Chi era Winston Churchill
Una breve guida a uno degli uomini politici britannici più importanti e controversi del Ventesimo secolo che morì oggi 50 anni fa
Domenica 24 gennaio 1964, all’età di 90 anni, Sir Winston Leonard Spencer-Churchill morì a Londra, nove giorni dopo aver subito un grave infarto che lo aveva praticamente paralizzato. Churchill era uno dei politici più conosciuti del Regno Unito ed uno degli uomini di stato più importanti di tutto il Ventesimo secolo. Durante la Seconda guerra mondiale guidò il Regno Unito contro la Germania di Adolf Hitler e i suoi alleati: mantenne i britannici in guerra anche quando, nel 1940, erano rimasti gli unici ad opporsi al nazismo. Fu uno straordinario oratore, ma anche un giornalista, uno storico e un avventuriero. La sua carriera è stata costellata di momenti eroici, affermazioni imbarazzanti e decisioni avventate.
Churchill nacque il 30 novembre del 1874 nell’Oxfordshire, una regione a ovest di Londra. La sua famiglia, gli Spencer-Churchill, apparteneva all’aristocrazia (uno dei suoi antenati era John Churchill, duca di Marlborough, uno dei più famosi generali del Diciassettesimo secolo). Prima di entrare in politica, Churchill prestò a lungo servizio militare e lavorò come giornalista: negli anni successivi scrisse diverse biografie dei suoi avi e una serie di volumi di memorie sulla Seconda guerra mondiale. Nel 1900 entrò per la prima volta in parlamento e rimase sempre vicino al partito conservatore. Fece carriera rapidamente e all’inizio della Prima guerra mondiale aveva già ricoperto diversi incarichi di governo. Fu primo ministro tra il 1940 e il 1945 e di nuovo tra il 1951 e il 1955. Ecco una breve guida per ricordarsi chi è stato Winston Churchill, e perché se ne parla ancora oggi, a 50 anni esatti dalla sua morte.
Capo militare
Churchill sarà per sempre ricordato per aver guidato il Regno Unito in quella che lui stesso definì «la sua ora più buia». Nel maggio del 1940 Churchill fu nominato primo ministro in sostituzione di Neville Chamberlain (“l’uomo con l’ombrello” della conferenza di Monaco). La Seconda guerra mondiale era iniziata otto mesi prima, ma sul fronte principale, quello che correva lungo il confine tra Francia e Germania, non si erano viste molte azioni militari. All’epoca quel momento venne chiamato la “strana guerra”, perché mentre i tedeschi conquistavano prima la Polonia e poi la Norvegia, la frontiera franco-tedesca era rimasta stranamente tranquilla. Il 10 maggio del 1940 la “strana guerra” cessò improvvisamente di essere “strana”.
L’esercito tedesco lanciò un attacco che nel giro di sei settimane costrinse la Francia a chiedere la resa. Improvvisamente il Regno Unito si ritrovò da solo a combattere contro la Germania e i suoi molti alleati. In quel momento, Hitler dominava tutta l’Europa da Capo Nord ai Pirenei. In molti all’epoca pensarono che continuare la lotta era diventato inutile e che la scelta migliore per il Regno Unito sarebbe stata trovare una pace negoziata con la Germania. Churchill, invece, adottò subito un atteggiamento duro e determinato: già nel corso delle prime settimane della Battaglia di Francia, ribadì più volte che quello che era in gioco era la sopravvivenza stessa della democrazia.
I discorsi
Churchill fu un grandissimo oratore e molti dei suoi discorsi, delle sue frasi ad effetto e delle sue battute sono entrate nella storia. Nel suo primo discorso da primo ministro, il 13 maggio 1940, dopo che i carri armati tedeschi avevano già superato il fronte francese, Churchill pronunciò uno dei suoi discorsi più famosi: «Non posso promettervi che sangue, fatica, lacrime e sudore». In un altro discorso, quando era oramai chiaro che il Regno Unito avrebbe dovuto continuare a combattere da solo, disse:
[…] combatteremo in Francia, combatteremo sul mare e sugli oceani, combattere con sempre maggiore forza e sicurezza nell’aria, difenderemo la nostra isola qualunque sia il prezzo che dovremo pagare, combatteremo sulle spiagge, combatteremo sui luoghi di sbarco, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline. Noi non ci arrenderemo mai.
