Pirelli sarà venduta ai cinesi?
Sono in corso le ultime discussioni per cedere la società a ChemChina e toglierla dalla borsa dopo 93 anni: la sede e la ricerca e sviluppo dovrebbero restare in Italia
Sabato 21 marzo i consigli di amministrazioni delle società che controllano Pirelli – multinazionale con sede a Milano, quinto produttore di pneumatici al mondo – si sono riuniti per approvare un riassetto della società al termine del quale Pirelli sarà controllata dalla società cinese ChemChina e potrebbe essere ritirata dalla borsa di Milano dove è attualmente quotata da 93 anni. Il presidente e amministratore delegato di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, ha detto che gli accordi saranno conclusi «entro il fine settimana».
La prima parte dell’operazione dovrebbe riguardare Camfin, che è la holding (cioè una società che possiede altre società) che controlla il 26 per cento di Pirelli ed è a sua volta controllata da una società di Tronchetti Provera, che ne è anche presidente. Camfin cederà la sua quota a un prezzo di 15 euro ad azione a una nuova società costituita in Italia e controllata da ChemChina. Camfin dovrebbe poi investire in questa stessa società parte degli utili della vendita, in modo da non uscire del tutto da Pirelli. Secondo i giornali italiani, in un secondo momento ChemChina acquisterà anche il resto di Pirelli, arrivando a controllarne almeno il 95 per cento: si tratta della quota minima necessaria per ritirare la società dalla borsa, quello che sembra essere lo scopo ultimo dell’operazione.
L’offerta con cui ChemChina si offrirà di acquistare il resto di Pirelli dovrebbe essere sempre di 15 euro ad azione, cosa che porterebbe il gruppo a valere circa 7 miliardi di euro. Venerdì sera, quando si sono diffuse le prime notizie del riassetto della società, il titolo Pirelli è cresciuto di più del 2 per cento, arrivando a valere 15,2 euro ad azione, il livello più alto mai raggiunto. Ora il prezzo delle azioni è quindi superiore a quello offerto da ChemChina, segno che il mercato ritiene l’offerta di ChemChina non abbastanza alta.
L’uscita dalla borsa di Pirelli, che in gergo si chiama “delisting”, servirà a permettere al gruppo un sostanzioso riassetto industriale. Ad esempio, sembra che la divisione pneumatici industriali sarà scorporata da Pirelli e unita alle divisioni pneumatici industriali di ChemChina. La divisione che si occupa di pneumatici per auto, un settore che offre margini di guadagno molto ampi, resterà all’interno di Pirelli, di modo che se la società dovesse ritornare in borsa, potrà presentare alla nuova quotazione dei conti migliori. La nuova Pirelli dovrebbe tornare in borsa nel giro di quattro anni. La presidenza di Tronchetti Provera sarà garantita fino al 2021 e la sede della società, così come le sue divisioni ricerca e sviluppo, dovrebbe rimanere in Italia. Per avere i dettagli definitivi dell’accordo, però, bisognerà aspettare i prossimi giorni.
Pirelli è una società fondata nel 1872 ed è una delle società storiche del grande capitalismo italiano. Nel 2014 ha fatturato più di 6 miliardi di euro e dà lavoro a più di 35 mila persone. Negli ultimi anni la società è stata al centro di diverse operazioni controverse, come quelle in Telecom e la vendita nel 2005 della divisione che si occupava del commercio di cavi. Pochi anni dopo Prysmian, come è stata rinominata “Pirelli cavi”, è riuscita da sola a fare più utili di tutto il resto di Pirelli e oggi fattura più di sette miliardi di euro l’anno. ChemChina è una società cinese di proprietà pubblica con un fatturato di circa 36 miliardi di euro, e si occupa in particolare di prodotti chimici per l’agricoltura, prodotti di gomma e derivati del petrolio.
nella foto: Marco Tronchetti Provera a Milano, il 27 gennaio del 2015. (Gian Mattia D’Alberto / lapresse)