L’inchiesta sui conti in Svizzera, spiegata
Per chi vuole capire una volta per tutte la storia riguardo HSBC e la "lista Falciani" di cui si parla da anni e che domenica sera è tornata sui giornali di mezzo mondo
Dalla sera di domenica 8 febbraio i principali giornali internazionali hanno cominciato a pubblicare parte di una grande inchiesta sull’evasione fiscale legata alla cosiddetta “lista Falciani”, di cui si parla da diversi anni, e alla filiale di Ginevra della HSBC, una banca inglese tra le più grandi del mondo. L’inchiesta – che è stata chiamata “SwissLeaks“, che è durata otto mesi e che riguarda anche l’Italia – è stata condotta, tra gli altri, dai britannici Guardian e BBC, dal francese Le Monde (che ha fornito gli elenchi), dal tedesco Suddeutsche Zeitung e dall’Espresso, ed è stata coordinata dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), rete di 185 giornalisti di 65 paesi diversi con sede a Washington che ha lavorato di recente all’inchiesta sul Lussemburgo (“LuxLeaks”). “SwissLeaks” racconta tre cose principali: i numeri di questo vasto sistema di elusione ed evasione fiscale a livello mondiale, i nomi delle persone coinvolte e il fatto che il meccanismo fosse accettato e in qualche modo incoraggiato da HSBC.
I numeri e la lista
La storia comincia quando un tecnico informatico della filiale di Ginevra di HSBC, Hervé Falciani, sottrae alla banca una serie di dati – che per questo vengono chiamati anche “lista Falciani” – riguardo il periodo tra il novembre del 2006 e il marzo del 2007. Secondo i dati, circa 180,6 miliardi di euro sarebbero transitati a Ginevra sui conti di circa 100 mila clienti della banca svizzera e di 20 mila società offshore. Circa 7 mila di questi conti sono intestati a cittadini italiani con quasi sei miliardi e mezzo di euro affidati alla filiale svizzera di HSBC: per numero di clienti l’Italia è al quinto posto dopo la Svizzera, la Francia, il Regno Unito e il Brasile mentre è al settimo per quanto riguarda le somme depositate. Oltre 5,7 miliardi sarebbero stati distribuiti da HSBC in paradisi fiscali soltanto per conto di clienti francesi, scrive Le Monde.
La storia è piuttosto complicata, coinvolge anche una collega di Falciani – che alcuni giornalisti hanno ritenuto essere la sua ex amante – e non è chiarissima almeno per quanto riguarda le intenzioni iniziali: Falciani ha sostenuto di aver contattato polizie e servizi segreti di vari paesi d’Europa per consegnare la lista e far condannare gli evasori. La sua collega, invece, ha detto che Falciani si è rivolto alla polizia soltanto dopo che i tentativi di vendere la lista a varie banche concorrenti di HSBC erano falliti.
(Da dove arriva la “lista Falciani”)
Comunque sia andata, alla fine del 2008 Falciani ha cominciato a collaborare con la polizia francese (oggi vive in Francia sotto protezione) e la lista è finita nelle mani dell’allora ministro delle Finanze Christine Lagarde che dal 2010 ha cominciato a preparare una serie di elenchi riservati con i nomi contenuti nei file e ad inviarli a ciascun paese coinvolto (oggi Lagarde è capo del Fondo Monetario Internazionale). La cosiddetta “lista Lagarde” ha portato a vari arresti in Grecia, Spagna, Stati Uniti, Belgio e Argentina e in alcuni paesi anche parte del denaro sottratto al fisco è stato restituito. Il caso è finito sui giornali italiani nel gennaio del 2011 quando si è cominciato a pubblicare le prime indiscrezioni sulla parte italiana della lista Falciani. Dopo anni dal suo ricevimento, però, la lista Falciani non ha prodotto nessun risultato. Varie Commissioni tributarie e altri tribunali hanno stabilito che la lista è inutilizzabile: i dati sono stati rubati e quindi non possono essere utilizzati come prova in tribunale. Scrive l’Espresso:
Nel 2010 il governo francese ha distribuito la lista Falciani ad altri paesi, perché verificassero le posizioni dei loro cittadini. Le autorità inglesi hanno scoperto che 3.600 nomi, su 5 mila, non erano in regola, riuscendo così a recuperare 135 milioni di euro di imposte arretrate. In Spagna si è raccolto ben di più, 220 milioni, un record rispetto anche ai 188 milioni recuperati da Parigi. In Italia molti personaggi sono stati indagati per frode fiscale da diverse procure ma sulla possibilità di usare i dati nelle dispute fiscali sono stati aperti numerosi ricorsi.
