I guai di First Look Media
Un ex giornalista della società fondata da Pierre Omidyar ha parlato di «un'incompetenza dirigenziale di proporzioni epiche», e non è il primo
Il giornalista d’inchiesta Ken Silverstein ha pubblicato su POLITICO un lungo articolo molto critico riguardo i mesi che ha passato a First Look Media, una società fondata nel 2013 da Pierre Omidyar – 47 anni, ricco imprenditore americano e fondatore di eBay – e presentata come un progetto di giornalismo indipendente. All’epoca c’erano molte aspettative sul lavoro che avrebbe potuto fare First Look Media: tra le altre cose, Omidyar disse di volere investire nella società 250 milioni di dollari per assumere bravi giornalisti e garantire loro la massima libertà. Finora First Look Media ha realizzato due progetti: The Intercept, un sito di giornalismo investigativo diretto dall’ex giornalista del Guardian Glenn Greenwald (quello delle inchieste sulla NSA dai documenti di Edward Snowden), e Reported.ly, portato avanti da un gruppo di giornalisti che si occupano di trovare e raccontare notizie sui social network.
Silverstein, che si è dimesso settimana scorsa dal suo incarico di giornalista d’inchiesta a First Look Media, ha parlato della sua esperienza nella redazione criticandone molto la gestione aziendale e parlando bene solo di alcuni colleghi giornalisti (la redazione è una sola per tutti i progetti di First Look Media). Ha accusato First Look Media di «un’incompetenza dirigenziale di proporzioni epiche»: ha raccontato di intimidazioni della società, del generale disinteresse rispetto alla produzione giornalistica e della grossa confusione che esiste nella redazione. Nell’articolo per POLITICO, Silverstein ha anche definito Omidyar «un tizio che si è arricchito trovandosi perlopiù al posto giusto nel momento giusto nel business della tecnologia, circondato da Yes-Men che gli ripetono quanto sia un genio».
Non è la prima volta che vengono rivolte delle critiche a Omidyar e a First Look Media. Nel novembre del 2014, Greenwald e Laura Poitras (la regista di Citizenfour, il film su Edward Snowden che ha appena vinto l’Oscar come migliore documentario) hanno pubblicato su The Intercept un articolo in cui hanno accusato Omidyar e il suoi dirigenti di «eccessiva autorità» nel processo di creazione di un nuovo magazine mai realizzato, Racket. Nello stesso mese, l’ex direttore di Gawker John Cook, assunto da First Look Media a marzo, si era dimesso per tornare a Gawker a causa di alcuni problemi con i dirigenti. Né Omidyar né Greenwald hanno ancora commentato l’articolo di Silverstein.
La storia di Silverstein
Silverstein ha scritto di avere avuto aspettative molto alte riguardo il suo ruolo in First Look Media. Alla fine del 2013 un ex caporedattore con cui aveva lavorato anni prima, Eric Bates, gli chiese di descrivere in un breve testo il lavoro dei suoi sogni: Silverstein scrisse di voler trovare un posto dove poter lavorare sia ad alcune inchieste “lunghe” sia ad articoli brevi e agganciati a fatti di attualità. Bates lavorava per First Look Media, che lo assunse con il compito di occuparsi di entrambe le cose.
The Intercept, il primo prodotto di First Look Media, fu presentato nel febbraio 2014 e poi parzialmente abbandonato: riprese a pubblicare regolarmente solo a luglio. Su quei primi mesi a First Look Media, Silverstein ha scritto: «la dirigenza non riusciva a completare nemmeno le cose più piccole – come approvare un certo budget o assumere nuove persone – senza discuterne per mesi». Almeno in tre occasioni, Silverstein lavorò su delle storie che furono pubblicate con notevole ritardo: quando furono approvate da The Intercept, quelle stesse storie erano già uscite su altri giornali. «Mi sembrava che stessimo passando troppo tempo su cose laterali piuttosto che sul fare giornalismo: diventavamo matti per procedure, assemblee e discussioni di policy quando ciò che dovevamo fare era “semplicemente” pubblicare articoli».
