Le elezioni in Nigeria
Parlamentari e presidenziali, insieme: a causa di attentati e ritardi nelle procedure di voto in alcune zone del paese si voterà anche domenica
Dopo un rinvio di sei settimane per ragioni di sicurezza, sabato 28 marzo si sono svolte in Nigeria le elezioni presidenziali e parlamentari. La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa e quello che ha l’economia più grande ma è anche, come ha scritto il settimanale Economist, «una polveriera pronta a esplodere». L’attuale presidente è Goodluck Jonathan, che cerca un secondo mandato. Il suo principale avversario è l’ex generale Muhammadu Buhari. Vista la complicata situazione del paese – nel nord è in vigore lo stato di emergenza per gli attacchi del gruppo di estremisti islamici Boko Haram – il governo ha deciso la chiusura delle frontiere, terrestri e marittime. A causa di alcuni attacchi di uomini armati e di ritardi nelle procedure di voto, in alcune parti del paese le elezioni sono state estese anche a domenica.
Il sistema elettorale e qualche numero
La Nigeria è una repubblica federale: è formata da 36 stati più il territorio della capitale Abuja. Il potere esecutivo è detenuto dal presidente, eletto una volta ogni quattro anni, che può mantenere l’incarico per due mandati al massimo. La Costituzione prevede poi un parlamento (l’Assemblea Nazionale), composto da una Camera dei rappresentanti e da un Senato.
Il candidato che avrà ottenuto il maggior numero di voti, di cui almeno il 25 per cento nei due terzi dei 36 stati della Nigeria, verrà dichiarato vincitore al primo turno. Nel caso questo non avvenga ci sarà un ballottaggio tra i primi due candidati: secondo la Costituzione dovrebbe avvenire entro sette giorni, ma la commissione elettorale ha già fatto sapere che molto probabilmente la data slitterà per problemi organizzativi. Per vincere al ballottaggio basta una maggioranza semplice.
Potranno votare i cittadini che hanno compiuto 18 anni (circa 70 milioni). La legge elettorale è stata modificata lo scorso gennaio per permettere a circa un milione di sfollati di votare in strutture appositamente create vicino o all’interno dei campi profughi. Ci saranno circa 150 mila seggi in tutto il paese e saranno aperti dalle 8 ora locale di sabato 28 marzo. Gli elettori dovranno recarsi al seggio entro le ore 13. Il seggio verrà chiuso quando avrà votato l’ultimo della fila. Saranno presenti diversi osservatori internazionali per monitorare le elezioni, anche se l’Unione Europea ha fatto sapere che i suoi inviati non andranno nel nord-est del paese per problemi di sicurezza.
Il prossimo 11 aprile ci saranno nuove elezioni per scegliere i nuovi governatori di 29 stati e le rispettive assemblee. I candidati alla presidenza del paese sono in totale 14, ma solo due sono quelli che hanno la maggior probabilità di vincere.
I principali candidati
L’attuale presidente è Goodluck Jonathan, del Partito Democratico Popolare (PDP), di orientamento conservatore e al potere dal 1999: ha 57 anni, è cristiano e gode del consenso delle regioni più prospere del sud (a maggioranza cristiana). Il suo principale avversario è l’ex generale Muhammadu Buhari, 72 anni, musulmano, membro del partito Congresso di Tutti i Progressisti (APC) e sostenuto dai quattro principali partiti attualmente all’opposizione.
Negli anni Ottanta Buhari era già stato per breve tempo parte di un governo militare. In passato il partito di Jonathan ha accusato Buhari di voler imporre «un’agenda islamica» alla Nigeria. Durante il suo breve governo, che fu rovesciato da un colpo di stato, Buhari si era distinto per un atteggiamento reazionario e violento: aveva imprigionato giornalisti, espulso migliaia di immigrati e condotto quella che lui stesso definì «una guerra contro l’indisciplina». Ora sembra però che una parte di elettorato guardi con fiducia ai metodi forti e sicuri di Buhari, soprattutto contro Boko Haram. Buhari raccoglie consensi soprattutto nel nord e nell’ovest del paese, dove è concentrata la popolazione musulmana.
