YouTube rende poco

Il più famoso servizio di condivisione di video online "chiude a malapena in pareggio" e Google non ha ancora le idee chiare su cosa farne e come aumentare i ricavi

di Emanuele Menietti – @emenietti

Ogni giorno centinaia di milioni di persone in giro per il mondo guardano online almeno un video caricato su YouTube, uno dei più grandi siti per la condivisione di video al mondo che ha da poco compiuto 10 anni e che dal 2006 è di proprietà di Google. Il suo sito è conosciutissimo, così come la grafica del suo player che può essere inserito in qualsiasi altro posto del web: eppure nonostante l’enorme successo e la grande quantità di visualizzazioni, YouTube continua a rendere poco o niente. Cifre ufficiali non ce ne sono, perché Google di solito diffonde periodicamente solo dati generici su tutte le sue attività, ma secondo alcune fonti interne consultate di recente dal Wall Street Journal nel 2014 YouTube avrebbe generato ricavi per circa 4 miliardi di dollari, uno in più rispetto all’anno precedente. Il problema è che il sito ha spese enormi e, sempre secondo le stesse fonti, “chiude a malapena in pareggio”.

Molti utenti, pochi ricavi
I dati indicano che nel 2014 YouTube ha portato il 6 per cento dei ricavi totali di Google, che ne ottiene la maggior parte attraverso i suoi sistemi per fare pubblicità online, nonostante l’enorme quantità di utenti che lo utilizzano ogni giorno. Altri siti molto visitati, come Facebook, riescono a fare molto meglio, in proporzione: il social network ha per esempio avuto ricavi per 12,5 miliardi di dollari nel 2014, guadagnando 2,9 miliardi di dollari. Il risultato molto buono è stato ottenuto in parte proprio grazie ai video, che sono mostrati direttamente all’interno del sito e con una impostazione predefinita per essere riprodotti automaticamente. La loro costante diffusione su Facebook potrebbe mettere ulteriormente in difficoltà YouTube, che fatica soprattutto ad attirare utenti sul suo sito.

La maggior parte dei video di YouTube non viene infatti visualizzata sul portale, ma all’interno dei milioni di siti che ogni giorno incorporano il player di YouTube per mostrare particolari contenuti ai loro lettori. La visione avviene quindi in un posto diverso dal sito principale, dove ci sono diversi sistemi per incentivare la visione di altri video al termine di quello che si sta guardando. Il sito di YouTube mostra inoltre più annunci pubblicitari e contenuti sponsorizzati di vario tipo, che rendono molto di più a Google.

Quelli di YouTube stanno sperimentando da tempo soluzioni per incentivare l’utilizzo del sito, in modo che possa diventare per più persone un punto di partenza per vedere i video, un po’ come avviene con la televisione on-demand. Ma costruire un’abitudine di questo tipo non è semplice: da un lato perché ormai sono quasi tutti abituati a vedere i video di YouTube in giro per il web e non sul sito principale, dall’altro perché sta crescendo una domanda di contenuti di qualità come film e serie tv che YouTube non riesce a soddisfare, perdendo nei confronti della concorrenza di Netflix, Amazon e di altri.

Canali, musica e abbonamenti
Non c’è comunque un consenso unanime tra gli analisti su che cosa dovrebbe fare YouTube per migliorare le cose. Alcuni ritengono che dovrebbe pensare a diversificare di più la propria offerta, iniziando a investire nella produzione di contenuti originali e professionali come hanno fatto in questi ultimi anni Amazon e, soprattutto, Netflix a partire dal suo successo mondiale House of Cards. Altri pensano che questa non possa essere la strada giusta per YouTube, che è identificato soprattutto come un servizio per caricare facilmente e rapidamente video amatoriali o semiprofessionali di qualsiasi tipo. E anche i dirigenti di YouTube non sembrano avere le idee chiarissime su come muoversi.

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Negli ultimi anni sono state provate diverse soluzioni, molto diverse tra loro e talvolta in contraddizione per provare a cambiare la percezione di YouTube da parte degli utenti, e di conseguenza l’uso che ne fanno. Nel 2012, per esempio, Google decise di stanziare centinaia di milioni di dollari per investire in alcuni produttori professionali e semiprofessionali promettenti, in modo da avere video esclusivi e di successo per attirare gli utenti, che una volta nel portale avrebbero poi guardato altri video consigliati, incappando di conseguenza in nuovi annunci pubblicitari. L’iniziativa non ha avuto un grande successo e molti dei canali su cui YouTube aveva investito denaro sono naufragati, con alcuni dei loro autori che hanno rinunciato.

In seguito YouTube ha rinnovato la sua homepage, cercando di mettere meglio in evidenza non solo i video più visti e condivisi, ma anche i canali di cui si parla di più e con contenuti di qualità. Ha poi lavorato sul suo sistema di ricerca interno dei video, per renderlo più semplice e accurato, ma uno dei principali responsabili di questo progetto ha di recente lasciato Google, portando a una parziale revisione dell’iniziativa. Le novità alla grafica e alla ricerca dei video non hanno però portato a grandi risultati e quelli di YouTube hanno rivolto la loro attenzione alla musica.

I video musicali sono mediamente la cosa più vista e che funziona di più su YouTube. Dopo anni di contenziosi con le case discografiche, Google alla fine ha stretto accordi con loro per mostrare i videoclip e consentire agli utenti di caricarne autonomamente, mettendoci all’inizio un video pubblicitario o un banner in sovrimpressione con il quale ricavare qualche soldo e pagare i diritti alle case discografiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di accordi molto onerosi per Google, e che spiegano le spese molto alte di gestione di YouTube, ma i videoclip sono una risorsa fondamentale per attirare utenti direttamente sul portale.

