Un giornalista giapponese, una terrorista irachena e un pilota giordano
Sono i tre protagonisti di un complicato caso di richieste per liberare due ostaggi dello Stato Islamico, di cui finora si è capito poco
Negli ultimi due giorni sulla stampa italiana e internazionale si è parlato molto di una proposta che lo Stato Islamico ha fatto al governo giordano per liberare Kenji Goto, giornalista giapponese ostaggio: le richieste e contro-richieste che ne sono seguite si sono rivelate molto intricate e complesse, e difficili da decifrare. Hanno coinvolto non solo Goto, ma anche altri due personaggi: Sajida al Rishawi, terrorista irachena condannata a morte dalla Giordania per un attentato compiuto nel 2005, e Muath al Kasasbeh, pilota giordano catturato il 24 dicembre scorso a Raqqa, in Siria. La vicenda è stata raccontata in maniera confusa e approssimativa soprattutto da alcuni siti di news italiani, che ieri davano per certa la liberazione di Goto mentre finora non è avvenuta. Ora l’ultimo ultimatum dato dall’IS è scaduto: secondo il New York Times i negoziati tra governo giordano e IS sono falliti.
Il primo video in cui parla Goto
Il 24 gennaio scorso lo Stato Islamico ha diffuso un video in cui Goto ha annunciato l’uccisione di un altro cittadino giapponese ostaggio, Haruna Yukawa. Nel video Goto si è rivolto al primo ministro giapponese Shinzo Abe, accusandolo di non avere preso seriamente le minacce dei miliziani dell’IS e di non avere rispettato l’ultimatum per il pagamento del riscatto, che era stato fissato a 200 milioni di dollari per entrambi gli ostaggi. Goto ha poi annunciato un cambio delle richieste dell’IS per la sua liberazione: non più il pagamento di un riscatto, ma la liberazione di Sajida al Rishawi, terrorista irachena di 46 anni che nel 2005 partecipò a un grosso attentato in Giordania.
Il secondo video con Goto
Il 27 gennaio l’IS ha diffuso un altro video con Goto, cambiando di nuovo il suo messaggio riguardo la sorte degli ostaggi. Nel video Goto ha annunciato un ultimatum di 24 ore entro le quali il governo giordano avrebbe dovuto liberare Sajida e consegnarla all’IS al confine tra Siria e Turchia. In caso contrario, il pilota giordano Muath al Kasasbeh sarebbe stato ucciso immediatamente. Nel video Goto non ha specificato cosa succederà se il governo giordano consegnerà Sajida come richiesto: non ha detto se qualche ostaggio sarà liberato, ma solo che al Kasasbeh verrà ucciso se non verranno soddisfatte le richieste. Diversi analisti credono che la richiesta dell’IS sia ora piuttosto difficile da accettare da parte della Giordania, anche perché il governo giordano ha chiesto ripetutamente – senza ottenerle – delle prove che dimostrino che il suo pilota è ancora vivo.
Nella foto: il giornalista giapponese Kenji Goto tiene in mano la foto del pilota giordano al Kaseasbeh in un video diffuso dall’IS il 27 gennaio (AP Photo)
Cosa è successo ieri
La confusione su chi ha chiesto cosa ha generato la diffusione di notizie false riguardo la sorte dell’ostaggio giapponese. Ieri i principali quotidiani italiani scrivevano con grande risalto che Goto era stato liberato, scambiato “forse” con Sajida. Repubblica parlava anche di un video pubblicato dall’IS in cui si annunciava lo scambio degli ostaggi. In realtà non esiste alcun video e la fonte citata da tutti i giornali era un tweet di un account riconducibile allo Stato Islamico. Nessuno dei centri e siti che normalmente si occupano di verificare il materiale pubblicato in rete da gruppi jihadisti ha confermato o ripreso la notizia dello scambio. Nel pomeriggio di mercoledì 28 gennaio l’IS ha fatto sapere che la scadenza dell’ultimatum era stata spostata di altre 24 ore, fino al tramonto di oggi.
La risposta del governo giordano
Mercoledì 28 gennaio il governo giordano ha detto pubblicamente di essere disposto a liberare Sajida al Rishawi, in cambio però della liberazione del pilota giordano Muath al Kasasbeh, catturato lo scorso 24 dicembre dopo che il suo aereo da guerra era precipitato dalle parti di Raqqa, città siriana proclamata la capitale del Califfato islamico (la Giordania partecipa agli attacchi aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’IS). In pratica il governo giordano ha fatto una controfferta, non menzionando nell’accordo il giornalista giapponese Goto. La risposta della Giordania è stata ripresa parecchio dalla stampa internazionale, e non solo per la vicenda degli ostaggi di questi ultimi giorni: come ha notato su Twitter la giornalista del New York Times Rukmini Callimachi, la Giordania è il primo paese a negoziare pubblicamente con l’IS riguardo la liberazione di un ostaggio.
