Cosa è stato deciso per Cesare Battisti
Un tribunale federale di Brasilia ha annullato l’atto di concessione permanente di residenza dell'ex terrorista di sinistra, chiedendone quindi l'espulsione (ma occhio: non l'estradizione)
Un tribunale federale di Brasilia, in Brasile, ha annullato l’atto di concessione permanente di residenza dato a Cesare Battisti nel giugno del 2012 chiedendone quindi l’espulsione (ma non l’estradizione). Battisti è un cittadino italiano che gode in Brasile dello status di rifugiato politico: è stato accusato di atti di terrorismo commessi tra il 1978 e il 1979 quando militava nel gruppo “Proletari armati per il comunismo” e condannato all’ergastolo in Italia nel 1988, in contumacia. Il tribunale brasiliano ha accolto una richiesta della procura federale: la giudice Adverci Rates Mendesd de Abreu ha spiegato che Battisti è «di fatto un cittadino straniero senza documenti in Brasile, e visto che è stato condannato per crimini nel suo paese di origine, non ha diritto di rimanere». L’avvocato di Battisti, Igor Sant’Anna Tamasauskas, ha detto: «Siamo stati informati della decisione ma ancora non c’è una data». Battisti può comunque attraverso i suoi avvocati presentare ricorso; raggiunto telefonicamente ha detto che si tratta «di un ennesimo tentativo di destabilizzazione orchestrata» contro di lui.
La giudice Adverci Rates Mendesd de Abreu ha fatto una distinzione tra estradizione e espulsione, per sottolineare che la sua decisione non è in conflitto con quella della Corte Suprema né con quella dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva che, come ultimo atto del suo mandato, aveva rifiutato la richiesta di estradizione fatta dall’Italia: «Gli istituti di espulsione e di estradizione non vanno confusi, in quanto non viene richiesta la consegna dello straniero al suo paese di nazionalità, in questo caso l’Italia». Battisti potrà infatti essere espulso in un altro paese che acconsentirà a ospitarlo. Nella causa intentata dai procuratori federali c’è l’indicazione che Battisti potrebbe essere accolto dalla Francia o dal Messico, dove aveva vissuto prima di andare in Brasile nel 2004.
La vicenda giudiziaria di Cesare Battisti è lunga e controversa: comincia nel 1977, in un anno particolare della storia d’Italia, e nel tempo ha coinvolto la Francia, il Messico e infine il Brasile. Cesare Battisti è nato nel 1954 in provincia di Latina. Nel 1972 è stato arrestato per una rapina, due anni dopo è stato arrestato di nuovo per rapina con sequestro di persona. È stato incarcerato nel 1977, sempre per rapina, ed è lì che ha conosciuto Arrigo Cavallina, fondatore di un gruppo terrorista di estrema sinistra chiamato “Proletari armati per il comunismo” (PAC). Uscito dal carcere si era trasferito a Milano e aveva partecipato attivamente alle azioni dei PAC: rapine a banche e a supermercati (“espropri proletari”, dicev il gruppo), sabotaggi alle fabbriche, aggressioni (vari medici e agenti carcerari vennero gambizzati nel 1978) e omicidi. Per quattro di questi omicidi i processi hanno riconosciuto la partecipazione, diretta o indiretta, di Cesare Battisti.
I processi relativi a quegli omicidi si sono celebrati però senza la presenza di Battisti che, arrestato nel 1979, è evaso nel 1981 e ha lasciato l’Italia per non tornarci più. Battisti ha soggiornato prima in Francia, poi in Messico e poi di nuovo in Francia, protetto dalla cosiddetta “dottrina Mitterrand”: una politica con cui la Francia dava ospitalità e sicurezza a ex terroristi italiani purché questi abbandonassero la lotta armata e la violenza. Abolita la “dottrina Mitterrand” e annunciata nel 2004 la sua estradizione in Italia, Battisti era scappato in Brasile dopo aver presentato ricorsi al Consiglio di stato francese, alla Corte di Cassazione italiana e alla Corte europea dei diritti dell’uomo: tutti respinti. In Brasile è stato arrestato nel marzo del 2007 ma nel 2009 gli è stato accordato lo status di rifugiato politico: il ministro della giustizia brasiliano, Tarso Genro, aveva stabilito che in Italia l’incolumità di Cesare Battisti sarebbe stata in pericolo per via delle sue idee politiche. Questo nonostante il parere favorevole all’estradizione del CONARE, il Comitato nazionale per i rifugiati, che si era opposto al riconoscimento dello status di prigioniero politico.
Il 27 febbraio del 2009 la Camera dei deputati ha votato all’unanimità una mozione che chiedeva un intervento del governo per ottenere dal Brasile la revoca dello status di rifugiato politico. Sia l’allora presidente della Camera Gianfranco Fini che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avevano scritto al presidente brasiliano Lula esprimendo stupore e rammarico per la decisione del suo governo. Il 18 novembre del 2009 il Supremo Tribunal Federal, la più alta istituzione giurisdizionale del Brasile, ha considerato illegittimo lo status di rifugiato politico concesso a Cesare Battisti dal governo brasiliano. La sentenza, per quanto favorevole ad assecondare la richiesta di estradizione presentata dall’Italia, lasciava però alla presidenza della Repubblica la decisione finale. Le motivazioni della sentenza sono state pubblicate il 16 aprile del 2010. Lula si era preso tutto il tempo necessario per decidere, chiedendo diversi pareri legali e chiarendo che non avrebbe lasciato la decisione alla presidente Dilma Rousseff, che si sarebbe insediata solo il primo gennaio e aveva detto di essere favorevole all’estradizione di Battisti.
Il 30 dicembre del 2010 l’avvocatura generale del governo brasiliano ha dato parere contrario e il presidente brasiliano Lula, nell’ultimo atto ufficiale della sua presidenza, ha negato l’estradizione. Dopo il suo insediamento, la nuova presidente brasiliana Dilma Rousseff ha chiesto il nuovo esame da parte del Supremo Tribunal Federal. Nel giugno del 2011, a maggioranza il tribunale ha però votato contro l’estradizione. Cesare Battisti, che nel frattempo aveva intrapreso la carriera di scrittore, era tornato quindi libero, dopo quattro anni e 52 giorni di detenzione. Attualmente vive a trenta chilometri da San Paolo.