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  • Venerdì 30 gennaio 2015

Gli attacchi nel nord del Sinai, in Egitto

Sono stati rivendicati da un gruppo islamista affiliato allo Stato Islamico e hanno ucciso almeno 32 persone, soprattutto militari

An Egyptian soldier stands guard along the Rafah border with Israel on July 19, 2014. Egyptian soldiers in north Sinai prevented an aid convoy of activists from reaching the Rafah border crossing with the embattled Palestinian Gaza Strip an AFP correspondent said. An army officer at the Balloza checkpoint, one of many along the desert highway to Rafah, told an AFP correspondent that the security situation in the restive peninsula was too unstable to allow the convoy of 11 buses and 500 activists to pass. AFP PHOTO / MOHAMED EL-SHAHED (Photo credit should read MOHAMED EL-SHAHED/AFP/Getty Images)
An Egyptian soldier stands guard along the Rafah border with Israel on July 19, 2014. Egyptian soldiers in north Sinai prevented an aid convoy of activists from reaching the Rafah border crossing with the embattled Palestinian Gaza Strip an AFP correspondent said. An army officer at the Balloza checkpoint, one of many along the desert highway to Rafah, told an AFP correspondent that the security situation in the restive peninsula was too unstable to allow the convoy of 11 buses and 500 activists to pass. AFP PHOTO / MOHAMED EL-SHAHED (Photo credit should read MOHAMED EL-SHAHED/AFP/Getty Images)

Tra le 19:20 e le 21:20 di giovedì 29 gennaio sono stati compiuti diversi attacchi contro postazioni militari e di polizia nel nord del Sinai, in Egitto, in un’area su cui il governo esercita poco controllo. Negli attacchi sono state uccise almeno 32 persone, soprattutto militari, mentre i feriti sono diverse decine (ma il portavoce del ministro della Salute egiziano ha detto al Guardian che le autorità stanno ancora contando i corpi). Il governo egiziano ha accusato i Fratelli Musulmani – gruppo politico-religioso a cui appartiene l’ex presidente Mohamed Morsi – di essere responsabili degli attentati. Gli attacchi sono però stati rivendicati da Wilayat Sinai, un gruppo islamista locale che ha annunciato di recente la propria affiliazione allo Stato Islamico (prima si chiamava Ansar Beit al-Maqdis).

Reported.ly ha scritto che gli attacchi sono stati compiuti a Suez, dove è rimasto ucciso un funzionario di polizia, ad Arish, dove sono stati colpiti un edificio militare e l’ufficio di un giornale, e a Rafah, vicino al confine con Israele, dove è stato attaccato un checkpoint militare. Gli attentatori hanno usato autobombe e colpi di mortaio.

 

L’esercito egiziano ha detto che gli attacchi sono stati una reazione alla campagna anti-terrorismo e anti-insurrezioni che il governo sta portando avanti con successo da molto tempo nel Sinai, dove agisce tra gli altri Wilayat Sinai. Secondo diversi analisti gli attentati di giovedì mostrano al contrario come le politiche anti-terrorismo adottate finora – tra cui dichiarare lo stato di emergenza, stabilire il coprifuoco, limitare il traffico in entrata e uscita e demolire centinaia di case nella città di Rafah – non abbiano avuto successo. Il governo sta faticando molto a sconfiggere i gruppi che agiscono nel nord del Sinai e che periodicamente compiono violenti attacchi contro le forze di sicurezza: sia quello di ieri sia l’attacco dello scorso ottobre dove rimasero uccise 31 persone sempre nel nord del Sinai sono considerati due tra gli attentati più violenti che ha subito l’Egitto in tempo di pace.

Nel nord del Sinai ci sono attentati e violenze da diversi anni, anche se il loro numero è aumentato di parecchio dalla deposizione di Mohamed Morsi nel luglio del 2013. Morsi, scrive il Guardian, aveva persuaso i gruppi islamisti operanti nella zona ad adottare un approccio meno violento. L’attuale presidente egiziano, l’ex generale dell’esercito Abdul Fattah al Sisi, ha avviato invece delle politiche molto repressive nei confronti dei movimenti e gruppi islamisti, tra cui anche i Fratelli Musulmani.