Chi ordinò l’omicidio di Litvinenko?
A Londra è iniziata l'inchiesta sul dissidente russo avvelenato con il polonio nel 2006: per l'accusa fu organizzato dallo «stretto giro di criminali che aveva e che ha ancora intorno a sé Putin»
A Londra sono iniziate le prime audizioni dell’inchiesta pubblica, annunciata la scorsa estate, sulla morte del dissidente russo Alexander Litvinenko, avvenuta nel Regno Unito nel 2006 per avvelenamento da polonio. Litvinenko morì in circostanze ancora oggi poco chiare e da allora circolano racconti, analisi e supposizioni che attribuiscono al governo della Russia e a Vladimir Putin, l’attuale presidente del paese, un ruolo nella vicenda. L’inchiesta è stata organizzata dal governo che ha affidato il compito di coordinarla al giudice Robert Owen, che da ufficiale giudiziario si occupò delle indagini preliminari sulla morte di Litvinenko. Owen aveva già sostenuto in passato che il materiale raccolto nelle indagini rendeva ipotizzabile un coinvolgimento e la colpevolezza della Russia.
La storia di Litvinenko, in breve
Alexander Litvinenko era un ex agente dell’FSB (Federal’naja služba bezopasnosti), i servizi segreti russi che nella prima metà degli anni Novanta sostituirono il KGB. Si è detto che divenne informatore del KGB nel 1986 e due anni più tardi fu nominato agente della sezione dell’intelligence militare, prima di passare – nel 1991 – alla divisione antiterroristica. Parte del suo lavoro negli anni Novanta portò all’arresto di numerosi agenti durante la prima guerra cecena. E proprio in quel periodo entrò nel giro degli amici e delle guardie della sicurezza personale del potente oligarca russo Boris Berezovskij. Litvinenko divenne in poco tempo uno dei suoi amici più stretti, pur trovandosi in una posizione piuttosto complicata: era ancora un agente dei servizi segreti russi nel momento in cui i rapporti tra Berezovskij e il governo russo cominciarono a deteriorarsi. Nel 1998 Litvinenko informò Berezovskij che alcuni membri dei servizi segreti russi avevano cercato di ucciderlo: Litvinenko tenne anche una conferenza stampa insieme ad altri agenti in cui accusò alcuni suoi superiori e colleghi dell’FSB di aver ordinato rapimenti di persone, estorsioni e omicidi, e di aver pianificato l’assassinio di Berezovskij.
Litvinenko fu espulso dall’FSB. Vladimir Putin – all’epoca capo dell’FSB e dello staff dell’allora presidente russo Boris Yeltsin – disse anni dopo in un’intervista con la giornalista russa Yelena Tregubova di aver licenziato personalmente Litvinenko “perché un agente dell’FSB non dovrebbe tenere conferenze stampa, non è il suo lavoro, e non dovrebbe rendere pubblici scandali interni”. Nel 2000, dopo avere violato un divieto di espatrio ed essere andato via da Mosca con sua moglie e il figlio Anatoly, Litvinenko ottenne asilo politico nel Regno Unito. Continuò a mantenere ottimi rapporti con Berezovskij, che nel 2002 finanziò la pubblicazione di un suo libro in cui i servizi segreti russi venivano accusati di essere responsabili di una serie di attentati in Russia ufficialmente attribuiti dal governo russo ai separatisti ceceni per giustificare alcune operazioni militari.
Le indagini sulla morte di Litvinenko
Martedì 27 gennaio, Ben Emmerson, l’avvocato della Corona che rappresenta la famiglia Litvinenko, ha esposto le prime accuse contro Andrei Lugovoi e Dimitri Kovtun, due ex agenti segreti russi diventati poi uomini di affari sospettati di essere stati gli esecutori materiali dell’avvelenamento di Litvinenko. I tre si erano incontrati nel novembre del 2006 al Millennium Hotel di Londra e, secondo le ricostruzioni, in quell’occasione sarebbe stato aggiunto del polonio, una sostanza altamente radioattiva e tossica, nel tè di Litvinenko per avvelenarlo. Nelle settimane seguenti Litvinenko si ammalò gravemente e morì, dopo un breve ricovero in ospedale durante il quale accusò direttamente Putin di avere ordinato il suo omicidio tramite Lugovoy e Kovtun.