Circolano sondaggi molto diversi tra loro, ma la maggior parte dice che le prossime elezioni saranno molto combattute e che entrambi i candidati possono contare su circa il 42 per cento dei consensi, distribuiti piuttosto equamente tra le due metà del paese: è possibile quindi che si andrà al ballottaggio. I principali temi della campagna elettorale sono stati la sicurezza (Jonathan sostiene che Boko Haram sarà sconfitto ad aprile grazie a una maggiore cooperazione internazionale; Buhari ha criticato il governo dicendo che finora è stato inefficace e privo di una reale forza di volontà), l’economia del paese, lo sviluppo, la lotta alla corruzione, lo sviluppo delle infrastrutture.
I soldati e il coprifuoco
In vista delle elezioni il governo ha deciso la chiusura delle frontiere marittime e terrestri. Moltissimi agenti – si parla di circa 360mila – sono schierati già da qualche giorno nelle principali città del paese dove sono state create delle zone ad accesso limitato chiuse da cancelli e barricate: è stato anche annunciato il divieto di circolazione dei veicoli il giorno delle elezioni ed è stato detto che la polizia incoraggerà gli elettori a lasciare il seggio e a rientrare a casa subito dopo aver votato. Alla radio vengono trasmessi di continuo messaggi che invitano alla pace e al rispetto del processo elettorale. Tutto questo è però oggetto di accesi dibattiti nel paese. Diversi giudici federali, per esempio nella città di Lagos, hanno vietato la presenza dei militari per le strade, anche se dal governo centrale hanno fatto sapere che l’esercito dovrà comunque assicurare il rispetto minimo delle norme di sicurezza stabilite. Il principale partito attualmente all’opposizione ha poi invitato gli elettori a rimanere al seggio anche durante il conteggio delle schede in modo da garantire la trasparenza e evitare i brogli.
La campagna elettorale dei due principali candidati – nonostante le dichiarazioni formali e la firma di due accordi di pace in cui promettono di non incitare tensioni di ordine etnico o religioso – non ha però aiutato ad allentare la tensione: entrambi hanno molto insistito sulla tragica situazione che si verrebbe a creare se venisse eletto il rispettivo avversario politico e hanno più volte messo in dubbio l’imparzialità della Commissione elettorale indipendente. In questo clima di tensione e sospetto, diversi analisti hanno espresso preoccupazione riguardo la capacità del candidato che risulterà sconfitto di accettare i risultati. Mercoledì, Olusegun Obasanjo, ex presidente della Nigeria ed ex generale, ha anche messo in guardia contro un ipotetico tentativo di colpo di stato militare, cosa non certo nuova nel paese: dopo l’indipendenza raggiunta nel 1960, per anni in Nigeria c’è stato praticamente un colpo di stato dietro l’altro. Si sono alternati soprattutto presidenti provenienti dall’esercito, che hanno guidato governi molto corrotti.
Le ultime elezioni in Nigeria, vinte da Goodluck Jonathan contro Muhammadu Buhari, nel 2011, hanno portato a tre giorni di scontri molto violenti e a circa 800 morti. Dall’inizio di quest’ultima campagna elettorale sono state uccise circa 60 persone. Una vittoria di Buhari potrebbe causare nuove rivolte nella zona del delta del Niger, dove si trova la maggior parte degli impianti petroliferi del paese: è una regione dove sono in corso scontri da quasi dieci anni, anche se negli ultimi tempi la situazione si è in qualche misura normalizzata. Una nuova e più violenta rivolta nell’area potrebbe causare un arresto della produzione di petrolio con conseguenze molto gravi per tutta l’economia nigeriana. D’altro canto una vittoria di Jonathan potrebbe aggravare ulteriormente la rivolta già in corso nel nord. Il gruppo Boko Haram potrebbe ricevere nuove reclute, finanziamenti e appoggio, ed espandere la sua campagna militare che ha causato la morte di almeno duemila persone in tutto il paese soltanto nell’ultimo mese.
