Facebook traccia tutti, anche chi non è iscritto a Facebook
Un'indagine belga dice che i cookies – i file che dicono chi siamo e che siti visitiamo – vengono installati anche sui computer di chi visita i post pubblici o le pagine web col tasto "mi piace"
Facebook tiene traccia delle attività online dei suoi iscritti e anche di quelle delle persone che non sono iscritte a Facebook ma che visitano i suoi post pubblici o i siti che contengono al loro interno il suo tasto “Mi piace” (quindi ormai tantissimi). Secondo i ricercatori dell’Agenzia per la protezione dei dati personali del Belgio, la pratica seguita da Facebook viola diverse leggi europee per la tutela della privacy, perché in molti casi le attività degli utenti sono registrate senza il loro consenso esplicito. L’indagine è stata realizzata da alcuni centri di ricerca universitari belgi in seguito a un rapporto precedente, che aveva messo in evidenza possibili violazioni dei regolamenti sulla privacy in Europa da parte di Facebook. I responsabili del social network hanno risposto dicendo di non essere stati consultati durante la fase di ricerca e hanno detto che ci sono “diverse inesattezze” nel rapporto, di cui si è occupato con un lungo articolo il giornale britannico Guardian dopo averne ricevuta una copia in anticipo.
Cookies
Come molti altri siti, anche Facebook installa nel programma che si usa per navigare un “cookie”, un file che contiene al suo interno diverse informazioni che gli servono per riconoscere l’utente alla sua visita successiva e capire di chi si tratta, senza dovergli chiedere ogni volta la password o altri sistemi di identificazione. I cookie sono anche utilizzati per tenere traccia delle attività dello stesso utente, in modo da dargli diversi servizi e da proporgli pubblicità più consone ai suoi interessi, sulla base delle cose che guarda online. Secondo la ricerca pubblicata in Belgio, Facebook installa un cookie in tutti i browser che visitano una delle sua pagine su facebook.com, anche se la persona che lo fa non è iscritta al social network.
Il cookie viene anche utilizzato quando una persona visita un sito diverso da facebook.com, ma che al suo interno contiene il tasto “Mi piace” messo a disposizione da Facebook per condividere facilmente un contenuto sul proprio profilo. Il tasto è presente su più di 13 milioni di siti e viene visualizzato ogni giorno da centinaia di milioni di persone. Secondo i ricercatori è sufficiente la presenza del tasto per tracciare le attività dell’utente, senza che questi ci clicchi sopra per condividere qualcosa.
Privacy
Le normative dell’Unione Europea sulla privacy prevedono che ogni utente sia avvisato e dia il proprio consenso prima che un sito installi nel suo browser un cookie. Di solito, durante la prima visita, il sito mostra un messaggio nel quale si spiega che per il suo funzionamento sono utilizzati alcuni cookie, dando la possibilità all’utente di accettare il loro utilizzo o di abbandonare. Sono previste alcune eccezioni a questa regola, se per esempio il cookie è strettamente necessario per il raggiungimento della rete su cui si trova il sito o per ricevere un servizio richiesto esplicitamente dall’utente.
Le regole per la privacy di Facebook, su cui la società è intervenuta più volte e che sono spesso criticate per essere poco chiare e comprensibili, dicono che in effetti sono raccolte “informazioni quando visiti o usi siti di terze parti e applicazioni che utilizzano i nostri servizi”. Nella sezione sui cookie viene inoltre ricordato che i cookie sono utilizzati anche con gli utenti che non hanno un account o che in quel momento non sono collegati a Facebook “per permetterci di offrire, selezionare, valutare, misurare e capire gli annunci pubblicitari che mostriamo dentro e fuori Facebook”.
Tenendo traccia delle attività degli utenti, Facebook raccoglie informazioni utili per migliorare le sue pubblicità e renderle più coerenti con i gusti e gli interessi di ogni singola persona. Pubblicità più interessanti hanno maggiori probabilità di essere notate, e di conseguenza rendono di più a Facebook, che le ospita all’interno dei suoi servizi. Ogni utente ha la possibilità di dire a Facebook di non essere tracciato (opt-out), ma secondo gli autori della ricerca e altre organizzazioni per la tutela della privacy, per le leggi europee deve essere il contrario: agli utenti dovrebbe essere richiesto se vogliono o meno essere tracciati da subito; in questo modo la scelta sarebbe più consapevole.
Opt-out
Il meccanismo per dire a Facebook di non tracciare le proprie attività è inoltre tortuoso e prevede l’utilizzo di siti gestiti da altre organizzazioni, che fanno da garanti (sistemi simili sono attivi anche per Google, Microsoft e altre grandi aziende). A seconda della propria posizione geografica, spiegano sul Guardian, per fare opt-out si viene mandati su siti gestiti dalla Digital Advertising Alliance negli Stati Uniti o sulla European Digital Advertising Alliance (EDAA) nell’Unione Europea. I ricercatori hanno però scoperto che se si utilizza il sistema dell’EDAA per rinunciare al tracciamento, Facebook provvede a installare un nuovo cookie nel browser che ha una durata di due anni e che sostanzialmente serve per dire ai sistemi di Facebook di non tracciare le attività. Per gli autori della ricerca è paradossale che un sistema per fare opt-out da un cookie porti all’installazione di un altro cookie (che comunque non contiene informazioni che permettano di identificare un singolo utente). I motivi per cui viene installato il nuovo cookie non sono chiari, anche perché i ricercatori hanno notato che questa condizione si verifica solamente per gli utenti europei, mentre non si presenta per chi fa opt-out negli Stati Uniti o in Canada, per esempio.
La risposta di Facebook
Un portavoce di Facebook ha criticato duramente la ricerca realizzata in Belgio, dicendo che contiene “inesattezze” su diversi fatti e sostenendo che gli autori non si siano mai messi in contatto con Facebook per avere “chiarimenti sulle supposizioni su cui hanno basato il loro studio”. Sempre secondo Facebook, i ricercatori avrebbero declinato diversi inviti a confrontarsi sul tema prima della pubblicazione del rapporto. Gli autori hanno però detto che le cose sono andate diversamente e che “a oggi non siamo stati contattati direttamente da Facebook, né abbiamo ricevuto richieste per incontrarci. […] Se Facebook ritiene che ci siano stati errori, saremo lieti di accogliere qualsiasi specifico commento che vorranno fare”.