Cosa c’entrano i ceceni con Boris Nemtsov
Per l'omicidio del noto oppositore russo si parla sempre di più del coinvolgimento del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, che è un mezzo dittatore e alleato di Putin
Boris Nemtsov, uno dei principali oppositori del presidente russo Vladimir Putin, è stato ucciso il 26 febbraio scorso a Mosca, poco lontano dal Cremlino. Per il suo assassinio sono state arrestate finora cinque persone, ma diversi giornalisti ed esperti hanno messo in dubbio la correttezza delle indagini che sono state avviate sotto la supervisione di Putin. Un sospettato che aveva confessato, il ceceno Zaur Dadayev, ha in un secondo momento ritrattato le sue dichiarazioni. Nella confusione che si è generata dopo la morte di Nemtsov, hanno scritto Max Seddon su Buzzfeed e David Herszenhorn sul New York Times, ha cominciato a emergere la figura di Ramzan Kadyrov, il presidente della Cecenia e uno dei più fedeli alleati di Putin. Seddon ha scritto che c’è una “forte connessione” tra Kadyrov e l’omicidio di Nemtsov.
Gli arresti
I primi a ipotizzare un coinvolgimento dei ceceni nell’omicidio di Nemtsov sono state le autorità russe e i media vicini al governo: Nemtsov, hanno detto loro, è stato ucciso da alcuni estremisti islamici ceceni per via dei suoi commenti a favore di Charlie Hebdo, il settimanale satirico francese colpito da un attacco terroristico lo scorso gennaio. Dieci giorni dopo l’uccisione di Nemtsov, cinque cittadini ceceni sono stati arrestati dalla polizia russa e i media russi hanno scritto che un sesto sospettato si era fatto saltare in aria prima dell’arresto.
I media russi hanno poi dato la notizia della confessione di Zaur Dadayev, uno dei cinque arrestati. Lo scorso 7 marzo Dadyev è apparso brevemente davanti ai giornalisti durante l’udienza per la convalida del suo fermo al tribunale di Mosca e ha fatto una sola dichiarazione: «Amo il profeta Maometto». Per alcune ore il caso Nemtsov è sembrato chiuso: c’era un movente, un sospettato ed una confessione. Già poche ore dopo gli arresti, tuttavia, è venuto fuori che Dadayev aveva fatto parte per anni del battaglione “Sever”, un corpo di polizia paramilitare alle dipendenze del ministero degli Interni russo. Il battaglione è agli ordini di Alibek Delimhanov ed è dispiegato in Cecenia: Delimhanov è il cugino di Ramzan Kadyrov. Giornalisti ed esperti hanno cominciato ad ipotizzare collegamenti tra Dadayev e Kadyrov, il quale ha spiegato in un post su Instagram di conoscere Dadayev personalmente. Lo ha anche definito un “vero patriota russo” e “un guerriero coraggioso”. Pochi giorni dopo Dadayev ha detto che la confessione gli era stata estorta sotto tortura.
Chi è Kadyrov?
Ramzan Kadyrov ha 38 anni e dal 2005 è succeduto al padre Akhmat, ucciso in un attentato, alla guida della Cecenia, una repubblica del Caucaso a maggioranza musulmana che fa parte della Federazione Russa. Kadyrov è un leader eccentrico che ama mostrarsi su Instagram mentre impugna pistole o fa altre attività da “macho” (e in questo ricorda molto il suo alleato Putin, che si fa spesso fotografare a torso nudo, oppure durante incontri di arti marziali a cui partecipa in prima persona).
L’immagine di “uomo duro” con cui vuole farsi conoscere Kadyrov si adatta abbastanza bene alla Cecenia, che da anni è una delle regioni più turbolente della Russia. Negli ultimi 20 anni l’esercito russo ha combattuto due guerre per stroncare i movimenti indipendentisti locali. Sconfitti in campo aperto, alcuni di questi gruppi hanno intrapreso la strada della radicalizzazione islamica e hanno iniziato ad usare tattiche terroristiche. L’attacco più celebre compiuto dai separatisti ceceni è stato quello del 2002 al teatro Dubrovka di Mosca, dove morirono 162 persone. L’ascesa di Kadyrov ha portato la Cecenia a essere apparentemente più stabile, anche se in un attacco degli islamisti avvenuto a Grozny lo scorso dicembre sono state uccise 16 persone. Secondo Seddon, tra Putin e Kadyrov esiste una sorta di accordo informale: la Russia finanzia il regime di Kadyrov, che in cambio reprime ogni forma di dissenso anti-russo e combatte gli estremisti islamici ceceni con metodi discutibili e compiendo violazioni sistematiche dei diritti umani.