Dopo avere annunciato grossi investimenti iniziali, a un certo punto la dirigenza di First Look Media decise di tagliare parzialmente il budget dei suoi dipendenti. Silverstein ha scritto:
«Arrivarono dei nuovi ordini che hanno reso complicato persino uscire e pagare da bere a una fonte (cosa piuttosto essenziale, almeno a Washington, per avere una conversazione discreta e rilassata). Col tempo, la dirigenza prese a controllare attentamente i rimborsi spese dei propri dipendenti. Alcuni di noi – me compreso – si sentirono così frustrati e intimiditi che decisero di smettere di chiedere il rimborso per legittime spese di lavoro, perché chiederlo era diventato troppo faticoso [Silverstein non parla mai di cifre, ndr]».
Dopo sette mesi piuttosto complicati, a Silverstein fu offerto di entrare nella redazione di Racket, un nuovo magazine di First Look Media al quale stava lavorando Matt Taibbi, un esperto giornalista satirico appena assunto da Rolling Stone. Anche Taibbi, durante i suoi mesi a First Look Media, fu molto critico con la dirigenza e con Omidyar. Il progetto Racket è stato in seguito abbandonato perché Taibbi ha lasciato l’azienda dopo un lungo caso nato dalle accuse di una dipendente che lo aveva accusato di averla trattata in maniera maleducata.
Siamo all’autunno del 2014: Racket fu abbandonato (e così è andato perduto anche il finanziamento relativo, di circa un milione di dollari) e nella redazione di First Look Media c’era nuova confusione. Silvestein ha raccontato che per questi motivi decise di pubblicare due articoli che stava preparando per The Intercept rispettivamente su VICE e su Gawker. Per l’articolo pubblicato su VICE, Silverstein ha detto di essere andato a Panama a spese di First Look Media per indagare su uno studio legale locale che secondo lui ricicla denaro: al suo ritorno, però, nessuno ha fatto dell’editing sull’articolo. Silverstein ha quindi chiesto e ottenuto dalla dirigenza di First Look Media di poterlo pubblicare altrove.
L’evento decisivo che ha spinto Silverstein a dimettersi è stata la gestione di una serie di articoli su Serial, un popolarissimo podcast realizzato e condotto della giornalista americana Sarah Koening incentrato su un caso di cronaca avvenuto nel 1999 (l’omicidio di Hae Min Lee, una studentessa di origini coreane di un liceo di Baltimora). Tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, The Intercept ha pubblicato una serie di interviste esclusive con alcuni personaggi coinvolti nella storia, accusando esplicitamente Koenig e la produzione di Serial di essere schierati a favore di Adnan Syed – l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Lee e protagonista del podcast. Silverstein ha raccontato che durante il lavoro di preparazione ed editing degli articoli, firmati dalla giornalista Natasha Vargas-Cooper, lui e Cooper hanno ricevuto molte pressioni da alcuni membri della redazione, poco convinti del loro approccio molto critico (uno dei giornalisti della redazione, per esempio, aveva chiesto di poter supervisionare gli articoli di Cooper).
In effetti, la serie di interviste di The Intercept su Serial è stata molto criticata per la sua scarsa qualità – alcuni articoli contenevano poche e superficiali domande – e per la sostanziale aderenza di Cooper alla tesi dell’accusa (fra l’altro, The Intercept non ha mai chiarito se abbia pagato o meno le persone intervistate). Cooper ha comunque lasciato The Intercept poco dopo la pubblicazione dell’ultimo articolo su Serial. Silverstein ha fatto lo stesso poche settimane più tardi, in seguito a un ritardo nella pubblicazione di un suo articolo sull’invasione statunitense in Iraq: ha comunque detto di avere ricevuto diverse offerte di lavoro e di essere già sotto contratto per la scrittura di un libro.
nella foto: Laura Poitra e Glenn Greenwald nell’aprile del 2014 (STAN HONDA/AFP/Getty Images)