Chi è Rita Katz
La capo della più importante società al mondo che verifica i video dell'ISIS ha una storia incredibile e spericolata, cominciata molti anni fa con un'impiccagione pubblica a Baghdad
«Rita Katz è una donna piccola e con la pelle scura, con gli occhi marroni e lo sguardo che non sta mai fermo. E che quando è nervosa o eccitata si muove in continuazione. Tutti quelli che lavorano nel campo dell’intelligence la chiamano “Rita”, anche le persone che non la conoscono molto bene». Comincia così un lungo articolo del giornalista Benjamin Wallace-Wells pubblicato sul New Yorker nel maggio del 2006, quasi dieci anni fa. Quell’articolo, intitolato “Private Jihad” (“Il jihad privato”), è ancora oggi la cosa più completa scritta su Rita Katz, direttrice di SITE Institute, una società statunitense con sede a Bethesda, in Maryland, che si occupa di monitorare le attività dei jihadisti online.
Negli ultimi mesi SITE è stato citato decine di volte dalla stampa internazionale e italiana, per via di immagini e video diffusi online dallo Stato Islamico (o ISIS). SITE è considerato la fonte più autorevole per valutare l’autenticità dei video di decapitazioni, esecuzioni, o altre forme di propaganda dell’ISIS e di al Qaida. Viene consultato regolarmente dall’amministrazione americana e il costo per avere accesso ai suoi contenuti online si aggira attorno alle decine di migliaia di dollari all’anno. Rita Katz è la co-fondatrice e direttrice della società, nata dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Ha una storia incredibile e per molti versi misteriosa: tra le altre cose si è infiltrata in movimenti terroristici statunitensi e ha scritto un libro senza rivelare di esserne l’autrice. Monitora le attività online dei jihadisti “in maniera ossessiva”, è molto apprezzata ma ha anche molti detrattori. La sua storia, quella che l’ha portata a diventare capo di SITE, è cominciata nel 1969, con un’impiccagione pubblica nella piazza centrale di Baghdad, la capitale dell’Iraq.
L’impiccagione a Baghdad e la vita in Israele
Rita Katz è nata nel 1963 a Bassora, grande città nel sud-est dell’Iraq, da una famiglia ebrea. Nel 1968 – un anno dopo la fine della “Guerra dei sei giorni” vinta da Israele contro una coalizione di stati arabi – suo padre, un uomo d’affari ebreo benestante, fu accusato dal governo iracheno di essere una spia israeliana. Non fu l’unico: in quegli anni il clima tra Israele e stati arabi era molto teso e il regime iracheno incoraggiò in diverse occasioni gli attacchi contro gli ebrei iracheni. Katz, i suoi tre fratelli e la loro madre furono portati a Baghdad e furono tenuti agli arresti domiciliari. Il padre fu condannato da un tribunale militare e impiccato nella piazza centrale di Baghdad. Wallace-Wells ha descritto così quel giorno: «Centinaia di migliaia di iracheni festanti assistettero alle impiccagioni; il governo aveva garantito mezzi pubblici gratuiti dalle province del paese alla capitale; le danzatrici del ventre si erano esibite per la folla». Katz allora aveva sei anni. Wallace-Wells le ha chiesto se quell’esperienza ha condizionato le sue scelte professionali da adulta. «So che le persone che hanno ucciso mio padre non sono i jihadisti, ma non mi sarei mai interessata della politica di questa parte del mondo se non fosse stato per la sua esecuzione», ha risposto lei.
Dopo quattro mesi di arresti domiciliari, la famiglia Katz riuscì a scappare: la madre drogò le guardie, finse di essere la moglie di un generale iracheno molto noto, raggiunse con i quattro figli il confine iraniano (“allora l’Iran dello scià era un paese meraviglioso”, ha raccontato lei), e poi arrivò in Israele, in una piccola città sul mare chiamata Bat-Yam. Katz fece il servizio militare con l’IDF – l’Israel Defense Force – e si laureò in politica e storia all’Università di Tel Aviv. Sposò uno studente di medicina e cominciò a lavorare nell’azienda di sua madre, nel campo della produzione e vendita di vestiti. Nel 1997 il marito di Katz ottenne una specie di assegno di ricerca in endocrinologia al National Institute of Health di Washington: Katz e il marito si trasferirono negli Stati Uniti con i loro tre figli.
