Otto grandi canzoni degli AC/DC
Da riascoltare oggi che il chitarrista e fondatore Angus Young compie 60 anni
Angus Young, chitarrista fondatore degli AC/DC insieme al fratello Malcolm, è nato a Glasgow, in Scozia, il 31 marzo del 1955, e oggi compie 60 anni. Queste sono le otto canzoni della sua band che Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, ha scelto per il suo libro Playlist, da quella del grande ritorno, dopo la morte del cantante Bon Scott, a quella famosissima che comincia con le campane.
AC/DC
(1973, Sydney, Australia)
Allora si sosteneva che facessero “hard rock”. Poi si cominciò a chiamarlo “heavy metal”, cambiò mille altri nomi, e oggi a risentirli sembrano le Vibrazioni, al confronto con quel che arrivò dopo. Australiani, spettacolari dal vivo, dotati di un seguito sfegatato e di un logo riprodotto allora sulle t-shirt e gli zainetti dei ragazzotti di mezzo mondo, raggiunsero un pubblico ancora più vasto con un disco quasi perfetto, nero nero, Back in black.
Whole lotta Rosie
(Let there be rock, 1977)
Pezzaccio fatto solo di un riff leggendario di chitarra (che in una famosa versione live è intervallato dal pubblico che grida in coro il nome di Angus Young: “Angus!”), un rock’n’roll da abbecedario e un assolo che pare di vederlo. Il titolo imita “Whole lotta love” dei Led Zeppelin, dove però Rosie è una celebrata amante di Bon Scott del peso di 120 chili: “non è esattamente carina, e non è esattamente piccola”. Ma fa delle cose, Rosie, che nessun’altra mai.
Let there be rock
(Let there be rock, 1977)
Predicone heavy metal: “Che sia rock, e rock fu”. “In the beginning” eccetera, e via con l’epica biblica della musica. Schitarrate come se piovesse, e piove vero rock’n’roll, ripreso da Chuck Berry.
Riff raff
(Powerage, 1978)
L’attacco di “Riff raff” è un crescente baccano da amplificatori distorti, particolarmente apprezzabile come introduzione dal vivo: “if you want blood you’ve got it”. E poi una sparatoria di assoli di chitarra.
Highway to hell
(Highway to hell, 1979)
A quanto si dice, un giornalista chiese come fosse essere sempre in tour, e Angus Young rispose “un’autostrada per l’inferno”.
Back in black
(Back in black, 1980)
Il titolo spiega il ritorno della band dopo la morte del cantante Bon Scott: aveva 33 anni e fu trovato morto in una macchina per “intossicazione da alcolici” dopo una notte di eccessi. Quanto alla canzone, ricorda molto “Highway to hell”: attacco sensazionale anche qui, e il resto vien da sé. Negli Stati Uniti Back in black è il quarto disco più venduto della storia.
Hell’s bells
(Back in black, 1980)
Le campane più famose della storia del rock, registrate al memoriale della Prima guerra mondiale di Loughborough, in Inghilterra. Trevor Hoffmann, uno dei più popolari lanciatori del campionato di baseball americano (gioca nei San Diego Padres dal 1993), fa suonare da sempre “Hell’s bells” al suo ingresso in campo.
You shook me all night long
(Back in black, 1980)
Il pezzo più da classifica della band, e infatti andò bene. Ospita il notevole verso: “She told me to come but I was already there”, che non ci si sente di tradurre qui. Non ci crederete, ma ce n’è una cover di Anastacia con Céline Dion.
For those about to rock
(we salute you)
(For those about to rock we salute you, 1981)
Il titolo starebbe per “Rockituri te salutant”, essendo un’elaborazione di un passo letto su un libro di gladiatori. L’inizio ha ancora qualcosa degli Who, poi c’è il coro, e i cannoni. Di norma, era il pezzo che chiudeva i concerti.