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  • Domenica 8 marzo 2015

Un anno dopo la sparizione del volo MH370

L'8 marzo del 2014 un aereo della Malaysia Airlines scomparve dai radar: le ricerche vanno avanti ancora oggi ma su cosa sia successo veramente ci sono solo ipotesi

Esattamente un anno fa, l’8 marzo del 2014, all’1:19 di mattina, la torre di controllo di Kuala Lumpur, in Malesia, ebbe l’ultima comunicazione con il volo MH370 della Malaysia Airlines. Da allora dell’aereo e delle 239 persone che si trovavano a bordo non si è più saputo nulla. Un anno dopo, le ricerche sono ancora in corso e il governo malese ha pubblicato un rapporto preliminare che però non aggiunge molto a quello che già si sa sull’aereo e sull’incidente.

Cosa sappiamo?
Dopo aver salutato la torre di controllo di Kuala Lumpur, i piloti del volo MH370 avrebbero dovuto prendere contatto con la torre di controllo vietnamita: per qualche ragione che ancora non è chiara, quel contatto non si verificò mai. Le ultime informazioni certe arrivarono da alcuni radar militari che individuarono l’aereo decisamente fuori rotta: molto più a ovest di dove avrebbe dovuto trovarsi e su una rotta che andava a nord-ovest, invece che nord-est. A quel punto tutti i sistemi di identificazione di bordo erano stati spenti: gli unici segnali erano quelli tra l’aereo e un satellite che si trovava a 35.800 chilometri di altezza. L’ultima comunicazione avvenne alle 1:19: poi l’aereo volò per altre sette ore. Secondo gli esperti, l’aereo aveva a bordo carburante sufficiente per circa sette ore di volo.

Dove stanno proseguendo le ricerche?
Nelle ore successive alla sparizione del volo MH370, i soccorritori dovettero basare le loro ricerche sulle comunicazioni con il satellite: queste comunicazioni non contenevano però informazioni sulla posizione del volo, che poteva solo essere ipotizzata osservando quanto tempo i segnali avevano impiegato a viaggiare tre l’aereo, il satellite e la stazione di terra che faceva da ponte tra i due. Il risultato ottenuto da questo tipo di calcolo, tuttavia, non era un punto preciso su una mappa, ma una specie di enorme arco che arrivava a nord fino all’Asia Centrale e a sud si estendeva fino a una remota area dell’Oceano Indiano meridionale.

I soccorritori esclusero immediatamente la possibilità che l’aereo potesse aver percorso la metà settentrionale dell’arco, visto che in quel caso con molta probabilità sarebbe stato avvistato (si tratta di un’area trafficata e abitata che si trova per gran parte sopra la terraferma). Molti esperti dissero che l’ipotesi più probabile era quella che l’aereo fosse diretto a sud e avesse volato sopra l’Oceano Indiano meridionale.

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A che punto sono le ricerche?
Attualmente alcune navi dotate di strumentazioni molto particolari stanno compiendo un lentissimo lavoro di ricognizione in un tratto dell’Oceano Indiano che si trova a migliaia di chilometri dalle coste dell’Australia. Si tratta di una delle aree più remote e meno esplorate del mondo e le ricerche stanno procedendo in maniera metodica, ma estremamente lenta. Le due navi, una malese e una australiana, navigano in un’area di circa 150 mila chilometri quadrati (metà della superficie del nostro paese) trascinando dietro di sé dei droni sottomarini dotati di vari tipi di sensori.

La procedura è molto lenta perché il raggio di questi sensori è limitato a pochi chilometri: è necessario passare e ripassare lungo l’area in modo da assicurarsi di ispezionarne ogni chilometro quadrato. Inoltre il fondale in quel tratto di Oceano è molto accidentato, con catene montuose sottomarine, avvallamenti e vulcani. È necessario usare ogni cautela per assicurarsi che i droni non si scontrino contro le pareti rocciose o non vengano distrutti dalle eruzioni sottomarine. Attualmente, il 40 per cento dei 60 mila chilometri quadrati considerati “area prioritaria” sono già stati esplorati senza che venisse rilevato nulla.

Quindi cosa può essere accaduto?
Alcune ipotesi – quelle finora meno credibili – attribuiscono la scomparsa dell’aereo a un qualche tipo di intervento umano: qualcuno avrebbe appositamente spento i sistemi di identificazione dell’aereo, dirottandolo e pilotandolo fino all’esaurimento del carburante. Gli investigatori hanno quasi completamento escluso l’ipotesi che a dirottare l’aereo possano essere stati dei terroristi. Nessuna rivendicazioni credibile del dirottamento è stata diffusa. Le storie personali dei passeggeri, inoltre, sono state analizzate con molta attenzione. Secondo gli investigatori, nessuna delle persone a bordo aveva il profilo di un dirottatore.

Gli investigatori credono invece possibile l’ipotesi di un tentativo di suicidio da parte del pilota o del suo copilota. Nella storia dell’aviazione ci sono altri otto casi in cui si ritiene che i piloti si siano suicidati dopo aver dirottato il loro stesso aereo. Secondo il pilota ed esperto di sicurezza aerea Simon Hardy, per il volo MH370 si tratta di una delle ipotesi più probabili. Hardy ha notato come il volo MH370, prima di scomparire dai radar, abbia compiuto una strana virata che ha portato l’aereo a mostrare il fianco destro all’isola malese di Penang, come se qualcuno volesse dare un’occhiata verso l’isola dai finestrini. Il capitano dell’aereo, Zaharie Shah, era originario proprio dell’isola. Ma ci sono diversi indizi che hanno diviso gli esperti sull’ipotesi del suicido. Nei casi che si conoscono, quando un pilota decide di suicidarsi semplicemente punta il muso dell’aereo verso terra poco dopo il decollo. Non è chiaro perché, se Shah voleva suicidarsi, abbia volato fino a esaurire il carburante.

Altri esperti ritengono che si debba privilegiare l’ipotesi che l’aereo abbia avuto un problema tecnico. Nel caso di un incendio a bordo, il pilota potrebbe aver cercato di isolare il problema spegnendo tutti i sistemi di bordo, tra cui quelli che permettono di tracciare la rotta dell’aereo.

Per spiegare le sette ore di volo sull’Oceano Indiano, secondo gli esperti australiani che hanno indagato sul disastro, l’ipotesi più probabile è l’ipossia: in altre parole, le persone a bordo dell’aereo erano già morte per soffocamento molto prima che l’aereo terminasse il carburante. L’aereo avrebbe semplicemente continuato a viaggiare con il pilota automatico. L’ipossia a bordo di un aereo può essere causata da una decompressione ed è impossibile accorgersi di una decompressione molto graduale senza strumenti appositi. È già accaduto in passato che alcuni aerei siano precipitati a causa di una decompressione graduale che ha causato la morte per soffocamento di tutte le persone a bordo. Anche se non tutti gli investigatori sono concordi, questa è l’ipotesi più diffusa per spiegare le ultime sette ore di volo dell’aereo. Ma perché il volo MH370 non abbia preso contatto con la torre di controllo vietnamita e perché deviò dalla sua rotta non è ancora stato chiarito.