Cosa si sa degli attentatori di Tunisi
Il governo tunisino ha detto che sono stati addestrati in Libia e ha deciso di aumentare i controlli ai confini: intanto nessuna rivendicazione pare particolarmente convincente
Il governo tunisino ha detto che i due terroristi uccisi al Museo del Bardo di Tunisi erano stati addestrati in Libia. I due attentatori, ha detto il governo, si chiamavano Yassine Abidi e Hatem Jachnaoui ed erano “salafiti estremisti”: erano andati clandestinamente in Libia lo scorso dicembre, e lì avevano imparato o migliorato a usare le armi da fuoco. Ieri i servizi di sicurezza tunisini avevano detto di non essere stati a conoscenza di affiliazioni terroristiche internazionali dei due sospetti: uno dei due, Yassine Abidi, era noto alle autorità tunisine, ma sembra per reati minori.
Giovedì sono stati arrestati nove sospettati con l’accusa di essere in qualche modo coinvolti nell’attentato di Tunisi di mercoledì 18 marzo, nel quale sono rimaste uccise 23 persone. Il presidente tunisino Beji Caid Assensi ha detto che quattro di loro sono stati arrestati per il loro coinvolgimento diretto nell’attacco (non è stato specificato il motivo dell’arresto degli altri cinque). Il Consiglio superiore dell’esercito ha deciso di aumentare il numero dei soldati impiegati nelle strade della Tunisia per “sradicare il terrorismo” e ha annunciato un aumento della sorveglianza nelle aree di confine con Algeria e Libia. Il confine che divide Tunisia e Libia è da tempo considerato molto “poroso”: è poco controllato ed è piuttosto facile spostare le moltissime armi che sono finite nelle mani delle milizie libiche dopo la caduta del regime dell’ex presidente Mu’ammar Gheddafi.
A due giorni dall’attentato non è ancora chiaro se gli assalitori fossero affiliati a qualche organizzazione internazionale o regionale. Giovedì diversi gruppi hanno rivendicato l’attacco, tra cui anche lo Stato Islamico (o ISIS). David Kirkpatrick ha scritto sul New York Times che l’attentato ha ricordato in qualche modo le tattiche usate dai gruppi estremisti negli anni Ottanta e Novanta, e allo stesso tempo sembra essere stato pensato con l’obiettivo di colpire gli interessi economici della Tunisia. Tra gli altri che hanno cercato di attribuirsi la responsabilità dell’attentato, c’è anche Uqba ibn Nafi, gruppo tunisino affiliato ad al Qaida che ha pubblicato su un forum jihadista grafici e tabelle per mostrare i danni economici che l’attacco al Museo ha fatto all’economia tunisina. Già alla fine del 2014 Uqba ibn Nafi aveva chiesto ai miliziani tunisini e libici di ritorno dalla Siria di compiere attacchi terroristici in Tunisia: il gruppo sfrutta da tempo i confini tra Tunisia, Libia e Algeria per organizzare le proprie attività e addestrare i propri uomini. La giornalista del New York Times che si occupa di terrorismo islamico, Rumini Callimachi, ha scritto su Twitter di credere più probabile che l’attacco sia stato coordinato da al Qaida, sia per le modalità dell’operazione sia perché non ritiene la rivendicazione dell’ISIS così convincente.
@JosephCRProgram @guidoolimpio 2think this looks more like an AQ attack than anything else (certainly methodology fits; tactics=Westgate)/5
— Rukmini Callimachi (@rcallimachi) 20 Marzo 2015
Una turista italiana arrivata a Tunisi con la Costa Crociere e rimasta ferita nell’attentato ha raccontato a SkyTg24 quello che è successo al Museo del Bardo. La donna ha detto che al momento dell’inizio dell’attentato si trovava nella parte antica del Museo. Dopo avere sentito dei colpi di arma da fuoco, lei e molte altre persone hanno cercato di mettersi al riparo dietro alle vetrinette e si sono sparpagliati nelle varie sale del Museo.
Intanto l’ultima comunicazione ufficiale del governo italiano riguardo i cittadini italiani coinvolti nell’attentato risale a giovedì 19 marzo: sul sito del ministero degli Esteri è stata pubblicata una nota che dice che alcuni diplomatici hanno riconosciuto i corpi di due cittadini italiani all’obitorio dell’ospedale Charles Nicolle di Tunisi. I due italiani risultavano irreperibili fino a ieri, dice il ministero: per la comunicazione ufficiale della loro morte si sta aspettando il riconoscimento dei familiari. Il ministero ha confermato che i corpi di altri due italiani si trovano nello stesso ospedale: la loro morte era già stata confermata in precedenza.