L’Iraq – e l’Iran – contro l’ISIS a Tikrit
L'esercito iracheno ha avviato la più grande operazione militare contro lo Stato Islamico finora, ma senza consultare gli americani e facendosi aiutare invece dagli iraniani
Da lunedì 2 marzo l’esercito iracheno ha cominciato un grosso attacco a Tikrit, città a circa 180 chilometri a nord di Baghdad controllata da diverso tempo dallo Stato Islamico (o ISIS). L’attacco è stato ripreso molto anche dalla stampa internazionale, per due motivi: primo, perché l’esercito iracheno ha attaccato senza avvisare gli Stati Uniti, che è un governo alleato e che dalla scorsa estate ha avviato una campagna aerea contro alcune postazioni dell’ISIS in Iraq. Secondo, perché buona parte delle forze anti-ISIS impegnate a Tikrit sono milizie sciite appoggiate dall’Iran e le operazioni militari sono coordinate anche da Qassem Suleimani, potente generale iraniano.
L’attacco cominciato a Tikrit, città nota soprattutto per essere il luogo di nascita dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, è la più grande offensiva avviata finora contro l’ISIS. Il portavoce del CENTCOM (il comando centrale dell’esercito americano in Medio Oriente, Nord Africa, Asia Centrale, Afghanistan e Iraq) ha detto che il governo americano è stato messo al corrente dell’attacco iracheno solo lunedì, il giorno stesso in cui si sono mosse le forze anti-ISIS. La tensione tra governo americano e quello iracheno è diventata evidente due settimane fa, quando alcuni funzionari americani hanno rivelato alla stampa l’esistenza di un piano per riconquistare Mosul, città irachena oggi sotto il controllo dell’ISIS: le dichiarazioni erano state fatte senza prima accordarsi con l’Iraq, lasciando intendere che l’importanza decisionale del governo iracheno nella guerra contro l’ISIS fosse molto limitata.
A differenza del governo americano, gli iraniani erano a conoscenza dell’inizio dell’attacco prima che questo iniziasse. Il giornalista Daniele Raineri ha scritto sul Foglio che già sabato sera il potente generale iraniano Qassem Suleimani “è sbarcato all’aeroporto della città con le sue guardie del corpo per dirigere le manovre degli almeno diecimila uomini delle milizie sciite da lui create per tenere una forte presa sul paese”. Suleimani non è un militare qualsiasi: è il capo delle forze Quds, un corpo d’élite delle Guardie Rivoluzionarie, forza militare istituita dal regime sciita iraniano dopo la rivoluzione khomeinista del 1979. Negli ultimi trent’anni le forze Quds sono state per l’Iran quello che la CIA e le forze speciali, assieme, sono state per gli Stati Uniti: uno strumento di intelligence, forza militare e politica estera. Diversi siti di news scrivono che negli ultimi due giorni Suleimani ha contribuito a coordinare l’attacco contro l’ISIS a Tikrit: oltre a Suleimani, hanno detto alcuni funzionari americani, nei pressi di Tikrit ci sono altri consiglieri e truppe della Guardia Rivoluzionaria, artiglieria, lanciarazzi e droni di sorveglianza iraniani.
L’esclusione degli americani e l’inclusione degli iraniani sta mettendo in crisi l’alleanza tra Stati Uniti e Iraq, scrive Anne Bernard sul New York Times. Ali al-Alaa, uno stretto collaboratore del primo ministro iracheno sciita Haider al-Abadi, ha detto che l’amministrazione statunitense sta continuando a rimandare l’operazione militare per riconquistare la città di Mosul e più in generale la provincia di Anbar, oggi sotto il controllo dell’ISIS (Anbar è un’estesa provincia occidentale dell’Iraq a maggioranza sunnita, dove l’ISIS è particolarmente forte). Un leader di una milizia che sta partecipando all’attacco di Tikrit ha detto che con l’appoggio americano l’operazione militare in corso starebbe andando “due volte più veloce”.
Il problema rimane un’eventuale collaborazione tra americani e iraniani. Entrambi stanno combattendo l’ISIS sia in Iraq che in Siria (tra le altre cose, dalla primavera del 2013 Hezbollah, gruppo sciita libanese alleato con l’Iran, combatte a fianco del regime di Assad nella guerra siriana), ma i due paesi continuano a essere nemici e non avere rapporti diplomatici ufficiali. L’amministrazione di Barack Obama accusa il governo iracheno di Abadi di non essere stato in grado di mobilitare un numero significativo di combattenti sunniti nella guerra contro l’ISIS e di fare invece troppo affidamento sulle milizie sciite e sugli iraniani, anch’essi sciiti. Il pericolo, dicono gli americani, è che un eccessivo coinvolgimento degli sciiti potrebbe far aumentare ancora una volta le tensioni settarie con i sunniti, le stesse che hanno avuto un grosso ruolo nell’ascesa dell’ISIS nell’ultimo anno.
nella foto: un convoglio militare dell’esercito iracheno vicino alla città di Samarra, a nord di Baghdad, diretto verso Tikrit, il 28 febbraio 2015. (AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)