Prima dell’incontro con Lugovoi e Kovtun, Litvinenko aveva incontrato a pranzo – in un ristorante sushi di Piccadilly – un consulente dell’intelligence italiana, Mario Scaramella, che secondo diverse ricostruzioni gli avrebbe fornito informazioni riguardo Anna Politkovskaja e altre attività dei servizi segreti russi in Europa e in Italia, dove viveva un fratello di Litvinenko, Maxim Litvinenko.
Secondo Emmerson, Litvinenko fu avvelenato perché era diventato un nemico “dello stretto giro di criminali che aveva e che ha ancora intorno a sé Vladimir Putin, e che permettono di tenere in piedi il suo regime”. Emmerson ha poi spiegato che l’avvelenamento “fu un atto di terrorismo nucleare per le strade di una grande città, cosa che mise a rischio molte altre persone non coinvolte”. E ancora che l’omicidio fu un atto “barbarico e inenarrabile” che “causò una delle morti più dolorose per agonia immaginabili”.
Lugovoi e Kovtun
Davanti a Robert Owen, Emmerson ha detto che non ci sono dubbi sul fatto che l’omicidio di Litvinenko fu eseguito da Lugovoi e Kovtun. I due ex agenti hanno però sempre negato il loro coinvolgimento e, nonostante l’invito del giudice, non parteciperanno all’inchiesta pubblica. Secondo Lugovoi nel Regno Unito non è possibile ricevere un equo processo sul tema perché molti dettagli su Litvinenko sono stati secretati. Sembra infatti che il dissidente russo avesse collaborato in qualche forma con i servizi segreti britannici, condizione mai smentita né confermata ufficialmente dal governo del Regno Unito. I due ex agenti chiedono che le indagini siano svolte in Russia, dicendo che solo sotto simili circostanze si potrà fare chiarezza sulla vicenda.
Durante le prima fasi dell’inchiesta pubblica si è anche parlato della possibilità che Litvinenko fosse stato avvelenato con il polonio in almeno due circostanze, quindi non solo all’Hotel Millennium a novembre. Quando fu ricoverato, ricordò di essersi sentito male anche a metà ottobre, dopo avere incontrato alcuni responsabili di un’agenzia di sicurezza sempre a Londra. Dall’esame del capello – test che serve per rilevare l’eventuale assunzione di sostanze tossiche in diversi periodi di tempo – emersero indizi su un possibile avvelenamento di entità inferiore prima di quello di novembre.
La ricostruzione di che cosa accadde nella seconda metà del 2006 continua comunque a essere poco chiara, con molti elementi che però sembrano indicare una responsabilità di Lugovoi e Kovtun nella morte di Litvinenko. I due fecero tre viaggi a Londra all’epoca e ogni volta acquisirono del polonio, che secondo l’accusa fu poi usato in due o tre circostanze per tentare l’avvelenamento. Un testimone ha riferito che in una occasione Kovtun chiese di trovare un cuoco a Londra che fosse disposto a inserire “veleno molto costoso” in una portata che sarebbe stata poi servita a Litvinenko.
Inchiesta pubblica
L’inchiesta pubblica è comunque solo all’inizio e nei prossimi giorni saranno esposte diverse ricostruzioni su come andarono le cose nel 2006, e negli anni seguenti alla morte di Litvinenko. Lugovoi fu il primo a essere accusato di omicidio nel Regno Unito nella primavera del 2007: negò il proprio coinvolgimento diretto e sostenne che Litvinenko fosse diventato una spia per conto dei servizi britannici. La Russia negò la sua estradizione nell’estate dello stesso anno. Dopo anni di indagini, nel 2013 fu proposta per la prima volta dai magistrati l’istituzione di un’inchiesta pubblica, che avrebbe permesso di accedere anche a prove secretate, ma tale possibilità fu esclusa dal governo. A gennaio del 2014 la vedova Litvinenko fece ricorso presso l’Alta Corte britannica per obbligare il governo ad avviare un’inchiesta pubblica e i magistrati conclusero che la decisione del governo fosse stata prematura visto che non erano state ancora concluse le indagini. A luglio del 2014, considerati anche i rapporti diplomatici molto complicati con la Russia in seguito alla guerra in Ucraina dell’est, il governo ha acconsentito all’avvio di un’inchiesta pubblica sul caso Litvinenko.