Come devono vivere le donne secondo l’ISIS
Un documento firmato da un gruppo di donne dell'IS spiega che il modello occidentale è sbagliato (le donne devono smettere di studiare a 15 anni, per esempio)
A gennaio è cominciato a circolare su alcuni forum online usati dai miliziani dello Stato Islamico – o ISIS, il gruppo estremista islamico che controlla mezza Siria e un terzo dell’Iraq – un documento di circa 30 pagine intitolato “Le donne dello Stato Islamico: un manifesto e un caso di studio”. Il documento, che parla estesamente del ruolo della donna secondo la visione dell’IS riguardo l’islam, sembra sia stato scritto dalla brigata al Khanssaa, un gruppo di combattenti donne dell’IS: contiene fra le altre cose diverse indicazioni sui corretti comportamenti che devono assumere le donne musulmane. Si tratta di regole particolarmente discriminatorie (lo Stato Islamico è noto anche per la brutalità nei confronti delle donne): il manifesto consiglia alle donne di essere pronte al matrimonio verso i 9 anni, di smettere di studiare a 15 anni e di passare la propria vita preferibilmente in casa. Non è chiaro se sia stato scritto da una o più donne.
“Le donne dello Stato Islamico: un manifesto e un caso di studio” è il primo documento che racconta dall’interno la condizione della donna nel Califfato Islamico. Il documento è stato ripreso in questi giorni da diversi siti e giornali occidentali dopo che è stato tradotto dalla Quilliam Foundation, un centro studi britannico che si occupa di pratiche anti-terrorismo.
Il manifesto è diviso in tre sezioni: nella prima vengono descritte le qualità che una donna musulmana deve avere secondo l’IS e quali comportamenti deve tenere. Nella seconda parte è contenuto un resoconto della vita delle donne in due città controllate dallo Stato Islamico, Raqqa in Siria e Mosul in Iraq. La terza parte mette a confronto la vita delle donne nel Califfato Islamico e quella delle donne che vivono in Arabia Saudita (un paese in cui fra l’altro le donne non possono guidare e non possono fare diverse cose senza il permesso del tutore maschio, come viaggiare all’estero, sposarsi, frequentare le scuole superiori o sottoporsi ad certe procedure mediche).
Il testo contiene moltissime citazioni del Corano e il tono dell’autrice (o delle autrici) è piuttosto aggressivo. Secondo la Quilliam Foundation, il fatto che non sia stato tradotto indica che non è stato scritto per circolare in Occidente: il suo obiettivo sembra essere quello di «reclutare» le donne dei paesi arabi, oltre che quello di «confutare le voci dei critici» riguardo la condizione della donna nel Califfato Islamico: ci sono diversi passaggi contraddittori che spiegano che l’IS «non sostiene l’ignoranza» e che l’Islam in generale «cerca solamente di sconfiggerla».
Cosa c’è nel manifesto
La prima sezione ricorda che «lo scopo fondamentale dell’umanità è quello di adorare Dio» e contiene una lunga critica al modello occidentale dell’equità di genere e della condizione della donna. Il manifesto sostiene sostanzialmente che nelle società occidentali si è creata una “confusione” sul ruolo della donna, determinata dall’«aumento del numero di uomini “demascolinizzati”».
«Poiché gli uomini trattano le donne come loro pari, non riescono più a distinguersi da loro: questo ha portato le donne ad abbandonare il proprio ruolo secondo quanto dice il Corano […]. Per una donna, un corretto stile di vita prevede vivere con i suoi figli e la sua gente ed educare, proteggere e occuparsi della prossima generazione. […] Per le donne, Dio ha previsto un’esistenza sedentaria».
Per educare i figli al meglio, dice il documento, la donna però «non può essere un’ignorante e un’illetterata». Si suggerisce quindi una specie di timeline per l’educazione della donna («niente di approfondito: è una semplice proposta»).
Dai sette ai nove anni, le donne dovranno studiare tre cose: le leggi islamiche (fiqh) e la religione, l’arabo del Corano (scritto e orale) e la scienza (cioè l’aritmetica e le scienze naturali). Dai dieci ai dodici anni ci sarà più spazio per gli studi religiosi: e in particolare la fiqh riguardo le donne e le leggi del matrimonio e del divorzio (in aggiunta alle precedenti due materie). Saranno anche insegnati la pratica del cucito e della cucina base. Dai tredici ai quindici anni dovranno concentrarsi sulla Shariah e sulle arti manuali (specialmente quelle relative all’educazione dei bambini), meno sulla scienza. In aggiunta sarà necessaria un po’ di storia dell’islam.
Il documento suggerisce inoltre che «per una ragazza è legittimo sposarsi a nove anni» e che «le ragazze più pure si sposeranno a sedici o diciassette anni». Dice anche che «l’urbanizzazione, la modernità e la moda vengono offerte dal diavolo in forma di negozi di moda e saloni di bellezza» e che una donna islamica dovrebbe avere pochi buoni motivi per uscire di casa. Dovrebbe farlo solo per andare a studiare teologia, se di lavoro fa l’insegnante o il medico per donne, oppure se va a combattere contro gli infedeli.
Le ultime due sezioni sono piene di frasi di propaganda che raccontano quando sia migliore la vita all’interno dello Stato Islamico rispetto al resto: in un passaggio, si legge che «l’IS ce la sta mettendo tutta per sradicare la povertà e realizzare la giustizia sociale, come dicono gli economisti. Per molte persone la vita sotto l’IS è quindi diventata più semplice e ci sono più opportunità per lavorare e guadagnarsi da vivere».
Cosa se ne è detto
La giornalista femminista Deborah Orr ha scritto sul Guardian un lungo editoriale riguardo il documento. Nell’articolo, Orr sviluppa un concetto secondo il quale la volontà di segregare le donne ha senso solo per chi ha «un’opinione dei maschi spettacolarmente bassa.»
Cosa c’è di più odioso – per un maschio e verso un maschio – dell’idea che non ci si possa minimamente fidare di lui sul fatto che sia capace di stare accanto a una donna con buon senso e dignità? Che sia necessario segregarla e tenerla al sicuro dalla pericolosa società creata dai maschi? I fondamentalisti islamici devono provare un disgusto di se stessi durante ogni momento della loro esistenza. Persone del genere trovano conforto solamente nell’odiare un altro gruppo di persone: e cioè quelli che ritengono essere gli ipocriti dell’Occidente.
Ai loro occhi siamo sciocchi perché credono che solo un mondo senza possibilità di scelte e diversità di opinione sia un mondo senza conflitto. Secondo loro, l’Islam è una religione di pace perché nessun argomento contrario è tollerato. Combattono per un mondo senza guerra: non si accorgono che un mondo del genere, per loro, sarebbe un incubo.
Mi sembra che i fondamentalisti, sia donne che uomini, non vogliano essere niente di più che stereotipi. Questo non è semplicemente sciocco e assurdo: è triste e tragico.
foto: SAFIN HAMED/AFP/Getty Images