10 consigli per evitare di dire cose false in pubblico
E quindi per non fare la fine di Brian Williams, famoso giornalista americano che si è inventato un aneddoto di guerra
di Christopher Chabris e Daniel Simons – Slate
Christopher Chabris e Daniel Simons sono due professori universitari di psicologia. Insieme, nel 2010 hanno pubblicato il libro Il gorilla invisibile… e altri modi in cui le nostre intuizioni ci ingannano.
Per anni il presentatore di Nightly News, Brian Williams, che ha condotto il più popolare fra i programmi d’informazione serale negli Stati Uniti, ha raccontato diverse versioni di una cosa che gli è successa in Iraq nel 2003. Williams aveva raccontato che un elicottero sul quale stava viaggiando era stato colpito da un lanciarazzi, e che successivamente era stato costretto a un atterraggio di emergenza. La settimana scorsa Williams ha ammesso che i punti chiave della vicenda sono falsi e si è scusato (ma NBC l’ha sospeso per sei mesi). La questione, ovviamente, non è se Williams si sia inventato o meno la storia: vale la pena capire, invece, se l’abbia inventata per un tornaconto personale oppure abbia involontariamente assimilato la memoria di una cosa che non è mai avvenuta.
Nessuno, che io sappia, ha mai provato a inserire un ricordo falso di una sparatoria in elicottero. Ma alcuni ricercatori hanno ripetutamente dimostrato in laboratorio che è possibile contribuire alla formazione di un ricordo falso, riconosciuto però come autentico da chi lo possiede. Nel 1995 Elizabeth Loftus e Jacqueline Pickrell convinsero alcune persone che da bambine si erano perse in un centro commerciale. In un altro studio pubblicato nel 2002 un gruppo di scienziati mostrò ad alcuni volontari un’immagine photoshoppata di loro stessi, da piccoli, mentre si trovavano nel cesto di una mongolfiera. Metà dei partecipanti, in seguito, sviluppò un ricordo completo o parziale dell’evento, a volta addirittura “ricordandosi” dettagli aggiuntivi su quella giornata.
Persino i ricordi legati a eventi tragici e a forte impatto emotivo possono cambiare radicalmente. Col tempo ci dimentichiamo dei dettagli: ci rimane il concetto chiave della storia, ma a volte non siamo neppure in grado di capire se una certa cosa è accaduta a noi o l’abbiamo semplicemente ascoltata. Hai il distinto ricordo di esserti chiuso la mano nella portiera della macchina, da piccolo: ma poi litighi con tua sorella perché lei dice che era capitato a lei. Non abbiamo prove scientifiche dell’esistenza di una linea netta fra ricordi “fragili” e altri che non possono essere distorti.
Dopo decenni di casi ben documentati del genere, però, le persone che si occupano del rapporto tra fatti e verità – giornalisti, politici, capi di azienda, giudici, avvocati e personaggi pubblici – dovrebbero essere ben consapevoli di questi limiti. Devono essere i primi a comprendere la fallibilità della propria memoria e fare qualcosa per ridurre al minimo gli errori. È meglio pensarci due volte prima di dire una certa cosa, sia per se stessi che per il proprio pubblico: dopo tutto, una volta che ti hanno scoperto a dire una bugia, la gente penserà che tu sia un bugiardo cronico, e che abbia mentito su un sacco di cose.
La vicenda di Brian Williams non si è ancora conclusa, e un’indagine più approfondita potrebbe rivelare che sapeva di non stare dicendo la verità a proposito di quell’episodio accaduto in Iraq. Ma sappiamo bene quanto sia facile che un certo ricordo venga distorto: ed ecco alcuni consigli per ridurre al minimo le possibilità che una cattiva ricostruzione degli eventi generi una situazione imbarazzante con il proprio pubblico, o il proprio capo, o con la verità stessa.