Gli Stati Uniti, l’intelligence e SITE
Negli Stati Uniti Katz cominciò a lavorare come ricercatrice per Investigative Project, gruppo guidato dall’ex giornalista Steven Emerson, esperto di terrorismo. Emerson era diventato noto nel 1995 per avere detto in una trasmissione di CBC che l’attentato a Oklahoma City dove morirono 168 persone (fu l’attentato più violento negli Stati Uniti prima dell’11 settembre 2001) era stato compiuto da un terrorista islamico: i responsabili si rivelarono poi essere Timothy James McVeigh e Terry Nichols, due estremisti di destra veterani dell’esercito americano. La fine degli anni Novanta, comunque, fu un buon momento per i gruppi come Investigative Project che volevano studiare le attività terroristiche sulla base di informazioni “open source”, quindi accessibili online a tutti. Katz si rese conto fin da subito della grande quantità di informazioni che era in grado di recuperare attraverso internet.
In questo periodo Katz fece anche dei lavori sotto copertura: si finse la moglie di un uomo d’affari iracheno-americano molto radicale. Andò fuori dall’ambasciata israeliana a Washington a gridare in arabo: «Ebrei, ebrei, Maometto è venuto a prendervi». Si presentò a conferenze ed eventi radicali indossando il burqa, parlando con un forte accento arabo e non guardando mai negli occhi gli uomini. Si offrì volontaria per mandare dei soldi alle famiglie dei kamikaze e scoprì alcuni dei canali di finanziamento di gruppi terroristici. Divenne così ossessionata dal suo lavoro, ha scritto Wallace-Wells, che il marito cominciò a pensare che avesse una relazione con un altro uomo. Nel maggio del 2003 Katz pubblicò il libro “Terrorist Hunter: The Extraordinary Story of a Woman Who Went Undercover to Infiltrate the Radical Islamic Groups Operating in America“, che però decise di non firmare per proteggere la sua identità. Katz partecipò alla trasmissione “60 Minutes” di CBS per promuovere il suo libro: si presentò con una parrucca e un naso finto e si fece chiamare “Sarah” per non esporre lei o la sua famiglia a possibili ritorsioni di gruppi come al Qaida, Hamas, Jihad Islamico e Hezbollah. La sua identità fu rivelata poco dopo da due enti di beneficenza della Virginia, “The Heritage Education Trust” e “Safa Foundation”, che fecero causa a CBC e Katz per essere state accusate di riciclare denaro per gruppi terroristici.
L’ascesa di SITE
Katz, che parla fluentemente sia arabo che ebraico, ha fondato SITE insieme a Josh Devon nel luglio del 2002. Da allora ha fornito consulenze a funzionari del governo americano – Casa Bianca, dipartimento della Giustizia e dipartimento della Sicurezza Interna – e a diversi governi stranieri. Fin da subito SITE ha offerto un servizio di sottoscrizione piuttosto costoso a cui fanno riferimento anche i grandi giornali internazionali e che prevede, tra le altre cose, un servizio di traduzione di messaggi e mail di jihadisti intercettati online. Alcuni analisti o ricercatori di SITE sono riusciti a “infiltrarsi” nelle chat di gruppi jihadisti e ottenere la fiducia degli amministratori dei siti, insieme a molte informazioni. Nella prima metà degli anni Duemila le indagini di SITE portarono all’arresto di un sospetto terrorista straniero da parte della polizia del suo paese.
