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  • Venerdì 23 gennaio 2015

La condanna del giornalista Barrett Brown

Considerato vicino ad Anonymous, era accusato dal 2012 per una vicenda legata all'hackeraggio di una società di sicurezza

(ROSLAN RAHMAN/AFP/Getty Images)
(ROSLAN RAHMAN/AFP/Getty Images)

Barrett Brown, un giornalista statunitense i cui articoli sono apparsi sul Guardian, su Al Jazeera e su diverse altre testate e che è riconosciuto da molti come uno dei portavoce del movimento “Anonymous“, è stato condannato in Texas a cinque anni e tre mesi di carcere e a pagare una multa di 890 mila dollari. Si era parlato di lui soprattutto a partire dal 2011 quando aveva condiviso dei link contenenti informazioni rubate dagli hacker di Anonymous alla società di sicurezza Stratfor Global Intelligence.

Brown si trovava in carcere dal settembre del 2012: il suo arresto era avvenuto in diretta online perché in quel momento si trovava in videochat con la sua fidanzata. Inizialmente era stato accusato di essere direttamente coinvolto nell’hackeraggio dell’azienda di intelligence Stratfor. I reati a suo carico erano dodici e rischiava circa 100 anni di carcere. Uno dei capi d’imputazione più controversi e contestati usati nei confronti di Brown riguardava il fatto che lui avesse incollato in una chat pubblica (copiandolo da un’altra) un link che rimandava ad alcuni documenti rubati dagli hacker a Stratfor (contenevano mail aziendali e numeri di carte di credito). Per l’azione diretta contro la società, l’hacker Jeremy Hammond sta scontando dieci anni di carcere.

Nel 2013 la maggior parte delle accuse contestate a Barrett Brown, comprese quelle più gravi, erano state ritirate come parte di un accordo che aveva comportato l’ammissione della sua colpevolezza per alcuni reati. Delle dodici accuse ne restavano dunque solo tre, che in totale potevano costargli una pena massima di otto anni e mezzo. I reati erano: aver pronunciato pubblicamente delle minacce contro un agente federale (in un video su YouTube); aver favorito l’attività degli hacker dopo che era avvenuto l’accesso non autorizzato a un computer protetto (avrebbe cercato di deviare l’attenzione dagli hacker creando confusione circa la sua identità); aver ostacolato una perquisizione a casa sua.

Diverse fonti dicono che tra un anno, visto il tempo che Brown ha già trascorso in prigione, potrà beneficiare della libertà vigilata. Brown, dopo la lettura della sentenza ha commentato dicendo: «Buone notizie! Il governo americano ha deciso che siccome ho fatto un buon lavoro nell’investigare sul settore dell’industria informatica ora mi manda a indagare sull’industria delle carceri».