Il sistema
Il Guardian ha riassunto il sistema di evasione che veniva facilitato dalla filiale svizzera HSBC: dal 2005 la filiale avrebbe contattato i suoi clienti più facoltosi proponendo loro di occultare i soldi in società con sede nei cosiddetti paradisi fiscali, cioè paesi con tassazioni molto agevolate se non pressoché inesistenti. La filiale avrebbe cioè permesso ai suoi clienti di eludere le tasse e nascondere milioni di dollari, distribuendo denaro contante non rintracciabile e dando consigli su come aggirare le autorità fiscali. Avrebbe infine fornito tali “servizi”, precisa il Guardian, anche «a criminali internazionali, uomini d’affari corrotti e ad altri soggetti ad alto rischio».
I vertici della banca hanno inizialmente chiesto che i dati non venissero resi noti. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta e interpellata dal giornale britannico, HSBC ha ammesso che ci sono stati comportamenti irregolari da parte della filiale svizzera, ma ha cercato di minimizzare spiegando che per molti anni dopo l’acquisto nel 1999 la HSBC Private Bank di Ginevra è rimasta sostanzialmente indipendente all’interno del gruppo e che questo ha significato, per molti anni, «standard molto più bassi in termini di controllo». HSBC dice che oggi i controlli sulle attività della sua filiale di Ginevra sono molto più severi e regolari. In una dichiarazione scritta ha fatto sapere: «La banca ha intrapreso passi significativi per aumentare le verifiche e respingere i clienti che non rispettano i nuovi parametri, inclusi coloro che davano elementi di preoccupazione sul fronte fiscale. Come risultato di questa linea, la base dei clienti dal 2007 si è ridotta di quasi il 70 per cento».
I nomi
La lista dei clienti della HSBC coinvolti nell’inchiesta Swissleaks si trova sul sito dell’International Consortium of Investigative Journalists. Ci sono attori, attrici e modelle, re, cantanti, imprenditori e banchieri, tra gli altri. L’elenco è naturalmente lunghissimo ma bisogna tenere a mente una cosa importante: come precisa l’ICIJ, la presenza dei nomi nell’inchiesta non significa automaticamente che queste persone abbiano commesso dei reati o che comunque nel frattempo non abbiano regolarizzato la loro posizione.
Nell’elenco ci sono anche nomi meno famosi ma accusati di avere fornito armi per finanziare la guerra in Liberia o esponenti di organizzazioni saudite indicate tra i finanziatori di al-Qeada o, ancora, uomini vicini a dittatori e importanti politici: c’è il cugino del presidente siriano Bashar al Assad, c’è un ex ministro egiziano vicino a Hosni Mubarak, ci sono persone considerate vicine a Vladimir Putin e all’ex primo ministro cinese Li Peng. E ci sono nomi di persone che alla banca, secondo l’inchiesta, erano note per le loro attività “sospette”. Tra questie anche alcuni commercianti di pietre preziose: compare ad esempio Emmanuel Shallop, successivamente condannato per questi traffici e sotto indagine in Belgio (nei documenti della banca si legge: «Abbiamo aperto un conto per lui basato a Dubai. Il cliente è molto cauto attualmente perché sente la pressione delle autorità belghe per le sue attività nelle frodi fiscali sui diamanti»).
In uno dei file ci si occupa di un finanziere residente a Londra, indicato con il nome in codice di «Painter», il “Pittore”. Un funzionario della HSBC dice come il “Pittore” potrebbe evadere il fisco italiano assieme a un suo socio: «Il rischio per i due è che, naturalmente, una volta tornati in Italia le autorità britanniche del fisco possano trasferire le informazioni a quelle italiane. Il mio parere sulla faccenda è che chiaramente esiste un rischio».