Il calo delle vendite di Prada ha a che fare con la legge anti-corruzione cinese?
Secondo diversi analisti è uno dei principali motivi per cui l'azienda per la prima volta in 4 anni ha guadagnato meno del previsto
Gli utili annuali di Prada, la famosa marca di moda italiana, sono diminuiti per la prima volta da quando l’azienda si è quotata nella borsa di Hong Kong, quattro anni fa: sono stati pari a 450,7 milioni di euro, meno dei 475,9 milioni di euro previsti dagli analisti, mentre l’anno precedente erano stati pari a 627,8 milioni di euro. La riduzione è legata al calo di vendite in Europa, che è stato del 4,9 per cento, ma soprattutto in Cina, dove secondo gli analisti è stato causato dalla campagna anti-corruzione lanciata dal governo tre anni fa: il mercato asiatico, che assorbe il 35,7 per cento delle vendite totali di Prada, nell’ultimo anno è diminuito del 3,1 per cento. Considerato che il calo delle vendite in Europa è causato in parte dalla crisi economica e in parte dalla diminuzione del turismo proveniente dall’Asia, si può dire che la crisi di Prada è legata in buona parte all’Asia e soprattutto alla Cina. Negli Stati Uniti e in Giappone l’azienda ha invece aumentato la vendita al dettaglio, cosa che non è stata però sufficiente a controbilanciare il calo di profitti in Asia.
Prima della campagna anti-corruzione, in Cina erano molto diffuse diverse pratiche per corrompere i dirigenti del governo cinese: banchetti dispendiosi, viaggi in hotel a cinque stelle e regali di lusso. La riforma li ha resi più facili da tracciare e punire: tra le conseguenze c’è stata anche la diminuzione dei viaggi dei ricchi dell’entroterra a Macao, l’unica città cinese in cui i casinò e il gioco d’azzardo sono legali. Lo stesso è accaduto a Hong Kong, dove il turismo è stato indebolito soprattutto dalle proteste anti-governative: nel 2014 i manifestanti hanno bloccato le strade principali della città, occupandole per 79 giorni. Il risultato è stato un notevole calo delle vendite dei beni di lusso a Hong Kong e Macao, che si sono parzialmente riversate nella Corea del Sud, nuova meta di molti ricchi e dirigenti cinesi: qui Prada dice infatti di aver registrato un aumento delle vendite. La diminuzione dei profitti di Prada in Cina è anche legata però a un minor interesse verso il marchio da parte dei clienti orientali – sempre più interessati a prodotti sofisticati, di nicchia e senza grossi loghi – e ai tassi di cambio sempre più volatili. Prada infine è stata colpita anche dall’aumento dell’aliquota fiscale, passata dal 30,9 per cento dell’anno prima al 31, 2 per cento del 2014.
Gli effetti della campagna contro la corruzione – che si erano già visti nei dati del primo trimestre del 2014 – non hanno interessato soltanto Prada, ma anche altri marchi del settore, come per esempio la società rivale LVMH che vende i prodotti di Louis Vuitton e Christian Dior: a febbraio ha annunciato i ricavi dell’anno prima registrando una contrazione delle vendite in Cina e a Hong Kong. Lo scorso mese Prada aveva anticipato alcuni dati sulle vendite, spiegando che il mercato di Macao e quello di Hong Kong – quelli più colpiti dalle misure anti-corruzione cinesi – si erano deteriorati «in modo significativo». Oggi ha commentato dicendo il gruppo «sta lavorando per contenere i costi nel breve periodo e prendere nuove misure che aumenteranno l’efficenza globale degli affari».
Foto: un negozio di Prada a Pechino (Feng Li/Getty Images)