Chi dovrebbe gestire i sequestri
Angelo Panebianco propone di affidare le trattative all'Europa e non ai governi nazionali, in modo da avere una linea di condotta comune sui riscatti e diversi altri vantaggi
Dopo la liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due volontarie italiane rapite lo scorso luglio in Siria, si è scritto e parlato molto del pagamento di un presunto riscatto e su come l’Italia ha condotto le trattative. La questione riguarda l’Italia, in questo caso, ma anche molti altri paesi europei sono accusati di pagare spesso per la liberazione degli ostaggi. Sul Corriere della Sera di oggi, Angelo Panebianco fa una proposta: affidare le trattative all’Europa e non ai governi nazionali in modo da avere una linea di condotta comune e diversi altri vantaggi.
Alle polemiche, più o meno inevitabili, è necessario, prima o poi, fare seguire la riflessione. Altrimenti, si finisce per polemizzare a vuoto. Con la certezza di ricominciare daccapo la volta successiva. Bisogna piegarsi sempre e comunque ai tagliagole e pagare i riscatti salvando così la vita dei rapiti? Oppure farlo significa sì riportare a casa quella singola persona ma anche finanziare nuove imprese criminali e, soprattutto, accrescere le probabilità che altre persone vengano successivamente rapite? Sappiamo che i governi italiani (di destra e di sinistra, senza eccezioni) hanno sempre pagato o almeno lo hanno fatto tutte le volte che hanno potuto. E sappiamo anche che molti altri governi europei fanno la stessa cosa. Solo gli anglosassoni no o, per lo meno, è quanto in genere affermano.
Fino ad oggi, le scelte sono rimaste saldamente nelle mani dei governi nazionali. È quasi inevitabile che un governo, lasciato a se stesso, paghi per salvare la vita dell’ostaggio. Il costo dell’impopolarità sarebbe troppo alto se l’ostaggio venisse ucciso a causa del rifiuto di pagare. Ma è anche un fatto che in questo modo si alimenta l’industria del sequestro, si favoriscono nuovi rapimenti. Per non parlare dei possibili usi terroristici del denaro dei riscatti. Ricordava sul Corriere di ieri Marco Demarco che l’Italia sconfisse i sequestri di malavita, un tempo assai diffusi, ricorrendo al blocco dei beni, impedendo ai familiari di pagare per la vita dei loro cari sequestrati.
Come se ne esce? C’è un solo modo possibile: bisogna usare l’Europa. Fare, per il caso dei sequestri, ciò che i governi europei hanno sempre fatto per tante altre cose. Non posso adottare una certa linea di condotta perché la mia opinione pubblica, il mio Parlamento, eccetera, me lo impedirebbero? Benissimo, faccio adottare quella linea di condotta alle istituzioni europee e ad essa mi adeguo. In seguito, di fronte alle eventuali proteste nazionali, potrò sempre dire «mi spiace, non è colpa mia. Me lo ha imposto l’Europa». È un giochetto che i governi europei hanno praticato per decenni anche in rapporto a cose assai meno importanti. È arrivato il momento di mobilitare l’Europa – che oggi riunisce il Consiglio dei ministri degli Esteri dei 28 Paesi membri – per una faccenda davvero seria.