Nella foto: miliziani dell’IS con il pilota giordano catturato dalle parti di Raqqa, il 24 dicembre 2014. (AP Photo/Raqqa Media Center)
Perché Sajida, e perché ora?
Da diverse ore molti esperti di terrorismo si stanno chiedendo perché l’IS ha tirato in ballo Sajida. Il 9 novembre 2005 Sajida partecipò a un attacco terroristico contro tre hotel di Amman, la capitale della Giordania. Insieme a lei c’erano altre tre persone, tra cui l’uomo che Sajida aveva sposato poco prima, Ali Shumari. I quattro dovevano farsi saltare in aria e uccidere più persone possibile: il piano fu portato a termine – rimasero uccise 57 persone: i giordani si riferiscono a quell’attentato come al loro 11 settembre – ma Sajida non riuscì a farsi esplodere, e sopravvisse. Negli anni successivi fu condannata per avere partecipato all’attentato, ma fu sempre considerata una “vittima” e molto “poco importante”, anche se non ha mai mostrato rimorso per quello che ha fatto.
Nella foto: Sajida al Rishawi mostra la sua cintura esplosiva mentre confessa alla televisione di stato giordana di avere partecipato all’attentato ad Amman nel 2005, senza però riuscire a farsi esplodere. Il video è stato trasmesso il 13 novembre 2005. (AP Photo/Jordanian TV, File)
Linda Maieah, giornalista giordana che si occupa di estremismi, ha detto al New York Times, riferendosi a Sajida: «Non ha alcun valore, né sociale, né politico, né legato alla sicurezza. Se l’IS la voleva indietro, avrebbe potuto chiederla fin dal primo giorno. Per nove anni nessuno ha chiesto di lei. Nemmeno le persone della comunità a cui apparteneva se ne sono preoccupati». Sembra però Sajida abbia avuto dei legami indiretti con Abu Musab al Zarqawi, terrorista giordano, capo di al Qaida in Iraq tra il 2004 e il 2006 e ancora oggi considerato lo stratega più abile che ha avuto lo Stato Islamico. Prima di sposarsi con Ali Shumari, Sajida si era sposata in Iraq con Abu Anas al Urdoni, miliziano giordano di al Qaida in Iraq ucciso mentre combatteva gli americani a Fallujah nel 2003 o 2004. Tre fratelli di Sajida, inoltre, furono uccisi nel 2004 dai soldati americani nella provincia di Anbar, nell’ovest dell’Iraq: il fratello più grande, Thamer, era diventato uno stretto collaboratore di al Zarqawi ed era stato nominato emiro della provincia di Anbar. Sajida avrebbe partecipato all’attentato per vendicare la morte dei fratelli e del marito.
La richiesta dell’IS oggi di liberare Sajida sembra avere più che altro un valore simbolico, ricordare cioè che l’IS discende direttamente dall’ideologia di al Zarqawi. Hassan Abu Hanieh, studioso dei movimenti islamisti, ha detto: «Lei rappresenta la prima generazione dell’ISIS ed è una delle prime donne suicide. Questo la rende molto importante oggi per l’organizzazione, e per la venerazione che l’IS fa di Zarqawi». Secondo Joost Hiltermann, capo della sezione Medio Oriente dell’International Crisis Group, l’IS avrebbe potuto scegliere miliziani di più alto livello che si trovano nelle prigioni giordane. Hiltermann dice che la richiesta dell’IS ha l’obiettivo di mettere la Giordania in una situazione di imbarazzo col Giappone: costringendola cioè a rinunciare pubblicamente allo scambio se questo non coinvolge il suo pilota.
Il New York Times ha scritto giovedì che i negoziati tra governo giordano e IS sono falliti: la Giordania aveva chiesto allo Stato Islamico di fornire delle prove che il pilota giordano era ancora vivo, senza però ricevere risposta. L’ultimo ultimatum dato dall’IS è scaduto, il sole è già tramontato. Poche ore fa il governo giordano aveva confermato che Sajida si trovava ancora in Giordania, in cella. Finora l’IS non ha fatto sapere nulla della sorte degli ostaggi.