1. Non confondere un ricordo con un fatto
Conoscendo il modo in cui funziona la memoria, non si può mai essere sicuri al 100 per cento di un ricordo. Anche le ricostruzioni che sembrano “scolpite nella memoria” potrebbero rivelarsi fallaci. Se non si ha a disposizione una fonte affidabile, è sempre meglio usare espressioni come «almeno, questo è quello che mi ricordo», «mi spiace non poter fornire altre informazioni, ma io ricordo che…».
2. Non pensare cose come “questo ricordo è speciale”
Alcune persone ritengono che un ricordo particolarmente vivido sia di conseguenza immune da varie distorsioni. Non è vero. Capita invece che un ricordo molto sentito e importante possa essere raccontato diverse volte: ogni volta è possibile che venga aggiunto un nuovo particolare inventato, come nel gioco del “telefono senza fili”.
3. Minimizzare il proprio ruolo nella vicenda
Le storie più riuscite spesso sono quelle che descrivono il protagonista come astuto, assennato, eroico: forse più quanto sia stato, in realtà. È necessario stare molto attenti ai ricordi di vicende di cui si è protagonisti: ogni distorsione che vi fa fare una figura migliore è facilmente criticabile e rende l’aneddoto più debole.
4. Verificare i fatti
Prima di raccontare una storia la cui veridicità è un punto chiave, è meglio verificare che sia davvero avvenuta. Per un personaggio pubblico è sufficiente fare una ricerca su Internet (lo stesso Brian Williams aveva a disposizione uno staff di produttori, vari archivi di news da consultare e il vantaggio di essere un giornalista famoso, cosa che rende possibile parlare praticamente con chiunque).
5. Contattare le fonti originali
L’ex giornalista della CNN Kimberly Dozier ha raccontato che durante la scrittura di un libro incentrato su un aneddoto personale – un incidente quasi mortale con un’autobomba in Iraq – si era messa a intervistare i soldati ed altre persone che si trovavano con lei al momento dell’incidente. Aveva scoperto che molte persone ricordavano in maniera diversa persino i punti chiave di quell’evento. Ma ci possono essere delle discrepanze anche nei ricordi che non sono agganciati a esperienze stressanti.
6. Consultare il proprio archivio personale
I propri ricordi possono essere corroborati consultando i dati contenuti nel proprio smartphone o nel proprio computer. Mail inviate, SMS, calendari, timeline di Facebook e Twitter: tutto materiale da consultare, per ricostruire cose accadute in passato nella nostra vita.
7. Citare sempre le fonti
Documentare con precisione la fonte di un certo fatto, anche solo nei propri appunti, rinforza una certa affermazione basata magari su un unico ricordo. Citare in modo corretto è già di per sé una prima risposta a possibili critiche. Ancora meglio, nel caso le circostanze lo permettano, elencare o linkare le proprie fonti, cosicché i critici possano controllare loro stessi la veridicità di una data informazione.
8. Creare ricordi più oggettivi
È una buona abitudine prendere appunti durante una riunione o immediatamente dopo, e chiedere agli altri partecipanti di confermare la loro accuratezza. È bene includere anche le proprie osservazioni personali: la memoria si perde le cose più rapidamente di quanto pensiamo e anche quando confidiamo di poter ricordare ogni dettaglio di un certo evento, in realtà non lo facciamo. Si possono prendere appunti sulla propria agenda o sul proprio smartphone/tablet grazie ad app come Evernote. Alcune persone preferiscono registrarli via audio. Non importa in che formato lo facciate, ma teneteli al sicuro e fate un backup.
9. Collaborare
Colleghi e assistenti possono fornire un fact checking di base e incoraggiarvi a verificare o citare le fonti. Non fateci troppo affidamento, però: il rischio è quello di farsi scappare un numero sempre maggiore di errori.
10. Rallentare
Tutti questi passaggi richiedono tempo ed energie. Passate un po’ di tempo in più su ogni articolo, documento o discorso che producete. Scrivere troppo di fretta equivale a prendere una scorciatoia: come lo è affidarsi esclusivamente ai propri ricordi.
nella foto, Brian Williams (Monica Schipper/Getty Images for New York Comedy Festival)
©Slate 2015