L’assassinio di Rafiq Hariri, 10 anni fa
L'ex primo ministro libanese fu ucciso con un'autobomba a Beirut: la sua morte mise fine all'occupazione siriana del Libano e cambiò la storia successiva del paese
Alle 12 e 55 del 14 febbraio 2005 un furgoncino Mitsubishi esplose in un quartiere di Beirut, la capitale del Libano, mentre passava il convoglio dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri. Ventidue persone, tra cui lo stesso Hariri e nove sue guardie del corpo, rimasero uccise in un’esplosione che aveva la forza di una tonnellata di TNT. Hariri era un musulmano sunnita e secondo molti sarebbe presto tornato alla guida del governo. La sua uccisione fu un momento storico per il Libano: decine di migliaia di persone scesero in piazza per manifestare contro il governo e chiedere il ritiro delle truppe siriane che occupavano il paese da più di 29 anni. La posizione della Siria, da sempre profondamente coinvolta nella politica libanese nonché sostenitrice del movimento estremista Hezbollah, fu messa in discussione. Dopo dieci anni dal suo assassinio, il tribunale internazionale che si sta occupando del caso deve ancora arrivare a un verdetto e le indagini sull’attentato hanno provocato in diverse occasioni agitazioni e proteste in tutto il Libano.
Chi era Rafiq Hariri
Hariri nacque nel 1944 a Sidone, in Libano, da una famiglia piuttosto povera. Per cercare lavoro si trasferì in Arabia Saudita dove venne assunto da un’impresa di costruzioni. Nel giro di pochi anni, sfruttando il boom economico provocato dall’aumento dei prezzi del petrolio degli anni Settanta, Hariri fondò la sua compagnia di costruzioni e divenne uno degli uomini d’affari più vicini alla famiglia reale saudita. Negli anni Novanta la rivista Forbes lo inserì nella lista dei cento uomini più ricchi del mondo: Hariri tornò in Libano, dove all’epoca si stava combattendo una violenta guerra civile.
Nel 1990 Hariri partecipò alla stesura degli accordi che misero ufficialmente fine alla guerra. Due anni dopo fu nominato primo ministro. Hariri fu il primo leader dopo anni a non provenire dall’esercito, dai gruppi armati e dalle milizie che si erano scontrate nel paese durante la guerra. Rimase al potere dal 1992 al 1998 e poi di nuovo dal 2000 al 2004, guidando in tutto cinque governi diversi. Molti commentatori libanesi e occidentali, oltre a un gran numero di leader internazionali, considerano i governi di Hariri un momento positivo per il Libano.
Hariri si impegnò nella ricostruzione del paese dopo la guerra civile e ottenne aiuti da parte della Banca Mondiale e dell’Unione Europea. I risultati delle sue operazioni furono però piuttosto contrastanti. Molte infrastrutture vennero ricostruite e le tensioni religiose diminuirono: nel frattempo, tuttavia, il paese accumulò un enorme debito pubblico e un deficit significativo senza riuscire a riottenere lo status di “capitale finanziaria” del Medio Oriente che aveva avuto fino all’inizio della guerra civile. La situazione economica stagnante e alcune accuse di corruzione fecero calare la popolarità di Hariri che nel 1998 fu obbligato a dimettersi. Ritornò al potere nel 2000 e guidò il Libano durante un breve periodo di espansione economica, dovuto soprattutto all’arrivo di turisti dai paesi del Golfo. Nel 2004 si dimise nuovamente a causa di una serie di tensioni con il presidente libanese Émile Lahoud, fortemente appoggiato dalla Siria.
Com’era il Libano prima dell’assassinio di Hariri
Fino agli anni Settanta il Libano era il paese più ricco, moderno e laico di tutto il Medio Oriente. Era considerato una sorta di modello, visto che entro i suoi confini convivevano in maniera piuttosto pacifica sunniti, sciiti e cristiani, oltre a molte altre minoranze. Nel corso degli anni Settanta il Libano venne attirato nell’orbita dei conflitti tra Israele, i movimenti di liberazione palestinese e la Siria. I vari gruppi etnici e religiosi del Libano cominciarono a formare milizie appoggiate dai vari attori regionali e il paese entrò in un lungo periodo di guerra civile.
Nel 1976 la Lega Araba approvò l’invio di una “forza di pace” composta in gran parte da truppe siriane, ma questo non servì a fermare gli scontri tra le milizie musulmane e quelle cristiane. Il governo siriano, più che pensare alla pace, cercò di trasformare il Libano in un base per lanciare attacchi contro Israele. Nel 1982 Israele invase il Libano, con lo scopo di espellere i membri dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) che si erano insediati in alcuni quartieri di Beirut anche grazie all’appoggio della Siria. I militari israeliani lasciarono campo libero alle milizie cristiane che nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila uccisero centinaia di civili. In quegli anni la situazione si complicò ulteriormente con la nascita di Hezbollah, un gruppo politico, religioso e militare sciita, appoggiato da Siria e Iran.
Hariri ebbe quasi sempre il ruolo del moderato. Rappresentava soprattutto i libanesi cristiani ed era contrario a Hezbollah e alle ingerenze siriane nella politica del paese: contro i miliziani di Hezbollah e i siriani, comunque, non prese mai posizioni apertamente conflittuali. Nel 2005 l’occupazione siriana era oramai diventata insostenibile sia per gran parte dei libanesi che per la comunità internazionale. All’epoca in molti ritenevano che il governo libanese filo-siriano sarebbe presto caduto e che sarebbe stato sostituito da un nuovo governo guidato proprio da Hariri che avrebbe finalmente messo fine all’occupazione. Poi Hariri venne assassinato.
La rivoluzione dei cedri
In seguito all’assassinio di Hariri, decine di migliaia di persone protestarono a Beirut e in molte altre città del paese: non si trattava di manifestazioni confessionali. In Occidente le manifestazioni furono soprannominate la “rivoluzione dei cedri” (il cedro è l’albero simbolo del Libano e compare anche nella sua bandiera), mentre nei paesi arabi furono chiamate “l’intifada per l’indipendenza”. In poche settimane, e senza particolari violenze, i manifestanti riuscirono a ottenere gran parte di quello che avevano chiesto. Il governo filo-siriano si dimise e la comunità internazionale aumentò le sue pressioni affinché la Siria cessasse la sua occupazione militare. Il 30 aprile 2005, dopo 29 anni di occupazione, il regime siriano annunciò il suo ritiro completo dal paese. Dopo la morte di Rafiq Hariri, la guida del suo partito (il Movimento per il Futuro) fu presa da suo figlio Saad che la detiene tuttora. Saad è stato anche primo ministro libanese tra il 2009 e il 2011.
I responsabili
Nel 2006 il nuovo governo libanese accettò di collaborare alla formazione di un tribunale speciale dell’ONU, con sede nei Paesi Bassi, per indagare sull’assassinio di Hariri. Fu la prima volta che fu creato un tribunale internazionale per identificare i singoli responsabili di un attacco terroristico. Nel 2011 il tribunale ha formulato quattro richieste di arresto per altrettanti cittadini libanesi, tutti membri di Hezbollah. Nessuno dei quattro è stato arrestato e al momento il processo contro di loro prosegue in contumacia. Hezbollah ha sempre respinto le accuse nei suoi confronti, accusando invece i servizi segreti israeliani dell’attacco. Secondo molti esperti e giornalisti, Hariri venne ucciso su ordine del governo siriano e l’attentato venne compiuto da alcuni membri dell’organizzazione Hezbollah.