L’omicidio di Maurizio Gucci
Il 27 marzo del 1995 l'erede di uno dei più famosi marchi di moda al mondo fu ucciso in centro a Milano; l'ex moglie fu poi condannata come mandante
Il 27 marzo 1995 morì Maurizio Gucci, figlio dell’attore Rodolfo Gucci e nipote di Guccio Gucci, il fondatore dell’omonimo marchio di moda italiano. Maurizio Gucci fu ucciso con quattro colpi di pistola da un uomo nell’atrio degli uffici della società Vierse di via Palestro 20 a Milano. Qualche tempo dopo la sua ex moglie, Patrizia Reggiani, fu identificata come mandante dell’omicidio: venne condannata insieme agli esecutori dell’omicidio e all’intermediaria, la “maga” Pina Auriemma.
Maurizio Gucci era nato a Firenze il 26 settembre 1948, ed era stato un imprenditore ed erede della casa di moda Gucci, fondata a Firenze dal nonno Guccio Gucci nel 1921. Si sposò con Patrizia Reggiani nel 1973, con cui ebbe due figlie e da cui divorziò dopo 12 anni. Quando fu ucciso, Maurizio Gucci era già uscito dall’attività di famiglia: aveva ceduto nel 1993 le sue quote di Gucci alla Investcorp, una società finanziaria di investimento anglo-araba, e aveva fondato da poco la nuova società Vierse.
La mattina del 27 marzo 1995, verso le 8.30, Maurizio Gucci uscì da casa sua in corso Venezia 38 per andare a piedi nella sede della Vierse, distante soltanto poche centinaia di metri. Gucci salì i gradini per raggiungere l’atrio del palazzo, dove ebbe giusto il tempo di salutare il portinaio dello stabile, Giuseppe Onorato, prima che un uomo lo seguisse dentro e gli sparasse quattro volte, colpendolo a morte solo con il quarto colpo. L’uomo salì poi su una Renault Clio verde che lo aspettava fuori, con un uomo alla guida.
Nella sparatoria restò ferito anche il portinaio, che fu testimone oculare del fatto e che raccontò poi ai giornali:
«Arriva il dottor Gucci. Lo saluto, è elegantissimo come sempre. Sale sette gradini fino alla porta a vetri, che avevo aperto per pulire. Dietro di lui entra un uomo, altrettanto elegante, abbronzato con un giaccone di cammello. Sembrava un altro dottor Gucci, insomma nulla che facesse presagire qualcosa…senonchè apre la giacca e io rammento perfettamente queste mani enormi da cui spunta solo il silenziatore di una pistola. Era davvero come un film, pensavo a uno scherzo, non c’era niente di vero. Invece spara quattro colpi, poi si gira, mi vede. Sgrana gli occhi, come se non se l’aspettasse, e spara anche a me. Io alzo un braccio istintivamente, sento qualcosa, poi mi siedo sui gradini. Pensavo, giuro, che a quel punto dovessi morire, proprio come in un film»
Le indagini presero in considerazione numerose ipotesi, partendo dagli affari in cui era coinvolto Gucci. Scartata l’ipotesi del cugino Paolo Gucci, con cui i rapporti erano molto tesi da tempo a causa di diverse opinioni sugli affari di famiglia, gli investigatori cominciarono a indagare sulla compagna di Maurizio Gucci, Paola Franchi, con cui l’imprenditore aveva una relazione stabile da tempo, e la ex moglie Patrizia Reggiani. Ci vollero due anni di indagini per trovare le prove che Reggiani fosse effettivamente la mandante dell’omicidio: un informatore della polizia disse al commissario a capo delle indagini, Filippo Ninni, che un portiere d’albergo, Ivano Savioni, si era vantato di essere coinvolto nell’omicidio.
Ivano Savioni aveva molti legami con una donna che lavorava come “maga”, Pina Auriemma, e che era amica e confidente dell’ex moglie di Gucci, Patrizia Reggiani. Grazie alle intercettazioni telefoniche emersero i dettagli dell’omicidio e della sua pianificazione: secondo questa ricostruzione, la mandante era Patrizia Reggiani, consigliata da Pina Auriemma, mentre l’esecutore era Benedetto Ceraulo. Il 30 gennaio 1997 vennero arrestati insieme a Ivano Savioni e Orazio Cicala, accusato di guidare la Renault Clio.
Il processo iniziò l’11 maggio 1998, dopo 16 mesi di carcere per gli imputati: il 20 ottobre 1998 il pubblico ministero chiese l’ergastolo per tutte e cinque le persone coinvolte. Il 3 novembre i giudici decisero per una pena di 29 anni di carcere per Reggiani, mentre diedero l’ergastolo a Ceraulo e Cicala. Infine condannarono Savioni a 27 anni e Auriemma a 25 anni. Dopo 17 anni di carcere, Patrizia Reggiani è stata liberata per la sospensione della pena nel settembre del 2013 e ha cominciato a lavorare per una casa di moda milanese del marchio Bozart. Reggiani si è sempre detta innocente e ha detto di essere stata ricattata dalle altre persone coinvolte. In un’intervista al Giornale nel novembre del 2014 disse: «Non volevo Maurizio morto, l’avevo amato come una pazza, era il padre delle mie figlie. In quel momento della mia esistenza, però, ero convinta che un essere come lui non fosse degno di vivere. Perché? Non lo dirò mai».