La più importante operazione della CIA dopo l’uccisione di Osama bin Laden
Fu l'assassinio di un capo di Hezbollah, nel 2008, con la collaborazione del Mossad: lo ha raccontato il Washington Post
di Adam Goldman e Ellen Nakashima - Washington Post
La sera del 12 febbraio 2008 Imad Mughniyah, il capo delle operazioni internazionali del movimento estremista libanese Hezbollah, stava camminando in una strada tranquilla di Damasco. Non troppo lontano da lì, una squadra della CIA lo stava osservando. A un certo punto Mughniyah si avvicinò a un SUV parcheggiato sul lato della strada: una bomba che era stata installata sulla ruota di scorta del SUV esplose, provocando una raffica di schegge che uccise istantaneamente Mughniyah. L’esplosione fu azionata da un dispositivo comandato a distanza dagli agenti del Mossad – il servizio segreto esterno israeliano – a Tel Aviv, che a loro volta erano in contatto con alcuni agenti operativi a Damasco. Gli Stati Uniti aiutarono a costruire la bomba e la testarono ripetutamente in un’installazione della CIA nel North Carolina per assicurarsi che non si verificassero “danni collaterali” nell’esplosione.
Mughniyah era stato coinvolto nel corso degli anni in alcuni degli attacchi terroristici più spettacolari di Hezbollah, tra cui quello contro l’ambasciata statunitense a Beirut, in Libano, e contro l’ambasciata israeliana a Buenos Aires, in Argentina. Fino ad ora si sapeva pochissimo sulla partecipazione degli Stati Uniti nell’uccisione di Mughniyah, che Hezbollah aveva attribuito a Israele. Ad eccezione dell’uccisione nel 2011 di Osama bin Laden – capo di al Qaida – l’operazione segreta a Damasco è stata una delle più rischiose e importanti fatte dagli Stati Uniti negli ultimi anni. Il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato confermato da cinque ex funzionari dell’intelligence americana e pone una questione molto dibattuta di legalità: l’operazione è stata compiuta in Siria, in un paese contro cui gli Stati Uniti non si trovavano in guerra; inoltre Mughniyah è stato ucciso con un’autobomba, una tecnica che diversi esperti sostengono sia una violazione del diritto internazionale.
Alcuni ex funzionari statunitensi rimasti anonimi hanno detto che Mughniyah, nonostante si trovasse allora in Siria, era direttamente collegato alle milizie sciite armate e addestrate in Iraq, le stesse che in quegli anni compivano attacchi continui contro i soldati americani. Un ex funzionario dell’intelligence ha detto che a firmare l’ordine che approvò l’uccisione di Mughniyah furono il procuratore generale degli Stati Uniti, il direttore dell’intelligence nazionale, il consigliere della sicurezza nazionale e l’Office of Legal Counsel del dipartimento della Giustizia. Fu un processo “rigoroso e lento”. Un ex funzionario ha detto: «Fummo costretti a mostrare che Mughniyah era una continua minaccia per gli americani: che si trattava cioè di autodifesa».
La teoria dell’autodifesa
L’operazione a Damasco mostrò un’evoluzione di approccio all’interno dell’intelligence americana riguardo le operazioni antiterrorismo. Prima dell’11 settembre 2001, il governo statunitense aveva spesso criticato gli assassinii mirati compiuti da Israele: per esempio aveva criticato il tentativo di Israele di avvelenare Khaled Meshal, leader di Hamas, ad Amman, in Giordania, nel 1997. Quell’episodio finì con la cattura dell’agente del Mossad incaricato dell’uccisione e con le pressioni dell’amministrazione americana di Bill Clinton di forzare Israele a fornire un antidoto che salvasse la vita a Meshal. L’uccisione di Mughniyah, compiuta un decennio più tardi, ha mostrato come nel frattempo le diffidenze degli Stati Uniti nei confronti di questo tipo di operazioni fossero sparite: gli americani, per esempio, hanno cominciato a compiere attacchi con i droni su zone di paesi senza un vero governo, come il Pakistan, lo Yemen e la Somalia.
Un ex funzionario americano ha detto che l’amministrazione di George W. Bush basò la decisione di uccidere Mughniyah sulla teoria dell’autodifesa nazionale: sostenne che Mughniyah era un obiettivo da colpire perché stava cospirando contro gli Stati Uniti e le sue forze di sicurezza in Iraq. Questo permise alla CIA di evitare di violare il divieto di compiere assassinii mirati stabilito da un ordine esecutivo del 1981 (l’ordine, comunque, non definiva chiaramente cosa si intendesse per “assassinio”). Un argomento simile fu usato dagli Stati Uniti per giustificare l’uccisione con un drone del terrorista con cittadinanza americana Anwar al-Awlaki, importante esponente di al Qaida nella penisola arabica (AQAP, la divisione di al Qaida che ha rivendicato l’attacco contro la sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo dello scorso 7 gennaio).
Chi era Mughniyah
Mughniyah aveva partecipato all’uccisione di centinaia di americani: era stato coinvolto nell’attentato all’ambasciata americana a Beirut, in Libano, che uccise 63 persone, tra cui otto agenti della CIA. In quegli anni Hezbollah, sostenuto dall’Iran, portava avanti la sua guerra contro Israele e gli Stati Uniti. Ex funzionari americani hanno detto che Mughniyah era rimasto coinvolto anche nel sequestro e nelle torture del capo dell’ufficio della CIA in Libano, William F. Buckley (Buckley fu poi ucciso). Nel 1985 Mughniyah era stato incriminato da un tribunale federale per avere dirottato il volo 847 poco dopo il suo decollo dall’aeroporto di Atene, in Grecia, e dell’uccisione di un membro della Marina americana, Robert Stethem. Mughniyah fu poi messo nella lista dei terroristi più ricercato dall’FBI: il governo americano offrì 5 milioni di dollari a coloro che avessero fornito informazioni che portassero al suo arresto.
Mughniyah era anche sospettato di essere stato coinvolto nella pianificazione di un attentato alle Khobar Towers in Arabia Saudita che nel 1996 uccise 19 soldati statunitensi. Secondo gli israeliani, Mughniyah partecipò anche alla progettazione dell’attacco suicida all’ambasciata israeliana a Buenos Aires nel 1992 in cui rimasero uccisi quattro civili israeliani e 25 argentini, e dell’attacco a un centro ebraico sempre a Buenos Aires nel 1994 in cui rimasero uccise 85 persone. Dal 2003 Hezbollah, con l’assistenza dell’Iran, cominciò ad addestrare e armare i gruppi armati sciiti in Iraq che avviarono un’estesa campagna di attacchi contro le forze della coalizione che si trovavano sul territorio iracheno. L’amministrazione di George W. Bush approvò un ordine in cui si autorizzava l’uccisione o la cattura di agenti iraniani e di operativi di Hezbollah che stavano organizzando gli attentati contro i soldati americani in Iraq: l’autorizzazione riguardò anche Mughniyah, considerato il collegamento più importante tra Hezbollah e le milizie sciite.
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