Kadyrov, ha scritto il New York Times, è stato collegato a quasi tutti i più importanti omicidi politici avvenuti in Russia negli ultimi anni (anche se non sono mai state trovate prove definitive del suo coinvolgimento): da quello della giornalista Anna Politkovskaja, nel 2006, a quello dell’attivista per i diritti umani Natalya Estemirova, rapita nel suo appartamento di Grozny, la capitale della Cecenia, nel 2009. Anche gli avversari politici di Kadyrov, ha scritto Seddon, «hanno la tendenza a finire ammazzati». Ad esempio, Ruslan B. Yamadayev, un rivale di Kadyrov, è stato ucciso a Mosca nel 2008, e suo fratello Sulim a Dubai, nel 2009. Umar Israilov, una sua ex guardia del corpo, è stato ucciso a Vienna nel 2009.
La repubblica islamica di Cecenia
Lo scorso gennaio, pochi giorni dopo gli attacchi di Parigi, Kadyrov ha organizzato a Grozny un raduno a cui hanno partecipato circa 800 mila persone per manifestare contro il giornale satirico Charlie Hebdo. Si è trattato di un evento simbolico che ha mostrato come Kadyrov abbia usato l’islamizzazione per stabilizzare la Cecenia (Kadyrov ha “islamizzato” la Cecenia per contenere l’estremismo islamico). Ancora oggi a Grozny accanto ai grandi poster che raffigurano Putin sono affissi quelli con la scritta «Amiamo il profeta Maometto». Negli ultimi anni Kadyrov ha introdotto la sharia, la legge islamica: ha anche detto di essere favorevole ai delitti d’onore e ha portato avanti campagne per costringere le donne a indossare il velo.
Kadyrov incontra frequentemente i leader spirituali della comunità musulmana che vive in Russia. Secondo Alexey Malashenko, che ha scritto un lungo articolo per il Carnegie Moscow Center, il suo obiettivo è diventare uno dei leader della comunità musulmana russa formata da circa 15 milioni di persone, a cui bisogna aggiungere quattro o cinque milioni di immigrati dall’Asia Centrale. Nelle prime fasi della crisi in Ucraina, Kadyrov aveva detto di avere ai suoi ordini 74 mila soldati, pronti a marciare su Kiev. Lo scorso dicembre circa 20mila miliziani si sono ritrovati allo stadio di Grozny per giurare fedeltà a Kadyrov, che li ha accolti gridando: «Allah è grande!».
I problemi con l’FSB
Le aspirazioni di Kadyrov, scrive Malashenko, potrebbero essere diventate un problema per Putin. Poco prima di essere ucciso, Nemtsov aveva parlato molto del problema della politica russa in Cecenia. A differenza degli altri leader delle repubbliche autonome russe, Kadyrov ha il comando diretto dei paramilitari che operano nello stato, come gli uomini del battaglione “Sever” di cui faceva parte Dadyev. Secondo Malashenko, «l’FSB – i servizi segreti russi – odiano Kadyrov perché non possono controllarlo. Può fare quello che vuole anche a Mosca. Nessuno può arrestare i suoi uomini senza il permesso di Putin».
Gli uomini di Kadyrov, come gran parte del suo regime, si sostengono grazie ai massicci finanziamenti di Mosca. La Russia sta attraversando una crisi economica sempre più grave: «Non ci sono più soldi in Russia, nemmeno quelli per finanziare le repubbliche autonome», aveva scritto Nemtsov un mese prima di essere ucciso. Nemtsov si era anche chiesto: «Dove andranno quegli uomini quando i soldi finiranno?». Nemtsov diceva che se un giorno Mosca dovesse smettere di finanziare il regime in Cecenia, gli uomini di Kadyrov potrebbero cambiare obiettivo: non più indirizzarsi contro Kiev, ma contro Mosca.