SITE ha cominciato a essere citato sempre più spesso dalla stampa internazionale, anche se nel corso degli anni ha rischiato di vedere compromesso il suo lavoro. Nel settembre del 2007 SITE ottenne il nuovo video di Osama bin Laden prima che al Qaida lo diffondesse tramite i suoi canali ufficiali (si trattava del primo video di bin Laden da tre anni). SITE permise l’accesso al link del video a due funzionari dell’amministrazione dell’allora presidente George W. Bush, con la promessa di non pubblicizzarne l’esistenza prima della sua diffusione da parte di al Qaida. Nel giro di venti minuti, molti computer delle agenzie di intelligence americane cominciarono a scaricare il video: poco dopo il video fu trasmesso da una televisione via cavo americana. Katz disse in quell’occasione che la capacità di SITE di sorvegliare le attività di al Qaida era stata compromessa. Nel corso degli anni sembra comunque che SITE sia riuscito a recuperare la sua efficacia nel tracciare i movimenti online dei jihadisti. Per esempio la giornalista che si occupa di ISIS e terrorismo per il New York Times, Rukmini Callimachi, ha raccontato a Longform di avere proprie fonti che la avvertono dell’uscita di nuovo materiale dell’ISIS in internet, ma di considerarsi relativamente sicura dell’autenticità di quel materiale quando è SITE a confermarne la veridicità.
Non è facile trovare molte informazioni su SITE. Wallace-Wells ha raccontato sul New Yorker la sua prima visita alla sede di SITE, al settimo piano di un vecchio edificio in un posto non meglio identificato. Wallace-Wells ha scritto:
«Lei [Katz, ndr] mi disse di prendere un treno fino al terminal principale della città e poi di chiamare l’ufficio per avere altre indicazioni. Arrivato di fronte alla porta chiusa dell’ufficio di SITE, che ha una telecamera a circuito chiuso e una targhetta che riporta il nome di una società che non esiste, mi aspettavo di entrare in un centro pieno di apparecchiature super-tecnologiche, con mappe illuminate e schermi dappertutto. L’ufficio di SITE assomiglia più alla sede di un giornale studentesco. C’erano tre stanze: l’ufficio di Katz,con un grande tavolo circolare per le conferenze; una piccola stanza con due traduttori (la maggior parte lavorano part-time, da casa loro); e quello che viene chiamato il “buco”, con parecchi ricercatori e praticanti, tutti con un’età compresa tra i 20 e i 30 anni, seduti sotto una fila di immagini di terroristi ricercati.»
Il valore del lavoro di Katz, e i suoi detrattori
Nel 2006 Katz ha detto a Wallace-Wells che SITE è nato per colmare un vuoto nel campo dello studio del terrorismo internazionale. Nel 2001, per esempio, le agenzie di intelligence non prevedettero gli attentati dell’11 settembre anche per via del fatto che non era stata data attenzione sufficiente alle attività online di al Qaida. Poi le cose sono cambiate. Le attività online di gruppi jihadiste aumentarono notevolmente dal 2004, dopo che al Qaida diffuse il video che mostrava la decapitazione dell’ostaggio americano Nick Berg (la CIA disse che fu Abu Musab al Zarqawi in persona a decapitare Berg e che fu lui a diffondere online il video). Oggi la maggior parte delle loro attività – dal reclutamento alle dichiarazioni prima di farsi saltare in aria – vengono diffuse via internet: l’ISIS sta provando a sfruttare quella che l’esperto di terrorismo Peter Berger ha definito “resistenza senza leadership”, ovvero quel fenomeno che si verifica quando alcuni piccoli gruppi trovano aiuto e ispirazione da materiale che trovano online.
Rita Katz spiega a CNN il lavoro di SITE, dopo la decapitazione di Steven Sotloff
Katz, ha raccontato Wallace-Wells, comincia a lavorare ogni giorno alle sei del mattino: «Quando ha ospiti a cena lascia un dispositivo elettronico acceso in cucina, in modo da tenere d’occhio quello che succede. “È una dipendenza”, ha detto Katz. “Ti svegli pensando, sono stata offline per sette ore, e i terroristi nel frattempo hanno fatto i loro piani”». I suoi detrattori dicono che il lavoro di Katz ha ampliato il pubblico di coloro che hanno accesso a materiale propagandistico di gruppi jihadista e che la sua ossessione le ha fatto vedere complotti e piani di attentati dove non c’erano. Per esempio ha trovato e diffuso un manuale per compiere attacchi terroristici usando il botulino come contaminante, un sistema che gli esperti hanno detto però non essere collegato ad alcuna minaccia effettiva.