Il suo talento per i discorsi, il suo carisma e la sua determinazione sono stati indicati da moltissimi storici come gli elementi più importanti che contribuirono a mantenere il Regno Unito in guerra contro la Germania fino a quando, nel giugno del 1941, Hitler non invase l’Unione Sovietica e dichiarò guerra agli Stati Uniti. Nei lunghi mesi in cui il Regno Unito si trovò da solo, Churchill insistette con i suoi generali affinché cercassero di combattere i tedeschi ovunque fosse possibile, dalla Grecia al Nord Africa, aiutando i movimenti di resistenza in tutta Europa e bombardando dall’aria le industrie e le città tedesche (soprattutto le città tedesche).
I rapporti con l’Unione Sovietica
Churchill è considerato uno dei primi leader politici ad aver intuito, mentre la guerra era ancora in corso, il pericolo che un giorno avrebbe rappresentato l’Unione Sovietica per l’Occidente. Churchill era un convinto anticomunista, ma quando Hitler invase la Russia si impegnò ad aiutare in ogni modo il dittatore sovietico Josiph Stalin. Fin dalle prime settimane di guerra, il Regno Unito inviò armi e rifornimenti all’Armata Rossa attraverso la pericolosa rotta che passava a nord della Scandinavia e terminava nei porti russi di Murmansk e Arcangelo. Per tutta la guerra Churchill ebbe un atteggiamento molto pragmatico nei confronti dell’Unione Sovietica.
Mano a meno che la guerra si avvicinava alla sua conclusione, Churchill cercò di spingere sempre più i suoi alleati americani (che oramai erano divenuti i più forti all’interno della coalizione) ad avere un atteggiamento più severo nei confronti delle richieste russe. Alla fine dovette però piegarsi e, nel corso di una serie di conferenze, accettò che di fatto l’intera Europa orientale finisse nella sfera di influenza russa, condannando molti paesi a una lunga dittatura comunista. Nonostante i suoi cedimenti alla “ragion di stato”, Churchill mise spesso in guardia gli americani e i suoi colleghi di governo contro il pericolo che vedeva nell’Unione Sovietica. L’espressione “cortina di ferro”, cioè la nuova, impermeabile frontiera nata tra paesi comunisti e paesi NATO dopo la fine della guerra, fu inventata da Churchill durante un discorso tenuto negli Stati Uniti nel 1946.
Controversie
Churchill fu spesso descritto con l’aggettivo “vulcanico”. Amava le improvvisate ed era un leader appassionato che si entusiasmava per piani ed idee eccentrici e anticonformisti. Lui stesso amava considerarsi un uomo d’azione e quando aveva 24 anni partecipò in Sudan all’ultima carica della storia della cavalleria inglese. Spesso la sua irruenza lo portò a formulare frasi o pensieri non proprio equilibrati e a proporre soluzioni e piani che le persone più razionali consideravano impraticabili. Queste sue caratteristiche hanno contribuito a rendere la sua figura storica piuttosto complessa e anche controversa.
Nei vari ruoli di governo che si ritrovò a ricoprire, Churchill dimostrò per esempio di non avere timore di usare la forza per mantenere l’ordine pubblico. Durante i disordini in Irlanda del 1919, appoggiò una serie di formazioni paramilitari che divennero in breve famose per la loro brutalità. In un’altra occasione, nel 1911, quando era ministro dell’Interno, partecipò in prima persona all’assedio di un edificio in cui si erano barricati alcuni anarchici e diede ordine ai pompieri di non spegnere l’incendio sviluppato nella casa fino a che gli occupanti non si fossero arresi.
Churchill dimostrò anche di non essere molto sensibile nei confronti delle sofferenze delle popolazioni civili. Ad esempio, durante la Seconda guerra mondiale, non badò più di tanto alla devastante carestia che colpì l’India e diede parte della colpa di quello che stava succedendo agli stessi indiani. In quegli anni continuò a dare il suo appoggio alla campagna di bombardamento della popolazione civile tedesca, giustificando la distruzione di città come Amburgo e Dresda in cui, nello spazio di poche ore, decine di migliaia di tedeschi rimasero uccisi. Fu sempre un sostenitore dell’Impero britannico e delle sue colonie. Nell’ultima e più oscura parte della sua carriera cercò inutilmente di opporsi ai movimenti di indipendenza che stavano nascendo in tutto l’Impero. In quegli anni pronunciò un’altra delle sue frasi più famose: «Non assisterò allo smembramento dell’Impero». Quando morì, dieci anni dopo, l’era delle colonie era finita e l’Impero britannico aveva oramai cessato di esistere.