La luce che non c’è più in Siria
Le fotografie satellitari mostrano che dopo quattro anni di guerra civile le luci visibili di notte sono diminuite in media dell'83 per cento
Sono passati quasi quattro anni dall’inizio della guerra in Siria: quella che il 15 marzo del 2011 era cominciata come una protesta pacifica a seguito delle cosiddette “primavere arabe” per chiedere più diritti e libertà al presidente Bashar al Assad, si è trasformata in breve tempo in una guerra con moltissimi combattenti stranieri, che ha causato almeno 220 mila morti e 11 milioni di profughi. Una delle conseguenze del conflitto ha a che fare con la luce: analizzando delle immagini satellitari, gli studiosi dell’Università di Wuhan, in Cina, in collaborazione con la coalizione #WithSyria composta da 130 organizzazioni non governative hanno dimostrato che dal marzo del 2011 il numero delle luci visibili di notte in Siria è diminuito dell’83 per cento.
L’analisi delle immagini satellitari è stata condotta da Xi Li, studioso del Laboratorio di Ingegneria dell’Informazione per Osservazioni, Mappatura e Telerivelamento dell’Università di Wuhan, in Cina. La diminuzione dell’illuminazione notturna ha raggiunto il 96 per cento nella provincia di Idlib, il 77 per cento a Al-Hasakah, il 96 per cento a Raqqa (“capitale” del territorio controllato dall’ISIS), l’80 per cento a Al-Suwayda, il 97 per cento a Aleppo, l’87 per cento a Hama e a Homs. Le uniche eccezioni sono le province di Damasco e Quneitra, vicino alla frontiera israeliana, dove il declino nei livelli di illuminazione è del 35 e del 47 per cento. Facendo un confronto tra marzo del 2011 e febbraio del 2014, risulta non solo che in tutte le province della Siria i livelli di illuminazione notturna sono diminuiti drasticamente, ma anche che c’è un legame diretto tra questa diminuzione e il numero dei rifugiati di ogni provincia.
La coalizione #WithSyria, dopo la diffusione delle immagini, ha anche aperto una petizione invitando i leader del mondo a “riaccendere le luci in Siria” favorendo una soluzione politica basata sul rispetto dei diritti umani, chiedendo maggiori risposte umanitarie per i siriani nel paese e per i rifugiati e un impegno affinché le parti coinvolte nel conflitto pongano fine agli attacchi civili e smettano di bloccare la distribuzione di aiuti. Zaher Sahoul, attivista e presidente della Società di Medicina Sirio-Americana, ha detto: «L’ascesa di gruppi terroristi che attraversano frontiere ha disseminato la paura e attirato l’attenzione del mondo sulla Siria, ma ha anche distratto i governi dalla sofferenza dei siriani comuni e dagli abusi commessi dalle parti coinvolte nel conflitto».
Un video di “Save the Children” sulle luci in Siria
Nel 2014 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha adottato tre risoluzioni per garantire la protezione e l’assistenza ai civili siriani. Jan Egeland, segretario generale del Consiglio Norvegese per i Rifugiati e ex-sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari ha però spiegato: «Il 2014 è stato l’anno peggiore in questa guerra terribile. I civili non godono della protezione promessa dal Consiglio di Sicurezza, il loro accesso all’assistenza non è migliorato, e il finanziamento umanitario è insufficiente rispetto alle necessità. Il nostro fallimento nell’aiutare i siriani è un vero e proprio scandalo». Va però considerato che la situazione sul territorio è molto complicata e portare aiuti umanitari alla popolazione civile significa necessariamente che i vari gruppi e milizie che si combattono tra loro trovino un accordo per garantire la sicurezza del personale umanitario.