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  • Martedì 3 febbraio 2015

In Croazia e Serbia non ci fu genocidio

Lo ha stabilito la Corte internazionale di giustizia dell'Aia, respingendo le accuse reciproche che i due paesi si erano fatti dopo la guerra nei Balcani

La Corte internazionale di giustizia dell’Aia (Paesi Bassi), il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, ha respinto le accuse di genocidio che Serbia e Croazia si erano mosse a vicenda negli ultimi anni. Secondo i giudici che hanno analizzato il caso, nessuna delle due parti è stata in grado di produrre prove sufficienti per dimostrare con certezza l’esistenza di piani per compiere un genocidio, nell’ambito dei complicati e sanguinosi anni delle guerre in Jugoslavia nella prima metà degli anni Novanta.

Ex Jugoslavia
In estrema sintesi, la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia fu costituita alla fine della Seconda guerra mondiale e fu governata principalmente da Josip Broz Tito, che dopo un ventennio di presidenza stabilì che il suo incarico di presidente sarebbe proseguito a vita. Tito morì nel 1980 e negli anni seguenti iniziarono a riemergere conflittualità e nazionalismi tra le varie popolazioni che erano state unite nella federazione. Il processo, che si verificò in parallelo con la progressiva dissoluzione dell’Unione Sovietica, portò quattro delle sei repubbliche socialiste a dichiarare la loro indipendenza tra il 1991 e il 1992. Serbia e Montenegro, le uniche rimaste, nel 1992 formarono la Repubblica Federale di Jugoslavia, fino alla definitiva separazione avvenuta nel 2006.

Il processo di dissoluzione della Jugoslavia (Wikipedia)
balcani

Le accuse tra Serbia e Croazia
Il processo che portò i diversi stati a essere indipendenti non fu indolore. L’esercito jugoslavo era soprattutto sotto il controllo della Serbia e ci furono dispute territoriali che portarono a molti conflitti e alla morte di almeno 20mila persone, molte delle quali di origini croate.

Ad alcuni anni dalla fine della guerra, nel 1999 la Croazia avviò un’iniziativa presso la Corte internazionale di giustizia, accusando il governo serbo guidato da Slobodan Milosevic di avere agito appositamente per realizzare un genocidio dei croati. Le accuse si concentrarono soprattutto sui fatti di Vukovar, città nell’est della Croazia dove nel 1991 i soldati dell’esercito federale jugoslavo, fedele alla Serbia, portarono avanti un durissimo assedio per tre mesi radendo al suolo con colpi di mortaio interi quartieri della città. I soldati serbi compirono diverse operazioni di pulizia etnica e altri crimini di guerra nei confronti della popolazione. L’obiettivo era cacciare i croati, che fino ad allora avevano convissuto pacificamente con i serbi. Decine di migliaia di croati furono costretti a fuggire, oltre 250 furono imprigionati e uccisi.

Anche in seguito all’iniziativa legale della Croazia, nel 2010 la Serbia rispose con una propria causa sempre presso la Corte internazionale di giustizia dell’Aia accusando il governo croato di avere portato avanti una pulizia etnica nei confronti dei serbi in alcuni territori bombardati nel 1995 nell’ambito dell’Operazione Tempesta. I bombardamenti furono condotti per recuperare il controllo di ampie zone occupate e abitate dai serbi in Dalmazia e in Slavonia. Si stima che morirono circa 2mila serbi, tra soldati e civili, e che oltre 250mila persone furono costrette a lasciare terre e proprietà ai croati.

La decisione della Corte
Leggendo la sentenza, il giudice Peter Tomka della Corte internazionale dell’Aia ha spiegato che durante le guerre nei Balcani entrambe le parti compirono atti molto violenti, ma che le prove su questi non sono sufficienti per dimostrare “lo specifico intento di compiere un genocidio”. Tomka ha anche spiegato che ciò che viene comunemente definito “pulizia etnica” non costituisce di per sé un genocidio: “Gli atti di pulizia etnica possono essere parte di un piano per compiere genocidio, ma solo se c’è un’intenzione di distruggere un determinato gruppo di persone”.

Da tempo analisti e storici erano arrivati alla conclusione che la Corte si sarebbe espressa respingendo le accuse reciproche tra Serbia e Croazia. Non è però ancora chiaro perché i giudici abbiano tirato avanti così a lungo le cause, soprattutto quella della Croazia nei confronti della Serbia.

Il ministro della Giustizia della Serbia, Nikola Selkovic, ha detto che la sentenza “porta a una nuova pagina nelle relazioni con la Croazia”. Il presidente serbo, Tomislav Nikolic, ha detto che confida in un ulteriore periodo di pace tra i due paesi. Il primo ministro della Croazia, Zoran Milanovic, è stato invece meno accomodante: “Non siamo soddisfatti con la decisione della Corte, ma la accettiamo civilmente”.

Nella foto: il cimitero di guerra di Vukovar, in Croazia – (AP Photo/Darko Bandic)