I soldi che Tsipras vuole dalla Germania
Il nuovo primo ministro greco vuole chiedere i risarcimenti per i danni causati dalla Germania nelle due guerre mondiali: «un obbligo storico»
Domenica 8 febbraio il primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras, ha fatto il suo discorso programmatico al Parlamento di Atene che martedì dovrà votare la fiducia al nuovo governo. Come hanno scritto diversi quotidiani internazionali si è trattato di una dichiarazione politica «decisamente di sinistra», e destinata a soddisfare soprattutto l’elettorato greco piuttosto che gli altri paesi europei. Tsipras ha confermato le misure che intende approvare per le persone più povere (l’aumento del salario minimo e delle pensioni più basse), il blocco di alcune privatizzazioni già in corso e la riapertura della tv pubblica greca ERT chiusa dal precedente governo. Il nuovo primo ministro ha anche detto che non intende modificare le sue promesse elettorali nel rapporto con l’Europa: «Mi impegno a rispettare il programma del partito con cui ho vinto le elezioni». Tsipras ha cioè ribadito il rifiuto di ulteriori aiuti da parte della Troika, il gruppo formato da Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Commissione Europea che fino a oggi ha garantito al paese i prestiti necessari a mantenere in piedi il governo: e anche la volontà di non ripagare i debiti contratti in questi anni nei tempi previsti
Un passaggio molto citato da Tsipras è stato quello relativo alle riparazioni di guerra della Germania, dicendo che chiederle è «un obbligo storico». «La Grecia ha un obbligo morale davanti al nostro popolo, alla storia, a tutti gli europei che hanno combattuto e dato la loro vita contro il nazismo. Il nostro obbligo storico è reclamare il prestito e le riparazioni per l’occupazione». Il riferimento di Tsipras è alla Conferenza di Londra del 1953 e al cosiddetto London Debt Agreement. Il 24 agosto di quell’anno – dopo mesi di negoziati – la Germania e altri 21 paesi firmarono un trattato in cui vennero prese due decisioni fondamentali per il futuro della Germania e che avevano a che fare con il debito che la Germania stessa aveva contratto durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, tra il 1919 e il 1945. La Germania era andata in bancarotta due volte nel corso del Novecento: nel 1923 e, di fatto, anche nel secondo dopoguerra.
La prima decisione riguardò il debito accumulato fino al 1933 (32 miliardi, pari cioè al 100 per cento del PIL del paese): si decise che sarebbe stato pagato a condizioni molto favorevoli, con interessi così bassi da determinare uno sconto che venne unanimemente fissato nella metà, circa, del totale dovuto. Il governo guidato da Konrad Adenauer ottenne quindi la cancellazione immediata di circa 16 miliardi e la restituzione in 30 anni degli altri 16. Tra i paesi che decisero di accettare la cancellazione c’erano l’Italia di De Gasperi e anche la Grecia, che aveva subito enormi danni durante i quattro anni di occupazione della Seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedesche. Gli altri erano Belgio, Canada, Ceylon (l’attuale Sri Lanka), Danimarca, Iran, Irlanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito, Francia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia. L’Unione Sovietica, invece, pretese e ottenne i pagamenti.
La seconda decisione riguardò le riparazioni dei danni causati dalla Germania nelle due guerre mondiali. Questi pagamenti vennero messi in relazione con la riunificazione tedesca e sostanzialmente rimandati a quel momento. Nel trattato firmato nel settembre del 1990 non si trova però traccia di questo argomento e i risarcimenti, invece di essere saldati come stabilito dagli accordi di Londra, sparirono completamente: fu il cancelliere Kohl a opporsi spiegando che una richiesta del genere non era sostenibile e che avrebbe portato a un terzo default della Germania. In cambio offrì il forte impegno economico tedesco nello sviluppo del progetto europeo.
In entrambe queste decisioni, la Grecia fu tra i principali paesi in disaccordo con un compromesso così favorevole alla Germania, ma in entrambi i casi prevalsero le posizioni degli Stati Uniti e di altri che volevano evitare il collasso economico e finanziario della Germania. I principi degli accordi furono due: i pagamenti non avrebbero dovuto mettere in pericolo il benessere della popolazione e avrebbero dovuto dare la possibilità di ricostruire l’economia e la società nel lungo periodo; inoltre furono basati e modificati sulla effettiva capacità del debitore, cioè della Germania, di fare fronte ai pagamenti. Le decisioni di Londra furono prese perché i vari governi, si legge all’inizio del trattato, erano «animati dal desiderio di rimuovere gli ostacoli che impediscono di stabilire relazioni economiche normali tra la Repubblica federale di Germania e gli altri paesi e di contribuire in tal modo allo sviluppo di una comunità prospera di nazioni».
A partire dagli anni Sessanta la Germania ha firmato accordi di compensazione volontari con alcuni paesi per i risarcimenti causati dal nazismo; nell’ottobre del 2010 ha finito di rimborsare esclusivamente i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultima rata per un importo di 69,9 milioni di euro.