informazioni su dati e primati. I dati di Nielsen Book Scan, società specializzata nell’analisi dei dati di vendita dei libri, mostrano che le edizioni vendute del Guinness dei primati del 2014 sono state un quinto di quelle del 2001.
Per contrastare la crisi, il Guinness dei primati ha negli ultimi anni cercato di espandersi in altri settori: esistono oggi musei, videogiochi e un gran numero di programmi televisivi collegati al libro. Il 17 febbraio 2015 in Italia per esempio è iniziata la sesta edizione italiana di Lo show dei record, condotto da Gerry Scotti in prima serata su Canale 5. E anche su internet – racconta Slate in un articolo che analizza quella che definisce la trasformazione del Guinness dei primati in una società di consulenza marketing – il progetto si è specializzato nella creazione e nella diffusione di contenuti virali riguardanti i record più disparati.
Seppure il sito GuinnessWorldRecords.com continui ad accettare richieste di record da parte di individui – anche tramite video – gran parte della sua attività è oggi dedicata alle aziende interessate a promuovere il loro brand attraverso un record. Il record stabilito lo scorso marzo da Herbalife – azienda che opera nel settore alimentare con la promessa di perdita di peso – riguarda per esempio “il maggior numero di persone (4mila) che abbiano mai effettuato insieme e nello stesso luogo un esercizio fisico ad alta intensità”: un record strettamente collegato al settore in cui Herbalife opera, e anche un record che quindi potrebbe essere messo in discussione in quanto poco oggettivo e molto tendente al prodotto pubblicitario. Scrive Slate: “se il Guinness dei primati è sia un record che una società pubblicitaria, possiamo ancora fidarci dei suoi record?”.
A livello pratico, spiega l’autore dell’articolo su Slate, i record – anche quelli “sponsorizzati” – sono soggetti a un rigoroso processo di verifica a parte di giudici nominati dal Guinness dei primati: ma è una posizione difficile, in cui imparzialità e ragioni economiche faticano a coesistere. Al momento non ci sono prove evidenti della non affidabilità del giudizio: nonostante questo, scrive il giornalista di Slate, “prendereste in modo diverso le mie conclusioni se vi dicessi che il Guinness dei primati mi ha pagato 8mila dollari per scrivere questo articolo?”.