Un’altra notte alla Camera

Alle 3 del mattino si sono conclusi i lavori sul disegno di legge costituzionale, senza le opposizioni: l'approvazione definitiva è prevista per i primi di marzo

Foto Fabio Cimaglia / LaPresseRoma 13-02-2015PoliticaCamera dei Deputati - ddl RiformeNella foto Maria Elena BoschiPhoto Fabio Cimaglia / LaPresseRome 13-02-2015PoliticChamber of Deputies - ddl ReformsIn the photo Maria Elena Boschi
Foto Fabio Cimaglia / LaPresseRoma 13-02-2015PoliticaCamera dei Deputati - ddl RiformeNella foto Maria Elena BoschiPhoto Fabio Cimaglia / LaPresseRome 13-02-2015PoliticChamber of Deputies - ddl ReformsIn the photo Maria Elena Boschi

Questa notte attorno alle 3 si è conclusa l’approvazione dei quaranta articoli e dei molti emendamenti del disegno di legge sulle riforme costituzionali, proposto dalla maggioranza del governo. Il voto finale sul disegno di legge è previsto attorno ai primi giorni di marzo: poi, per la sua approvazione definitiva, il disegno di legge dovrà essere approvato con lo stesso testo ancora una volta in Senato e una alla Camera.

 

A partire dal pomeriggio di venerdì 13 febbraio, i lavori sono proceduti piuttosto rapidamente per la decisione dei partiti di opposizione di uscire dall’aula. Non hanno partecipato ai lavori Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Lega Nord e Sinistra Ecologia Libertà. Anche alcuni deputati della minoranza del PD, come Stefano Fassina e Pippo Civati, hanno deciso di lasciare l’aula. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è fatto vedere alla Camera pochi minuti prima della conclusione dei lavori: alle 4 di mattina, Renzi ha ringraziato i deputati rimasti in aula per la loro «tenacia».

Per tre giorni le opposizioni – soprattutto Movimento 5 Stelle e SEL – hanno contestato i tempi molto stretti scelti dal PD per portare avanti la discussione della riforma e hanno provato a fare ostruzionismo per rallentare l’esame degli emendamenti. Nella giornata di giovedì si era intravista la possibilità di migliorare le cose quando il M5S aveva proposto di votare l’intera riforma costituzionale a patto che fosse inserita nel voto finale di marzo una modifica all’articolo 15 della Costituzione per rimuovere il vincolo del quorum per i referendum abrogativi. Il PD ha però rifiutato l’offerta, definendola un ricatto (nel caso il disegno di legge costituzionale cambi durante la discussione, il suo iter deve cominciare da capo), e il confronto in aula con il M5S nelle ore seguenti è tornato a essere molto duro. Nella notte fra giovedì e venerdì c’erano state forti tensioni, proteste, espulsioni e persino risse tra maggioranza e opposizione. La seduta era stata sospesa più volte nel corso della notte ed era terminata intorno alle 4:30 del mattino.

foto: Foto Fabio Cimaglia / LaPresse