La Nigeria
La Nigeria è uno stato dell’Africa Occidentale. Confina con il Benin, il Niger, il Ciad e il Camerun: è lo stato più popolato di tutto il continente, con oltre 170 milioni di abitanti. Tra il Cinquecento e l’Ottocento milioni di nigeriani furono imprigionati e trasferiti in America come schiavi. All’inizio dell’Ottocento il popolo dei Fulani istituì nel nord della Nigeria il Califfato di Sokoto, un potente stato islamico che venne poi smantellato dalle potenze europee all’inizio del Novecento. La Nigeria è stata una colonia britannica fino al 1960, anno in cui ha ottenuto l’indipendenza: per via delle migliaia di minoranze etno-linguistiche presenti sul territorio nazionale, degli squilibri accumulati durante il periodo coloniale e delle divisioni religiose – il nord è a maggioranza musulmana, il sud a maggioranza cristiana – il processo di costruzione dello stato nazionale è stato faticoso, e il risultato fragile.
Recentemente la Nigeria ha superato il Sudafrica come economia più grande del continente, grazie soprattutto a una revisione del calcolo del PIL che ha tenuto conto della rapida crescita di alcuni nuovi settori, come la telefonia mobile. Negli ultimi 15 anni la Nigeria ha comunque mantenuto una delle crescite reali più rapide del mondo, ma non in modo omogeneo. Il paese è profondamente diviso tra un sud a maggioranza cristiana più prospero, grazie soprattutto a grossi giacimenti di petrolio, e un nord a maggioranza musulmana molto più povero. Il petrolio è molto importante per l’economia nigeriana (conta per circa il 90 per cento dell’esportazioni e garantisce quasi due terzi delle entrate del governo) ma è per lo stesso motivo molto vulnerabile alle sue oscillazioni di prezzo. Negli ultimi anni l’economia della Nigeria è comunque riuscita in qualche misura a diversificarsi: oggi l’industria petrolifera conta per circa il 10 per cento del prodotto interno lordo. Come molti paesi africani, in Nigeria gli indici di corruzione sono molto alti, così come quelli relativi alle diseguaglianze sociali, e la popolazione è divisa anche a livello etnico e religioso.
Boko Haram
Il gruppo estremista islamista Boko Haram è stato fondato in Nigeria nel 2002, anche se in realtà le sue prime attività sembrano risalire agli anni Novanta. Il primo leader del gruppo è stato Mohammed Yusuf, un carismatico religioso musulmano. Il nome “Boko Haram” significa in hausa, una lingua locale, “l’educazione occidentale è proibita”. La diffusione di Boko Haram è stata facilitata in alcune zone settentrionali della Nigeria da un intenso malcontento nei confronti dell’educazione occidentale. Inoltre, a partire dal 2009, l’esercito e le forze di sicurezza nigeriane hanno condotto una serie di violente repressioni, massacri, esecuzioni e arresti senza processo nei confronti di moltissimi civili. Gli abusi hanno diminuito la fiducia della popolazione locale nelle forze di sicurezza e nel governo centrale, facilitando l’arruolamento di molti giovani a Boko Haram (si stima che attualmente sia formato da circa 6mila miliziani).
Una delle convinzioni principali dei combattenti di Boko Haram è che per i musulmani è proibito avere qualsiasi relazione politica o sociale con l’Occidente. Il primo attacco di Boko Haram è stato condotto nel dicembre del 2003 da circa 200 combattenti contro alcune stazioni di polizia nello stato di Yobe, al confine col Niger. Nel 2009 il gruppo ha iniziato a compiere una serie di attacchi molto intensi e a dire di voler fondare un califfato islamico: ci sono stati scontri con la polizia dove sono rimasti uccisi più di 700 militanti. La polizia arrestò Yusuf, che morì mentre era sotto custodia: fu sostituito da Abubakar Shekau, attuale leader di Boko Haram. Nel 2013 Boko Haram è stato inserito dagli Stati Uniti nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Da anni Boko Haram conduce razzie nei villaggi, distruggendo abitazioni e punendo duramente la popolazione, con uccisioni, stupri e rapimenti. Dal 12 marzo scorso Boko Haram si considera un gruppo “affiliato” allo Stato Islamico (o ISIS): il suo obiettivo è istituire un Califfato Islamico. Finora l’esercito della Nigeria non è riuscito a contenere la sua espansione anche a causa, come hanno spiegato diversi analisti, di una strategia fallimentare: le cause sono principalmente la corruzione all’interno dell’esercito, i bassi stipendi dei soldati e i frequenti casi di ammutinamento. Dall’inizio di febbraio sono intervenuti in aiuto della Nigeria anche gli eserciti di Ciad e Niger.