C’è un quasi accordo sul nucleare iraniano
L'Iran limiterà molto il processo di arricchimento dell'uranio, i paesi europei e gli Stati Uniti rimuoveranno le sanzioni: è un buon inizio, un piano definitivo sarà firmato a fine giugno
A Losanna, in Svizzera, è stato annunciato il raggiungimento di una specie di accordo politico – più precisamente una serie di parametri generali – sul nucleare iraniano tra i rappresentanti dell’Iran e quelli dei paesi del cosiddetto gruppo “5+1”, cioè i cinque che hanno il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania. I punti su cui è stato trovato l’accordo sono stati inclusi in una dichiarazione congiunta letta di fronte ai giornalisti dal capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, e dal ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif: tra le altre cose, è stato deciso di limitare il processo di arricchimento dell’uranio – necessario per la costruzione di un’arma nucleare – alla sola installazione di Natanz, ed è stato stabilito che le sanzioni economiche imposte all’Iran saranno tolte una volta che il governo iraniano avrà dimostrato di rispettare i patti. L’accordo sarà completato entro il 30 giugno. È stato definito da diversi analisti un “buon accordo”, al di sopra delle aspettative.
L’obiettivo dei negoziati era quello di evitare che l’Iran si dotasse di una bomba atomica, una possibilità che i leader iraniani smentiscono da anni, sostenendo che il loro programma nucleare sia puramente pacifico. I negoziati sono stati lunghi e complicati e a un certo punto erano sembrati sul punto di saltare. L’accordo trovato oggi non è definitivo, ma è considerato comunque molto importante: i dettagli tecnici di quello che si è deciso saranno discussi in un nuovo vertice che dovrà concludersi entro il 30 giugno. I colloqui di Losanna sono stati a loro volta il seguito dei negoziati del novembre 2013 a Ginevra, quando fu firmato uno storico accordo di massima sull’interruzione parziale del programma nucleare iraniano in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran.
Come siamo arrivati a questo punto
Negli ultimi trent’anni l’Iran è stato uno dei più grandi problemi della politica estera di diversi stati occidentali. Nel 1979 una rivoluzione fece nascere una Repubblica Islamica in quello che finora – sotto il governo dello scià, una specie di re – era stato il principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Per i paesi occidentali fu un problema non da poco, vista l’importanza che la regione aveva sul piano della produzione ed esportazione di gas e petrolio.
Gli anni successivi al 1979 furono particolarmente difficili per gli iraniani: prima ci fu la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, che durò 8 anni e che fu uno dei più lunghi, inutili e sanguinosi conflitti della storia del Medioriente; poi iniziò la collaborazione sempre più stretta con alcuni dei regimi considerati nemici o avversari dell’Occidente (Siria, Corea del Nord, Cina) e con alcuni movimenti terroristici mediorientali, fra cui il libanese Hezbollah. Dal 2006 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha imposto diverse sanzioni economiche e commerciali sull’Iran per fermare i tentativi iraniani di costruzione della bomba atomica – tentativi comunque sempre negati dall’Iran, che rivendica il suo diritto a sviluppare l’energia nucleare civile ma è stato spesso opaco nel fornire delucidazioni su impianti e progetti.
Dal 24 novembre in poi
L’accordo raggiunto il 24 novembre del 2013 era stato considerato «storico» proprio per tutta la storia dell’Iran e per la chiusura del regime degli ultimi decenni. Una delle condizioni più decisive che ha reso possibile trovare un accordo tra le parti è stata la nuova politica di apertura verso l’Occidente del presidente iraniano Hassan Rouhani, molto diversa dall’atteggiamento aggressivo del precedente presidente, Mahmud Ahmadinejad. Da mesi, comunque, sia Rouhani sia Obama vengono criticati dai politici con posizioni più intransigenti sia negli Stati Uniti che in Iran. I Repubblicani americani – sulla linea di quanto ritiene il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che da anni insiste sul tema – credono che un accordo di questo tipo potrebbe indebolire la posizione degli Stati Uniti in Medio Oriente e mettere in pericolo paesi alleati come Arabia Saudita e Israele. In Iran invece gli oppositori dell’accordo sono quelli che non condividono la linea più morbida introdotta dal presidente Hassan Rouhani nei confronti dell’Occidente.
L’attuale situazione del Medio Oriente e Nord Africa aveva reso tutto ancora più complicato: per esempio uno dei paesi che più si oppone al nucleare iraniano è l’Arabia Saudita, che da pochi giorni ha cominciato una guerra aperta in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi, appoggiati e finanziati dall’Iran. Gli Stati Uniti, alleati dell’Arabia Saudita e avversari dell’Iran, si sono ritrovati a combattere a fianco delle milizie sciite appoggiate dagli iraniani a Tikrit, in Iraq, contro l’ISIS (o Stato Islamico). Queste due situazioni in particolare avevano fatto parlare molti di un ulteriore rallentamento dei negoziati.