In sostanza su YouTube si può ascoltare tutta la musica che si vuole – spesso in alta definizione – gratuitamente dal proprio computer o su uno smartphone, e si possono creare anche playlist. YouTube ha di recente riorganizzato tutta la sezione “Musica” del suo portale proprio per rendere più semplice l’accesso ai videoclip e ha aggiunto “Music Key”, un’opzione a pagamento da 9,99 euro al mese per vedere i video delle canzoni senza pubblicità, anche offline sul proprio smartphone. Per ora il sistema è sperimentale e non ci sono informazioni su quanto stia rendendo, ma secondo i detrattori non avrà molte possibilità di concorrere con sistemi fatti unicamente per l’ascolto della musica in streaming come Spotify.

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Oltre ai videoclip, YouTube continua comunque a sperimentare altre soluzioni legate allo streaming di contenuti professionali. A gennaio ha per esempio stretto un accordo con la National Football League degli Stati Uniti, ottenendo i diritti per pubblicare in esclusiva sul suo portale i video delle principali azioni di gioco e le interviste ai giocatori. Google ha inoltre avviato da tempo altre collaborazioni con molte delle più importanti emittenti televisive statunitensi, come NBC e CBS, che pubblicano nei loro canali clip delle trasmissioni più popolari.

Idee confuse e concorrenza
Il problema, dicono diversi osservatori e analisti, è che negli ultimi anni YouTube non ha dimostrato di avere molto le idee chiare su che cosa essere: ha provato un po’ di tutto, con esiti alterni e talvolta spiazzando i suoi utenti. L’azienda fu acquisita da Google nel 2006 con un accordo stimato intorno agli 1,65 miliardi di dollari, da allora sono passati quasi nove anni in cui sono emersi grandi social network come Twitter, Facebook e Instagram, che hanno cambiato molto il web e il modo in cui si cercano, osservano e condividono i contenuti. Paradossalmente questa concorrenza, che non si occupa solo di video, in molti casi ha ottenuto risultati migliori e ha portato innovazioni che YouTube non è stato in grado di realizzare o su cui è arrivato in ritardo.

Facebook, per esempio, sta investendo moltissimo sui video dopo essere stato dipendente per anni da quelli pubblicati su YouTube e che gli utenti condividevano sui loro diari. L’opzione di inserire i video da YouTube naturalmente c’è ancora, ma il social network ha affiancato nuove opzioni per caricare video direttamente, con un sistema molto semplice e simile a quello già familiare a tutti per caricare le fotografie. Le impostazioni predefinite di Facebook prevedono inoltre che i video siano riprodotti automaticamente quando si sta leggendo la propria sezione Notizie, cosa che ha contribuito all’enorme balzo di video visti nel 2014 rispetto al 2013. Per chi fa pubblicità è un vantaggio perché ci sono più probabilità di rendere visibili i propri annunci, sia nei video promozionali, sia nei banner che sono mostrati nella sezione Notizie.

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Come Facebook, anche Twitter permette da tempo di inserire un video di YouTube nei propri tweet: quando si inserisce un link, questo viene trasformato direttamente in un incorporamento in modo da vedere il contenuto direttamente all’interno del tweet, senza dovere andare su YouTube. Ora Twitter ha aggiunto un’opzione per caricare e pubblicare un video direttamente attraverso il suo social network, cosa che potrebbe tagliare fuori YouTube in molti casi, soprattutto per quanto riguarda i contenuti prodotti direttamente dagli utenti. E anche Instagram, il servizio per condividere fotografie con filtri artistici di proprietà di Facebook, ha da tempo un’opzione per pubblicare brevi video.

Futuro
Il compito di immaginare e di capire che cosa voglia fare in futuro YouTube spetta in primo luogo a Susan Wojcicki, responsabile da un anno del servizio di Google. È stata tra le principali sostenitrici dell’iniziativa “Music Key”, che può essere considerata un progetto pilota per verificare l’interesse degli utenti a pagare un abbonamento che consenta loro di vedere tutti i video che vogliono senza il fastidio delle pubblicità. L’opzione a pagamento non potrà comunque essere la soluzione a tutti i problemi di YouTube. Per offrire video in alta qualità in streaming e visibili istantaneamente, YouTube deve affrontare grandi spese per la gestione di server e centri dati, cui si aggiungono i costi notevoli per pagare i diritti sui contenuti coperti da copyright pubblicati dagli utenti sul sito. Sono quindi necessarie nuove strategie e soluzioni per aumentare i ricavi e superare le attuali chiusure “a malapena in pareggio”.

Per raggiungere questo obiettivo, nei prossimi mesi YouTube sperimenterà diverse cose. Si parla, per esempio, di un nuovo sistema simile a quello adottato da Facebook per fare avviare in automatico la riproduzione dei video in alcune circostanze. Per quanto riguarda la pubblicità, YouTube sta pensando a modi per ottenere più denaro dagli inserzionisti, creando offerte in esclusiva per mostrare le proprie campagne pubblicitarie prima della riproduzione dei video più popolari del momento. Infine, da tempo si parla della possibilità da parte di YouTube di utilizzare direttamente le informazioni raccolte da Google sui propri utenti quando si trovano all’interno dei suoi siti e servizi, in modo da mostrare pubblicità intorno ai video più coerenti con gli interessi e i gusti di chi li sta guardando. Per ora YouTube usa le informazioni raccolte da DoubleClick, che fa sempre parte di Google, ma che non comprende le informazioni sulle attività all’interno del motore di ricerca.